|racconto|   |relazione|   |foto|


PIZZO NERO – VAL BEDRETTO

sabato 04 gennaio ‘25


La valle si allunga sempre di più davanti alle punte dei nostri sci e la Laura giubila come davanti al cartello delle code chilometriche nel periodo delle vacanze. D’altra parte ci sarà un motivo se il parcheggio pullula di scialpinisti come nella migliore tradizione della val Bedretto ma poi quelli che si infilano da queste parti restano una sparuta minoranza. Forse andrebbe pure protetta questa minoranza in via di estinzione: devono per forza essere quelli che alla parola “sci” prediligono il termine “alpinismo”. Meglio smazzarsi qualche chilometro in falso piano che andare ad “ungere” la neve per l’ennesima volta al Poncione di Valle Piana! Io sono un po’ della stessa razza. Non che mi dispiaccia sciare in quanto mera attività ma vuoi mettere l’esplorazione di posti nuovi? Mettere una X sull’ennesima cima? Ecco, forse è un po’ questa l’ossessione. E quindi finisce che si scartabella la guida, si studia la mappa (a dire il vero con l’approssimazione con cui mi arroventavo sulla quantità di pagine dei libri di scuola) per trovare qualcosa che manca. E irrimediabilmente quella vetta è lontana, difficile da raggiungere o con dislivelli improponibili. Ma è quello che fa gongolare l’aquila del Caianesimo e, diciamo la verità, anche un po’ la Laura. E comunque da queste parti ci sarebbe anche il pizzo Gallina ancora un po’ più spostato verso ovest ma, magnanimo, ho la buona creanza di puntare al più vicino pizzo Nero. Sarà forse che tra un nome da pollo forse psicologicamente mi pare più interessante quello da Mordor. Fatto sta che comunque non siamo gli unici a puntare a questo triangolo che chiude la lunga cresta e che, oggettivamente, esteticamente non sembra dire granchè. Questo però lo appureremo solo una volta che avremo davanti il punto terminale della gita mentre al momento, tra una spulciata della carta e l’altra, ci tocca continuare ad andare in là. Poi, finalmente, arriviamo sotto la cima: il pollaio resta a sinistra, più lontano ma anche più accattivante, una bella massa di roccia che chiude la vallata. Mordor invece è sopra le nostre teste, là dove convergono un paio di tracce diverse e, soprattutto, quei pochi fanatici che si sono spinti da queste parti. Però il Gallina potrebbe essere un ottimo motivo per tornare da queste parti. Ci penseremo eventualmente a tempo debito ora ci manca solo l’ultimo traverso prima del deposito degli sci. Accatastiamo i legni alla bell’e meglio mentre guardo la traccia di salita. Questa volta i ramponi li abbiamo, è stata una delle prime cose che ho infilato nello zaino stufo di rischiare l’osso del collo su un pendio semi ghiacciato. Però non sono così sicuro che siano effettivamente utili: la traccia è ben fatta e la neve morbida, rischiamo forse di fare i contadini olandesi con gli zoccoli ai piedi e poi, in alto, ci sono alcune roccette che sicuramente sarà meglio affrontare senza ramponi. Così ci proviamo. In effetti si sale bene anche senza i denti ferrati: arriviamo alle roccette e qui il nostro assetto si mostra ancora più vincente. Incrociamo l’ultima coppia in discesa e poi ci troviamo da soli sul punto più alto. Da qualche parte a nord ci dev’essere il Gross Leckihorn ma riuscire a riconoscerlo è un’impresa cui desisto rapidamente. Il Maniò invece lo riconosco bene e, visto da qui, sembra una di quelle cima da “uau!”. Poi torniamo sui nostri passi e, seppur prediligiamo la parola “alpinismo”, non è che disdegniamo lo “sci” e riuscire a mettere insieme qualche curva decente resta comunque un obiettivo. Azzardiamo quindi a seguire le evidenti tracce di discesa di chi ci ha preceduto: certo, potrei guardare la carta e vedere se non andremo ad infilarci in quello che i francesi chiamano “cul de sac” ma, in sostanza, non c’ho voglia. Preferisco giocare d’azzardo anche perchè non credo andremo incontro a qualche brutta sorpresa. È infatti così è e, anzi a dirla tutta, evitiamo un passaggio sotto una parete che, all’andata, mi aveva lasciato storcere un po’ il naso. Poi la neve non ci aiuta e questo è un altro inconveniente nel scegliere le gita ad inculandia: il sole ci ha lavorato parecchio, un po’ come la massaia diligente con la pasta per la torta, col risultato che la neve a tratti smolla e lascia il posto alla crosta poco portante. Ma pazienza, in fondo non siamo qui per sciare ma per rendere grazie al Caianesimo!


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI