SECONDA CASCATA DELL'ORO – VAL MASINO      

sabato 21 gennaio ’12


“Ice climbing” va bene, “extreme” un po’ meno. Mi trovo con Colo e Luca senza aver definito dove andare: il vento della pianura promette tempo estremo sulle Alpi e la conferma ci arriva dalle masse di nubi nere che fagocitano le alture verso Chiavenna. Puntiamo alla val Masino; il tempo sembra un po’ meglio, siamo nell’occhio del ciclone: verso la Valtellina è il regno delle tenebre, in Svizzera comanda la tempesta. Speriamo che il ciclone non decida di volgere lo sguardo da qualche altra parte!

La neve imbianca modestamente i lati della strada già da Ardenno; man mano che saliamo si fa più consistente finchè, verso San Martino, tracce della bianca poltiglia ricoprono l’asfalto. L’avventura inizia appena usciamo dal ultimo paese: la strada è completamente imbiancata e la Peugeot di Colo apre la pista nei 20 centimetri di polvere. In cielo stazionano ancora le nuvole mentre il bosco dorme sotto il fresco strato nevoso. Una luce giallastra illumina l’ambiente accendendo i toni di bianco e nero della valle esaltando le forme aguzze delle pareti. Procediamo senza alcun problema fino all’ultimo tornante dove inizia la traccia che porta alla Merdarola: Colo arresta la macchina e poi non riusciamo più a partire. Decidiamo di proseguire con la mia dopo aver montato le catene e quindi riprendiamo il viaggio fino ai Bagni di Masino. Una fitta nebbia ricopre la vallata e, nonostante dubitiamo della presenza di ghiaccio, ci avviamo verso le cascate dell’Oro camminando su un tappeto soffice e immacolato.

Puntiamo alla prima cascata dell’Oro che raggiungiamo dopo un breve tratto lungo il corso del torrente. Sento l’acqua scorrere sotto la coltre nevosa mentre spero di non ripetere l’esperienza della cascata di Vho fino a quando ci troviamo alla base del salto. Il ghiaccio verticale mi incute un senso di irrequietezza, non mi ispira alcuna fiducia e riverso i miei sentimenti sul tentativo di Luca che, dopo un paio di picozzate, termina nel nulla. Concludiamo che il flusso gelato non sia scalabile e così puntiamo alla più facile seconda cascata dell’Oro.

È ancora Luca ad aprire le danze mentre testo l’efficacia dei cordini di kevlar che collegano l’imbraco alle picche. È un ritorno alla preistoria, un’involuzione totalizzante; mi piace! Viva la clava e le mutande di pelliccia! Quest’amalgama di antico con moderno è lo sposalizio ideale e così mi propongo per condurre la cordata. Ho tempo per testare i miei nervi: il secondo tiro ha un saltino di un paio di metri, il terzo sarà poco più del doppio e infine l’ultimo ha una pendenza continua e interminabile. In mezzo ai tre salti, riposanti tratti lungo un facile canale completamente ricoperto di neve sono l’ideale per rilassare la mente e riposare braccia e polpacci.

Sono sull’ultima lunghezza: le picche affondano nel ghiaccio mentre picchio ripetutamente i ramponi contro il flusso gelato. Bardato come un novello Giancarlo Grassi, salgo lentamente ma con costanza mantenendo un buon livello di autocontrollo sulla situazione: piazzo abbondanti viti sul tratto più ripido e quindi ricerco la linea di maggior debolezza finchè la cascata degrada a semplice canale e il bosco torna a dominare il paesaggio di fronte al mio sguardo. Sono fuori: l’occhio del ciclone, spalancatosi di fronte alla bellezze della valle, rispecchia il mio stato d’animo a conclusione di una salita durante la quale ho finalmente trovato la fiducia nei miei mezzi.


Cavallo Goloso


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