racconto della via lunaria alle placche del giardino, val di mello (sondrio, lombardia)


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LUNARIA – PLACCHE DEL GIARDINO

giovedì 21 agosto ‘14


Il brutto del monsone è che una volta finito, continua a portarsi dietro i suoi strascichi. Ma la speranza è sempre l’ultima a morire o, forse, si dovrebbe dire che la cocciutaggine continua a farmi pestare la testa sul muro così che mi accordo con Luca per raggiungerlo in valle e vedere di combinare finalmente qualcosa. Lo spettacolo è quantomeno deprimente: le pareti colano acqua dappertutto, anche nei punti più compatti e apparentemente inviolabili. Sembra quasi di essere al cospetto di una gigantesca spugna che, intrisa del liquido malefico, ora rilascia da ogni parte il suo contenuto. Nonostante tutto, confidiamo che il sole riesca a svolgere il compito di enorme fon, senza però esagerare troppo per evitarci poi il disdicevole inconveniente di colare sulle lavagne granitiche!

Giusto per andare sul sicuro, ci armiamo dell’armamentario necessario per il Nose e quindi, carichi come due asini, ci muoviamo verso l’imbocco della valle con l’idea di salire al Precipizio. Peccato che questo trasudi acqua come una fontana! Il muro a destra di Oceano, dove passa Brutamato, cola acqua; sulle placche di Self Control risalgono i salmoni: salire quindi per la “tracciadellamorte” per poi dovere tornare indietro senza nemmeno aver messo le mani sulla roccia, ci pare uno sbatti eccessivo e così più non osiamo e passiamo oltre! L’occhio scruta e osserva alla ricerca di qualcosa che sia vagamente asciutto e, alla fine, tentiamo la sorte sulla placca di Stella Marina per raggiungere la quale dovremo salire lungo una Via per la Stella. Quest’ultima però, guarda caso, è completamente lavata e ogni tentativo di salita senza pinne e maschere naufragherebbe in un nulla di fatto! Siamo quindi ancora in movimento, peregrini con ancora un briciolo di speranza e rivolti alle Placche del Giardino che, almeno queste, riescono ad offrirci una possibilità di salita. Per una volta, parto da primo carico come un albero di Natale: i friends rintoccano come i battacchi della campana sulle gambe, peccato solo che mi trovi su un compatto mare di placche! Guadagno facilmente la prima sosta e poi parto per il successivo viaggio. In realtà non sono proprio a mio agio: mi allungo come l’uomo di gomma dall’unica fessurina a brancare lo spit che aggancio solo sfruttando tutta la mia apertura alare e poi inizio a spalmare. Fortuna vuole che qui la chiodatura non sia estrema ma comunque il tiro mi impegna costringendomi a tirare fuori le mie doti da super placchista spalmatore grazie alle quali guadagno la sosta finale. Da qui una bella passeggiata lungo un canale infestato di erba rigogliosa ci porta alla base di Stella Marina. La palla (e i cazzi) passa in mano a Luca: l’unica opzione fattibile sembra Lagrima Christi su cui, dopo una partenza non proprio secondo i canoni della libera, il forte climber si fionda senza troppe esitazioni. Raggiunta una specie di cengia, decide che la via debba proseguire a sinistra; si sposta quindi in tale direzione fino alla base di una fila di spit che inizia a seguire. Il tentativo però ha vita breve: la roccia è ancora troppo umida e le condizioni di grip sono quindi simili alla scalata sul burro. Gettiamo le doppie e siamo ancora a vagare, questa volta senza una meta chiara. Raggiungiamo Tunnel Diagonale dove, dopo qualche ulteriore perdita di tempo, Luca decide di recuperare un friend abbandonato; peccato solo che poco dopo compaiano i legittimi proprietari: tanta fatica per nulla e noi ci troviamo a muoverci verso il Trapezio d’Argento. Questa volta riusciamo a salire lo stesso tiro che avevo fatto con Micol, quindi traverso alla Fessura degli Innamorati (a dire il vero con molta più facilità dell’altra volta) e poi salgo verso l’Alba del Nirvana. È Luca ora a tornare in testa fino alla base della Fessura del Tampax, il nostro (o meglio, suo) obiettivo. Lo raggiungo e poi lo assicuro nell’unico tentativo provato: la spaccatura è comunque bagnata e a tratti viscida così l’amico la risale in qualche modo provando poi qualche movimento.

Così, dopo aver fatto i turisti no Alpitur, chiudiamo il nostro andirivieni di giornata che, tutto sommato, ci ha permesso di mettere insieme circa 6 tiri di corda, comunque niente male visto il periodo di vacche anoressiche!


Cavallo Goloso


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domenica 03 aprile ‘11


Ancora valle! Oramai sta diventando una routine, un’abitudine voluta e molto piacevole: questo piccolo gioiello non è mai a sufficienza, più lo gusto e più ne voglio. Forse sono stregato da queste sue pareti, dal mormorio del torrente, dai prati, dalle case in sasso. Ma del resto i mesi primaverili sono il meglio per scoprire le virtù di questo paradiso non ancora infestato dai gitanti di luglio e agosto quando per trovare un po’ di pace bisogna inerpicarsi sui sentieri che salgono per le valli laterali.

Sono con Micol. Passeggiamo tranquillamente lungo il fondovalle cercando di smaltire una buona dose di sonno: del resto bisogna pagare dazio per le “imprese” del giorno prima ma, con una giornata come questa, non potrei certo rinunciare a un’altra salita. Non ci dispiacerebbe salire Vortice di Fiabe ma, per il momento, ci accontentiamo di arrampicare alle Placche del Giardino e poi vedremo. Già sull’avvicinamento sono tratto in inganno: poco prima di raggiungere la base della parete, i folti rami di un abete mi deviano dal sentiero inducendomi a salire per un percorso erroneo che ci conduce comunque alla meta. Siamo soli mentre più in alto si sentono i richiami delle cordate su Kundalini. L’obiettivo iniziale è oramai messo da parte: saliremo Lunaria e poi valuteremo il da farsi.

La prima lunghezza è d’ordinaria amministrazione ma è anche l’ideale per scaldare i motori in preparazione per il tiro successivo che mi inganna non poco. Osservandolo dalla sosta non sembra nient’altro che una semplice placca da salire senza patemi anche perchè la chiodatura sembra insolitamente vicina per gli standard vallivi. Riprendo la scalata sotto l’occhio attento di Micol. L’inizio, in effetti, non è nulla di particolare: si sale per una placca appoggiata d’aderenza fino a quando la stessa inizia a impennarsi. Proseguo lentamente, cercando con lo sguardo quello che non c’è: l’appiglio! Lentamente e fidandomi dell’attrito delle scarpe raggiungo la sosta dopo un’interminabile e non semplice salita. Ora tocca Micol raggiungermi. La guardo scalare fin dalla partenza: dopo un attimo di titubanza, arriva rapidamente all’inizio del duro. Per lei è la prima volta su queste difficoltà e su questo genere di progressione. Si affida egregiamente ai piedi guadagnando metro su metro; ogni tanto leggo un certo sconforto sul suo volto ma poi quell’ombra è subito fugata da un sorriso quando il passo impegnativo è superato. E poi finalmente siamo nuovamente insieme. Un’altra lunghezza facile e concludiamo la nostra salita. Sotto di noi si trovano gli alpeggi di Cascina Piana: ai tavoli siedono numerosi escursionisti col naso rivolto all’insù mentre gustano un piatto di pizzoccheri. A noi spetta solo qualche grissino e una fetta di pane: è dura la vita del climber!

Ne approfitto per ripassare con Micol le manovre di corda doppia, tanto più che dobbiamo ancora scendere dalla via. Con tre doppie siamo nuovamente alla base, dopo una tranquilla discesa. Decidiamo quindi di sgranchire ancora un po’ le gambe in direzione delle casere della Rasica: fa incredibilmente caldo per il periodo e così ci fermiamo all’ombra di alcuni alberi per sgranocchiare qualcosa fino al momento in cui è proprio necessario ritornare alla civiltà.


Cavallo Goloso


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