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PONCIONE CASSINA BAGGIO – VAL BEDRETTO

sabato 18 marzo ‘23


La cima del Poncione è lì davanti a poche centinaia di metri: ci basterebbe completare il pianoro, risalire l’ultimo pendio e ci troveremmo sul suo cucuzzolo; e invece no, la cima non s'ha da fare. Un po’ come la volta del Gerenpass: un tiro di schioppo dalla meta e si girano i tacchi. Mi viene il dubbio che a volte ci trovi gusto a lasciare le cose a metà. Escluso, ovviamente, la vaschetta di gelato o il vassoio di pasticcini. Ma col Caianesimo è un rapporto diverso, forse un po’ di dipendenza conflittuale. C’è poi una similitudine col Gerenpass, un dettaglio apparentemente insignificante ma probabilmente fondamentale per il mancato raggiungimento. Sempre che questa non sia stata una scusante per tornare da queste parti una seconda volta. Arriviamo al parcheggio non proprio prestissimo, forse anche per poter smaltire i bagordi della cena di fine corso e, quando arriviamo ad All’Acqua, il piazzale è pieno come una scatola di sardine. Così l’unica soluzione è lasciare l’auto al solitario parcheggio dello skilift regalandoci quel centinaio di metri aggiuntivi che probabilmente da lì a qualche ora ci sbarreranno la strada per l’altare del Caianesimo. Per il momento ce ne infischiamo, scendiamo dalla macchina e iniziamo il nostro mercato

- Ricordati l’Artva -

- Sì, certo... dov’è? Perchè io mica l’ho presa... -

Ottimo! Corso di scialpinismo finito e siamo già degli scappati di casa! Qualche cosa nell’imprinting del corso caiano deve essere andato storto! Ci mangiamo quei 100 metri integrativi e poi siamo sulla traccia per la Piansecco che poi è esattamente il sentiero estivo perchè la neve è come lo zucchero a velo sul Pandoro: una spolverata stitica che non ci permette di seguire i tagli invernali. Alla capanna la testa è al suo posto probabilmente solo perchè è attaccata al collo mentre gli occhiali di Laura hanno preso il volo. L’imprinting sbagliato colpisce ancora. Torno indietro per qualche decina di metri, incrocio la teutonica con il disperso sventolante, la ringrazio in un rabbrividente inglese maccheronico e poi tornoe su dalla Laura. Ora la gita può riprendere, certi che altro non ci possa accadere. Ma all’inettitudine non si può dare fine e poi non c’è due senza tre: passano pochi minuti e, sotto il solleone, il ghiaccio che avvolge il neurone si scioglie definitivamente e mi viene in mente che da lì a poco potrei diventare fratello di un pomodoro radioattivo visto che non ho minimamente considerato di spalmarmi di crema. Continuiamo comunque a seguire la traccia e poi, eventualmente, mi preoccuperò a levarmi i lenzuoli di pelle, raggiungiamo quindi la sella e, poco oltre, decidiamo di fare dietro front.

La discesa non dovrebbe riservare sorprese ma siccome il quattro vien da sé, Laura prova il tuffo carpiato e, dopo l’atterraggio, inizia a lamentarsi insistentemente per il ginocchio. Già immagino la telefonata al soccorso, l’arrivo dell’elicottero e quanto di più tragico possa seguire. Invece si rialza, si riprende un attimo e poi torna a sciare. Poi è il mio turno nel gioco del campo minato dei sassi: ne schivo uno mimetizzato dallo stitico strato di neve, capitombolo e poi valuto che sia meglio tirare un po’ il freno fino alla capanna da cui, sci in spalla, torniamo al punto di partenza.


Cavallo Goloso


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