racconto del gerenpass, val bedretto (ticino)


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GERENPASS – VAL BEDRETTO

sabato 09 marzo ‘19


Ora ho ricevuto il pacco pure da mio papà e, a metà settimana, da mio fratello: quest’ultimo con la scusa che avrebbe avuto un po’ di cose da fare, il primo sostenendo che le previsioni diano brutto e che noi si cammini troppo forte. Poi anche il Gughi mi lascia da solo e io resto col cerino in mano a ciondolare tra la Mesolcina e la val Bedretto. Alla fine punto a quest’ultima con grandi ambizioni di raggiungere il poncione di Maniò e magari (perchè no?) pure il Chüebodenhorn ma più entro nella valle e più inizio a pensare che ci debba essere qualcosa di sbagliato con le previsioni. Forse che siano come il dizionario di greco su cui erano stampate traduzioni diverse da quelle degli altri? In lontananza infatti, proprio dove dovrei salire, un ammasso di nuvole grige ricopre le cime eppure il parcheggio è come quello del supermercato la vigilia di Natale tanto che mi tocca lasciare l’auto poco più in basso, allo skilift delle Micro Machines.

Sono da solo e quindi parto a mille. Non ho la più pallida idea perchè, per forza di cose, si debba verificare questa equazione, fatto sta che è sempre così: l’acido lattico poi inizia a girare tra i muscoli che, a strizzarli, potrebbero produrre un ottimo frappè. Al pianoro sotto la Piansecco riesco finalmente a riprendere il controllo della situazione e, soprattutto, ad avere la consolazione di non essere l’unico folle: entro così in modalità Super Mario e la cinquina di scialpinisti diventa il primo gruppetto di monetine da racimolare per passare al livello successivo. A metà pendio supero l’ultimo: plin! Poi salgo ancora un po’ e, alla prima inversione del quartetto, esco dalla traccia, salgo per il pendio e plin!, plin!, plin! Altri 3 sacchetti passano nelle mie tasche. Il quinto è nel mirino e, dopo pochi metri, passo pure lui. Così guadagno un’altra vita. La coppia davanti la raggiungo dove il pendio si fa meno ripido e poi inizio a salire un po’ a naso visto che tra nuvole, vento e neve tutto pare uniformemente grigio. L’unica certezza è che, facendo fatica, sto certamente salendo. Al piccolo pianoro soprastante trovo la cassa dei pirati: supero un gruppetto che ha alzato bandiera bianca e passo al livello successivo. Ora la fila di altri scialpinisti appare come una sequenza di punti scuri su uno sfondo bianco sporco. Praticamente è come se guardassi lo schermo del mio cellulare in modalità risparmio energetico avanzato. Raggiungo il primo obiettivo e lo infilo nella pignatta in attesa che anche il successivo faccia la stessa fine. Sono dietro al terzo, a prendere fiato sperando di non inalare i suoi gas di scarico quando, ad un tratto, questo si gira: “Ah, non sei la mia socia! Mi sembrava strano si fosse ripresa così bene!”. E no: lei si sta gustando le mie belle chiappe da una manciata di minuti. Il ragazzo si scansa e io passo. Davanti c’è la seconda cinquina ma, essendo al livello superiore, questa non molla la traccia costringendomi a finire nella neve morbida e farinosa col risultato che il livello della vita inizia drasticamente a colare a picco. Poco sopra passo l’ultima scialpinista e l’ennesimo gruppetto che ha alzato bandiera bianca poi è il nulla totale, un ammasso uniforme incolore che prosegue in falsopiano finchè una massa scura sembra svolazzare in quel turbine grigio. Mi dirigo verso la misteriosa presenza ma l’unica cosa che scorgo è un masso dietro il quale la forza di Eolo si attenua. Uno sguardo all’altimetro e deduco che dovrei essere al passo: proseguire non mi sembra molto sensato così cambio assetto e inizio a scendere. Per i primi metri so che sto perdendo quota solo perchè i legni scivolano poi arrivo all’ultimo gruppetto superato in salita. Oltre il pendio si fa più ripido ma la visibilità migliora vistosamente così mi lancio sulla distesa di polvere quasi intonsa, le gambe sembrano due pistoni impazziti: 10, 12, 15 curve finchè la pendenza diminuisce. La neve ora è un po’ crostosa e il mondo torna bidimensionale. Salto un gradino accorgendomene solo quando è troppo tardi ma fortunatamente l’atterraggio non ha conseguenze e poi ancora giù a capofitto. Alla Piansecco la visibilità torna a migliorare e, sulla neve dura, le lamine mordono e sfrigolano mentre i possenti quadricipiti stantuffano senza tregua. Alle 11:30 sono di nuovo alla macchina e meno di 2 ore dopo a Como. Ovvio che non possa spaparanzarmi sul divano così prendo la strada per Carate, salgo un paio di tiri in autosicura e, mentre mi sto calando, uno scalatore si avvicina: “Scusa ma tu hai un blog?”. Dico la verità e rischio di pigliarmi un cartone caso mai abbia usato una mia relazione oppure faccio lo gnorri? Corro il rischio e rispondo affermativamente ma fortunatamente Fabio il fan non lascia partire nessun manrovescio mentre mi domando per quale motivo non capitino analoghe situazioni con una bella gnocca.


Cavallo Goloso


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