racconto del poncione di manio (anticima), val bedretto (ticino)


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PONCIONE DI MANIÒ (ANTICIMA) – VAL BEDRETTO

sabato 28 dicembre ‘24


Parto con una netta situazione di svantaggio: con oggi infatti la Laura ha il doppio delle mie uscite stagionali di scialpinismo, mentre infatti ieri ero impegnato a contribuire al PIL nazionale, lei ha iniziato a scaldare i motori togliendosi il sassolino della Cufercalhütte; quindi oggi è il caso che mi prenda i miei tempi e lasci carburare le gambe onde evitare di collassare dopo una manciata di centinaia di metri. La Laura invece no: lei parte a manetta come stesse affrontando i 100 metri in piano. O forse vuole provare a farmi cadere nella sua trappola e farmi schiantare il prima possibile. Ma io non faccio l’allocco, me ne sto in retroguardia e aspetto che il vecchio diesel vada a regime. Per certi versi mi è anche piuttosto facile: se questo è l’inverno, bisogna lavorare sulle temperature perché così non andremo molto lontani. Forse ne godranno le scarpette a godersi il caldo delle falesie vista lago ma gli sci rischieranno di tornare presto a fare la polvere in cantina al posto di quella bianca e immacolata delle montagne. Per l’inizio della stagione non ho poi certo spiccato in fantasia: ancora val Bedretto (non perché non ci sia neve da altre parti anche se non è che abbondi come le cibarie a Natale) e ancora zona Gerenpass. Forse perché mi sta un po’ qui il fatto di avere dei conti in sospeso. Di strano c’è che avrei scommesso di trovare la solita ressa, tipica calca da inizio saldi o, più semplicemente, da superinflazionata zona Nufenen. Invece no: troviamo pure parcheggio di fronte al sentiero che porta alla Piansecco (la cui traccia di salita si rivelerà tritata come da copione) e poi verso il passo una manciata di penitenti post pranzi natalizi (o previdenti in vista del cenone di fine anno). Noi di queste baggianate ce ne infischiamo: in primis perché tondo è comunque una forma e, quando anche lo dovessimo diventare, nessuno potrà mai sostenere che noi non si sia, appunto, in forma; secondo perché tra la Laura che ha fatto la formichina il 25 e il mio personalissimo verme solitario che si pappa tutto quello che ingurgito, non abbiamo tendenza ad allinearci ad un pallone aerostatico. Quindi, in fin dei conti, riesco a reggere bene il ritmo, sopportare senza affanno la salita e raggiungere il famigerato Gerenpass. Qui abbiamo la triade di opzioni anche se, a dire il vero, l’idea iniziale ne contemplava solo un paio, per altro con la seconda sopraggiunta solo in corso d’opera (o di sfacchinata a seconda dei punti di vista). Il Poncione di Cassina Baggio (motivo per cui non abbiamo scaraventato la sveglia giù dalla finestra) non è particolarmente allettante: la cima comunque non la si raggiunge perché difesa da rocce insormontabili (d’altra parte il limite umano resta pur sempre il VI e, con gli scarponi da sci, forse si ferma al II superiore) mentre l’anticima (o l’obiettivo degli scialpinisti) è protetto da massi instabili che il vento ha spazzato dalla poca neve che li copriva. Stessa situazione per il Chuebodenhorn (il secondo papabile obiettivo) su cui si potrebbero fare scintille con gli sci; è quindi ora che arriva il terzo obiettivo: il Maniò che però mi sembra maledettamente lontano, oltre la conca dove, da qualche parte, sonnecchia il lago ghiacciato. Eppure di tornare a mani vuote non mi va: non sarebbe di buon auspicio per la stagione. Così partiamo: la piana si rivela più breve di quanto potesse sembrare, schiviamo un po’ di sassi (che poi ci faranno tribolare in discesa) e risaliamo il pendio finale che ci porta all’anticima. Da qui parte la cresta: sali un po’ sulla lama di coltello, poi ridiscendi e quindi riprendi ad arrancare fino al top. Questo almeno in teoria: nessun però pare aver già provato la caianata e non ci tengo ad aprire le danze anche perché non sembra proprio una passeggiata di salute. Per oggi possiamo anche considerarci soddisfatti e, comunque, qualcosa l’abbiamo portata a casa. Poi c’è già la discesa a rappresentare un’incognita perché optiamo per sciare il pendio che dalla sella tra i due Poncioni si tuffa verso la val Bedretto. In realtà il pendiazzo si rivelerà molto più docile di quanto potessero lasciare intendere le allarmistiche attenzioni della guida mentre sarà una specie di lotta per la salvezza la discesa finale dalla capanna alla macchina su una neve infida e tritata da centinaia di passaggi.


Cavallo Goloso


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