PIZ SURGONDA – OBERHALBSTEIN
domenica 14 aprile ‘24
Non è tanto il fatto che siamo a metà aprile, quanto che l’esplosione del caldo come ci fosse una stufa a soffiare su questo clima impazzito lascerebbe intendere che la stagione possa essere conclusa e che, invece, sia il caso di riprendere a indossare seriamente l’Eau de Fromage delle scarpette. E invece no! Così la sveglia suona prima delle 5 ma poi, tra occhiali dimenticati e ARTVA lasciato nell’armadio (che ricordano molto l’incipit dell’ultima uscita della scorsa stagione) insieme alla sosta caffè a Chiavenna ‘che altrimenti potrei addormentarmi al volante, beh, tutto ciò detto, il risultato è che arriviamo al parcheggio alle 8 e mezza passate e il sole già picchia di brutto nonostante la quota. Mi pare di essere un po’ come il sacco da box con un pugile indiavolato a menare diritti e rovesci. Poi però guardo in su e in giù e vedo file di infoiati: beh, forse non siamo poi così in ritardo oppure non esistono più i caiani duri e puri di una volta! Lasciamo il parcheggio e iniziamo la nostra giornata di fatiche su per il pendio che si inerpica sopra la strada: la neve sembra reggere bene, forse solo perchè è all’inizio della sua lotta quotidiana. Certo, avrei potuto scegliere un’esposizione più favorevole ma il bollettino non mi sembrava tanto dell’idea. E poi c’è da considerare la quota di partenza che, se non si vuole fare lo sci d’acqua o se non si è maniaci del portage, non da molte alternative, così eccoci a puntare al Surgonda dopo essere passati oltre il parcheggio del Lagrev - Ma quello l’ho già fatto... e preferirei evitare di bissarlo - Così passiamo oltre il primo pendio e siamo sull’altopiano soprastante. La cima si allunga all’orizzonte ma nulla di stravolgente - Quanti quadretti sono in tutto? - perchè quella è l’unità di misura della distanza. Li conto sulla mappa - 4, forse 4 e mezzo - un nonnulla per chi è abituato alle sfacchinate della bocchetta Roma o del Lumbreida giusto per citarne alcune. Intanto la fila caiana teutonica è sull’ultimo pendio mentre noi ce la prendiamo comoda a mangiare merenda e far frollare ancora un po’ il saccone-manto di neve dal sole boxeur. Poi finalmente ci muoviamo perché arrostirsi va bene ma fino ad un certo punto finché il traverso finale ci porta sul breve crinale e poi sul punto più alto. Il panorama che dominiamo è la manna del caiano: Bernina, Disgrazia e Platta sembrano a portata di mano mentre non molto distante si vede il Masino con le sue pareti. Noi però non possiamo stare troppo a sbavare perché anche la neve inizia a fare altrettanto tanto che a metà della discesa gli accumuli di melassa si fanno sempre più frequenti intrappolando e invischiando gli sci. Eppure quando torniamo alla macchina, sebbene soprattutto dopo la sveglia antidiluviana l’idea fosse quella di appendere i legni al chiodo, mi guardo attorno e - Beh, la prossima volta si potrebbe scendere da lì- e indico il ripido pendio del piz Mez…
Cavallo Goloso
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