racconto del crocione, val d'intelvi (como, lombardia)


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CROCIONE – VAL D'INTELVI

martedì 24 febbraio ‘15


La falce di luna velata dagli strascichi delle nuvole rischiara debolmente il pendio mentre la notte ha già affondato le sue unghie dilaniando le carni della preda. Il parcheggio dove l’auto ferma la sua corsa è una landa aperta e desolata avvinghiata dalla morsa dell’oscurità; solo la stalla in lontananza lascia sfuggire un raggio luminoso unico segno di vita nonchè labile traccia della presenza umana in questo buco nero. Sono protagonista succube delle tinte fosche del quadro, vittima inerme del fantasma della stalla di cui non scorgo nemmeno l’ombra e delle fauci dei cani che so una volta abitare questi luoghi. Cerco di sgattaiolare come un’ombra furtiva senza fare il minimo rumore ma il rumore di ferraglia di un portone che si chiude violentemente mi fa trasalire: che qualcuno si sia accorto della mia presenza? Attendo mentalmente pietrificato il materializzarsi della belva rabbiosa mentre le gambe continuano a muoversi verso la base del pendio ma in lontananza non compare ancora nulla. Perchè mi sono ficcato in questa maledetta situazione? Solo per scaricare le tensioni milanesi, spronato poi dall’esperienza di domenica e dalla soffice e abbondante neve che ha ispirato la prima notturna della stagione, ancora una volta dell’arcinoto Crocione. Intano, il suono acuto delle lamiere si ripete insistentemente mentre Eolo si diverte a correre tra i materiali deposti che suonano come un’orchestra stonata producendo sinistri e acuti cigolii. Lo mando a cagare e mi avvio su per il pendio seguendo la comoda traccia mentre cerco di allontanarmi più velocemente possibile dal tetro pianoro iniziale. La stalla si allontana sempre di più mentre, unico punto nero, mi alzo su per il candido lenzuolo finchè, ad un tratto, ho la sensazione di essere seguito: mi volto di scatto ma dietro le mie spalle c’è solo il vuoto. Imprimo ancora più forza ai polpacci raggiungendo così la metà della salita dove finalmente mi sento al sicuro: ora l’unica minaccia è rappresentata dall’infuriare del vento che sento ululare verso la cima. La meta intanto si profila in lontananza vicina ma paradossalmente irraggiungibile mentre un fine pulviscolo gelato inizia a sferzarmi il volto e la traccia scompare sotto la neve spostata da Eolo. Mancano pochi metri e letteralmente il vento in poppa mi spinge lungo gli ultimi metri che supero quasi di corsa andando a cercare riparo dietro gli scheletrici e spettrali resti della ruota dello skilift. Giusto il tempo di togliere le pelli e cambiare i guanti e quindi lascio l’illusione del riparo per muovermi alla ceca verso l’inizio del pendio; mentre quindi mi sto avvicinando all’inizio della discesa, ho come la netta sensazione che la montagna sia stata fagocitata dalla vallata sparendo poi con un salto nell’ignota oscurità dell’abisso. Attacco deciso il pendio e già fin dalle prime curve tutto funziona alla perfezione: nonostante Eolo abbia già iniziato a fare il Michelangelo, la neve è infatti fantasticamente polverosa e soffice tanto che i legni, entrando nei cumuli, ne escono come se nulla fosse senza aver trovato alcuna resistenza. Scodinzolo quindi con inaspettata semplicità fuggendo dopo poche curve dalla rabbia furiosa del vento mentre la frontale rischiara la discesa che diventa ora più ripida e quindi entusiasmante. Solo lungo gli ultimi metri la neve si fa un po’ più non riuscendo però a rovinare quella che è certamente la migliore sciata dell’anno.


