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MONTE NUVOLONE – TRIANGOLO LARIANO

sabato 25 settembre ‘21


Dire che la meta è il viaggio è un’ovvia banalità. Se poi l’obiettivo finale è una cima talmente insignificante da rendersi conto di averla raggiunta solo perchè ci si trova il cartello indicatore, la frase assume un valore ancora più scontato. Ma non è finita qui: perchè ad andare con la Jo la meta della guida può rischiare di diventare un miraggio irraggiungibile anche se, ad onore del vero, ultimamente riusciamo a raggiungere quello che per il mio istinto caiano è la massima elevazione fisica e spirituale: solito ragionamento da posseduto dell’aquila ma, per me, il viaggio ha si un senso, a volte anche sostanziale ma l’obiettivo finale resta comunque la ciliegina sulla torta. Per esempio, al Gervasutti, lo scappare dal temporale è quello che mi è rimasto più impresso, che ha dato quel quid in più alla salita (un po’ come il diedro della Niedermann) però la vetta è rimasta là intonsa e i bollini non ce li siamo mica meritati. Se però nel viaggio si incontra qualcosa di veramente meritevole, a quel punto tutto può cambiare e, in questo, il füngiatt è forse la massima espressione.

Andiamo a dormire senza sapere dove gozzoviglieremo l’indomani (perchè il cammino è la disco del caiano): tanto avrò tutto il tempo di sfogliare il libercolo mentre Morfeo si deciderà a staccarsi dalla Jo. Comincio ad essere anche un po’ geloso: un giorno o l’altro dovrò decidermi a farci quattro chiacchiere. Solo che, come le ciambelle non sempre escono col buco (fatto che per il sottoscritto letteralmente parlando sarebbe un valore aggiunto), questa volta è la Jo a svegliarmi. E a quel punto il programma salta.

La Jo vorrebbe andare a funghi ma la maestra (la Sara) si è svincolata con una scusa assurda: montare i mobili dei suoi. Strano che la Jo non l’abbia raggiunta con martello e cacciavite. La guardo e metto le sopracciglia in modalità perplessità: è quasi l’ora di pranzo e ho appena parcheggiato il Caddy. “Scusa” faccio presente alla biondina “ma guarda che a quest’ora i füngiatt sono con le gambe sotto il tavolo ad aspettare polenta, funghi e cervo”, “eh ma magari qualcosa hanno avanzato...”. La sopracciglia resta alzata mentre scendo dall’auto e mi metto in caccia del sentiero.

Il primo motivo per cui il viaggio diventa la meta è facile e scontato, soprattutto se si è in un bosco di castagni a settembre. Passa poco che la Jo è intenta ad aprire ricci e riempirsi le tasche. La cosa però di primo acchito mi lascia poco coinvolto: non è che le castagne non mi piacciano, tutt’altro, è che non riesco a non pensare alla loro pulizia, un’operazione di una noia mortale e infinitamente lunga. Poi però l’occhio cade per terra, adocchia il primo riccio e il gioco è presto fatto. In tutto questo riusciamo anche a salire un po’ lungo il sentiero finchè il secondo motivo si materializza sotto i piedi della Jo: “Oh tò!”. Il fungo troneggia a lato del sentiero sprezzante del pericolo: evidentemente non ha idea di essere commestibile! Possiamo forse lasciarlo lì tutto solo e soletto? E così la caccia inizia in una spirale in continua ascesa che, a fine raccolta, ci porterà ad avere un cospicuo numero di Betullini. A quel punto il viaggio ci ha portati vicini alla vetta i cui dolci crinali pullulano di amanite come nemmeno se ne vedono nei cartoni di Walt Disney e così raggiungiamo il culmine, un insignificante grinza del crinale che si mimetizza come un punto in mezzo ad un mare di nuvole.


Cavallo Goloso


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