racconto del gross leckihorn, urserental (uri)


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GROSS LECKIHORN – URSERENTAL

lunedì 30 dicembre ‘24


Scopiazzare è una cosa banale (anche se a scuola non l’ho mai fatto: i 4 e mezzo nelle versioni sono sempre stati frutto solo della mia genialità senza nessun aiuto esterno) ma migliorare diabolicamente l’itinerario dell’uscita evitando la banalità del percorso andata - ritorno non è da tutti. Poi non sempre le ciambelle escono col buco ma questo non significa che non siano poi delle leccornie: a dire il vero, non ho mai tollerato granchè le ciambelle, quel buco in mezzo sarebbe certamente più interessante se fosse riempito di pasta! Ma andiamo con ordine. Dopo il Maniò e la successiva giornata di “riposo” dalle fatiche scialpinistiche sostituite con quelle degli zii di un nipote di 4 anni che pare avere una molla autoricaricabile, come non prendere spunto da chi ha sputato l’anima (insieme al panettone di Natale) per andare al Gross Leckihorn? Così non mi tocca arrovellarmi troppo per trovare una gita interessante ma che manchi all’elenco di quelle già fatte. Se continueremo così, finirà poi che la Laura si troverà un curriculum insolito: salite dimenticate all’attivo ma assenza delle classiche e super inflazionate gite comunemente ripetute. Beh, quando sarò vecchio (o stufo di pellare), avrà modo di recuperare. Comunque, prendo spunto dall’uscita ma ci aggiungo del mio, un’interessante personalizzazione (a dire il vero non completamente frutto della mia mente malata ma suggerita dalla guida) con giro ad anello verso i famigerati Stotxigen (che appunto la Laura, almeno con me, difficilmente salirà). L’idea è semplice: saliamo alla cima, torniamo alla sella quindi scendiamo sul versante opposto, sciatina veloce quindi altrettanto rapida risalita (poi si rivelerà un po’ più lunga del previsto ma tutto sommato ancora in termini accettabili) per poi scendere a valle. Scendere… oddio… la Laura avrebbe qualcosa da ridire in merito: ed è qui che la ciambella esce senza buco e un po’ indigesta. Per portare a termine il tutto raggiungiamo al mattino Realp che non sono nemmeno le 8 e fuori ci sono 9 gradi e mezzo sotto zero. Nulla in confronto ai meno 24 di quando misi piede da queste parti una ventina d’anni fa. Poi però saliamo costanti e quasi senza mai fermarci così da riuscire a recuperare tempo prezioso sulla tabella di marcia. Raggiungiamo la sella: do un’occhiata al pendio sul versante opposto che appare già tritato. Bene: non siamo proprio così fuori di testa! Quindi riprendiamo a salire fino alla base del triangolo sommitale. È abbastanza evidente che un paio di ramponi sarebbero più che utili ma, ovviamente, ho avuto la brillante idea di lasciarli in cantina: ottimo, utilissima posizione. Anzi, a dire il vero, non ho nemmeno pensato che potessero essere necessari: un genio, non c’è che dire! Lasciare però le cose intentate mi dà un certo fastidio (già il fatto di non aver nemmeno provato a raggiungere la cima del Maniò inizia ad urtarmi e non poco) e così, almeno, ci proviamo. La traccia c’è, evidente e abbastanza ben marcata ma anche su neve a tratti piuttosto dura. Diciamo che finchè non tocchiamo la cima e ritorniamo al deposito degli sci ho un certo senso di irrequietudine. Però intanto ce la facciamo e così piazzo un’altra bandierina che si accosta ai vicini Rottӓllihorn e Stellibodenhorn. Poi iniziamo il nostro giro di boa. La discesa nella vallata che costeggia il Muttenhorn fila liscia. Arriviamo alla ripellata e anche lì le gambe reggono bene il colpo anche se la risalita si rivela un filo più lunga di quanto avessi creduto. Ma va bene così: un errore nell’ordine della 50tina di metri è più che accettabile. Poi però arriva il momento del dolce e la tanto agognata ciambella non si rivela tale. Iniziamo ad andare in là, pelli ai piedi (o meglio agli sci) e attacchi sganciati perché qui è un immenso semi pianoro. La Laura giubila come quando si viene chiamati all’interrogazione, io spero che questa piana lasci quanto prima lo spazio alla discesa e invece niente: quella continua come quando si vuole raggiungere la linea dell’orizzonte. Peccato non essere terrapiattisti! Gli Stotxigen arrivano e poi passano ma noi continuiamo a camminare con l’infinito crinale alla nostra sinistra finchè finalmente quello termina e sotto i nostri legni la pendenza inizia lievemente a cambiare - Direi che possiamo togliere le pelli... - azzardo - Di già? Mi stavo divertendo con questa sottospecie di sci di fondo! - Sempre sarcastica la socia ma del resto questo è Caianesimo! Più in basso si scorge Realp e in mezzo il pendio segnato dalla miriade di passaggi: l’ultimo “divertimento” (un po’ come la ciambella senza buco di poco prima) prima di essere tra quelli che chiudono l’infinita giornata di scialpinismo con il sole che ci precede di poco dietro le montagne.


Cavallo Goloso


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