OCEANO IRRAZIONALE – PRECIPIZIO DEGLI ASTEROIDI
sabato 22 maggio ‘10
Finalmente. Finalmente la primavera è iniziata. Finalmente l’attesissimo sole. Finalmente una signora via. Finalmente, Oceano Irrazionale!
E’ venerdì, il giorno della vigilia: una certa tensione aleggia nell’aria. La salita che dovremo fare l’indomani è avvolta nel mito: la tromba, i due tiri che la precedono e poi ancora le facili lunghezza finali tutto contribuisce a dare un pizzico di dubbio e insicurezza. Saremo capaci? Passeremo da quelle fessure? Forte delle nostre 4 (!) serie di friend (e anche di una buona dose di sonno) riesco comunque ad addormentarmi senza troppa difficoltà, passando la notte nella più totale tranquillità.
L’avvicinamento all’attacco è una vera avventura, una via nella via: corde fisse logore e macilente (e tutte le volte mi chiedo perché non abbia portato degli spezzoni da rimpiazzare), esposizione dei passaggi ti buttano subito nel campo di gioco.
Uno stambecco ci osserva guardingo poco sopra l’attacco di Self Control. Cece mi porge i capi delle corde: l’opportunistica offerta mi costringerà a fare i due tiri di VI di seguito, ma almeno salirò la tromba da secondo. Per cui, valutati pro e contro, accetto l’offerta e inizio la mia scalata mentre Luca e Colo ci seguiranno a ruota.
Raggiungo lo spit martellato: spalmando sulle piccole asperità della roccia e aiutandomi un po’ con la placchetta spiattellata, supero il passo e raggiungo la sosta. Mi sento particolarmente in forma, mentre i dubbi della vigilia iniziano a squagliarsi come neve al sole.
Le fessure successive sono a dir poco entusiasmanti: forse più belle (ma anche più esigenti) di quelle della non lontana Luna mi regalano sensazioni che non provavo da tempo: quel misto di timore e piacere che ti fa assaporare la salita a lungo; che ti stampa nella memoria i momenti, i gesti che ti hanno condotto all’uscita. Quel sapore proprio solo del terreno d’avventura, un gusto unico e particolare. Insomma, quelle salite che non vedi l’ora arrivi il lunedì per sboronare sul blog! Poi la tromba: una bella mazzata dove l’uomo si tramuta in verme cercando di strisciare all’interno della larga fessura mentre sotto fischia l’urlo del vuoto. Per la verità manteniamo la nostra dignità umana, con il risultato di massacrare le braccia mentre quei pendagli delle gambe annaspano nella vana ed inutile ricerca di un appoggio. Poi mi attende un altro tiro duro: inaspettatamente sono solo due movimenti che, insieme alla brevità della lunghezza, mi permettono di raggiungere la sosta senza patemi.
Siamo a metà, ma le lunghezze che ci rimangono sono decisamente più semplici mentre la via continua a restare irrazionalmente fantastica. Ancora fessure, diedri tutti da proteggere e soste da inventare su provvidenziali alberi. Poi le ultime facili lunghezze che si snodano tra zolle di erba anticipazione del bucolico praticello sommitale. La poesia della salita si materializza in questa conca erbosa in cui è invisibile ogni traccia di precedente passaggio umano. Il viaggio in questo oceano di roccia, fessure, diedri, placche è giunto al termine: ora la nave riprende il largo lungo il susseguirsi di doppie che scendono da Anche Per Oggi, un altro viaggio allucinante in questo precipizio di emozioni.
E ora, con il naso all'insù, non fantasticherò più sulla sua inaccessibilità; non mi sentirò preso a sberleffi dalle sue fessure, dalla sua logica, perfetta e visibile linea perché finalmente, anch’io, l’ho salita!
Cavallo Goloso
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