Cavallo Goloso


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domenica 08 febbraio ‘15


Se è bello, c’è il vento; se non c’è il vento, è brutto. Ultimamente sembra che questo andazzo stia diventando una specie di abitudine! L’unica consolazione è che non saremo costretti a macinare chilometri per andare a sciare visto che in settimana sembra che, finalmente, il generale inverno abbia deciso di dare un’occhiataccia anche ai piedi delle Alpi. Partiamo quindi alla volta della Gazzirola, sperando di non essere poi sballottati dal vento quando arriveremo in prossimità della cima. Risaliamo così l’infinita val Colla e, appena mettiamo il naso fuori dall’auto, Eolo ci investe con il suo insopportabile alito aglioso: non ci mettiamo molto a decidere che sia meglio levare le tende e puntare a qualcos'altro, tanto più che da queste parti sembra ci sia stata solo la leggera imbiancata del presepe. Siamo quindi in balia della più assoluta indecisione anche perchè le notizie che ci giungono da Clod e company dal relativamente vicino Crocione non ispirano grande fiducia sulle condizioni del manto nevoso. Alla fine, dopo un conciliabolo degno di una crisi mondiale, conveniamo che, tutto sommato, quella sia la migliore destinazione e così scarichiamo gli arrembanti cavalli verso Lugano, quindi Porlezza e poi su per la val d’Intelvi. Il secondo sbarco al parcheggio ricorda, nemmeno troppo in lontananza, il precedente: mi viene voglia di lasciare perdere e tornarmene a casa tanto più che sul pendio spuntano numerosi ciuffi d’erba giallastra e in alto sembra che i venti si stiano divertendo in una festa orgiastica. D’altra parte, andarmene senza avere nemmeno fatto un tentativo significherebbe buttare alle ortiche l’ennesima domenica e quindi, con questa motivazione, decido per un attacco rapido e fulmineo. Cece, Silvia e Vera sono già davanti mentre io finisco di imbacuccarmi per benino: probabilmente soffrirò un po’ il caldo in salita ma avrò il vantaggio di essere già pronto per la discesa! Raggiungo quindi gli amici poco distanti e quindi inizio una gara con Cece superando gli altri scialpinisti che più tranquillamente risalgono il pendio. Abbiamo optato per il tracciato di destra, un po’ più breve del principale che raggiunge l’ormai chiuso rifugio e così ben presto ci troviamo a ridosso della cresta sommitale a lottare con la furia del vento. Salgo rapido gli ultimi metri e poi mi preparo per la discesa mentre la neve mi colpisce come fossi il bersaglio delle freccette finchè finalmente inizio a scendere. Questa volta sono proprio i gelidi spilli nevosi a crearmi problemi costringendomi a scendere in diagonale in direzione contraria rispetto quella da cui provengono: fortuna vuole che il pendio sia ampiamente esteso e mi permetta quindi di perdere quota e uscire dalla zona più martoriata senza grosse difficoltà. Il manto nevoso, di contro, si dimostra tra i migliori della stagione seppure di scarsa consistenza: in un batter d’occhio ci troviamo quindi nuovamente alla base del pendio ma il sottoscritto, ovviamente, non può dirsi pienamente soddisfatto. Rimetto le pelli sotto i legni e risalgo quindi lungo il versante principale sfruttando la comoda traccia che risale il pendio. Lo strato bianco però si dimostra rapidamente ben più rado di quanto già non fosse sul precedente percorso sollevando quindi non pochi dubbi su quella che sarà la discesa. Non mi soffermo più di tanto e spingo insistentemente sui polpacci fino a trovarmi sulla verticale e non molto distante dal rifugio. In alto il vento soffia a più non posso ma, ancora a pochi metri, dalla vetta, la situazione è accettabile: continuo quindi imperterrito a stantuffare fino al culmine della montagna dove una nuvola di polvere gelata mi investe senza pietà. Mi preparo ancora più rapidamente di prima e poi, con un balzo, mi fiondo giù per il pendio facendo lo slalom tra un ciuffo d’erba e l’altro. L’idea è di raggiungere in un’unica soluzione la partenza ma le gambe ben presto iniziano ad urlare costringendomi ad una rapida sosta verso metà. Riprendo quindi la discesa ancora una volta riuscendo a pennellare strette curve per non rallentare eccessivamente l’andatura e solo negli ultimi metri, dove il pendio risulta più carico, incontro neve più pesante che comunque non rovina l’esito complessivamente positivo della sciata.


Cavallo Goloso


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sabato 18 gennaio ‘14


Alla fine mi decido: vado in palestra da qualche migliaio di anni, conosco gente, potenziali caiani, ma non ho i loro contatti. Nell’epoca di “facciadilibro”, “cinguettio” e chi ne ha più ne metta, io non ho neanche un cavolo di numero di telefono! Così alla fine mi decido, ottengo le informazioni, mi accordo e scopro che di fuori di senno è pieno il mondo o, meglio, ve ne è una certa cospicua quantità che non si ferma durante la stagione monsonica. Che poi, forse, dovremo adattarci un po’ tutti, europeizzandoci di più, perchè altrimenti si finisce per non mettere più il naso fuori di casa!

Così, nonostante il meteo, ci troviamo in un gruppetto di 7 al parcheggio del Bennet con l’intenzione di andare ad assaggiare un po’ di polvere cercando di non smuoverla eccessivamente dalla sede onde scampare da una possibile slavina.

Già al ritrovo, alla faccia delle previsioni che avevano dato una tregua, piove. Iniziamo a salire per la val d’Intelvi e piove. Ci stiamo alzando già da un po’ e continua maledettamente a piovere. Di fiocchi non se ne vede nemmeno l’ombra: speriamo che almeno alla partenza, il meteo sia stato informato delle previsioni che davano la quota neve sui 1100! Niente da fare: piove anche lì, anzi diluvia! Ma nonostante tutto, il Crocione sembra essere preso d’assalto da un discreto numero di irriducibili: noi invece non sappiamo che pesci pigliare. Tanto più che, se continuiamo così, si potrebbero pescare direttamente a mani nude direttamente intorno a noi!

Iniziamo quindi a tergiversare mentre la pioggia martella sulle nostre giacche a vento e qualcuno, certamente più deciso, sfila gli sci e si avvia verso il pendio. Restiamo in 5 a tergiversare, prendere tempo, navigare nella più profonda indecisione! Abbandoniamo rapidamente l’idea iniziale di provare a raggiungere la Svizzera sperando che lì il tempo rispetti quanto previsto dai modelli dei meteorologi e continuiamo a dibattere sull’opportunità di partire o meno. Alla fine restiamo io e il Toni: preso da un irrefrenabile impulso a caianare a tutti i costi, lentamente allontano la pigrizia e, sapendo di mettermi in pace con la morale del lunedì, riesco a convincere anche qualcun altro a partire.

Piove, finemente piove, incessantemente piove; una goccia dietro l’altra, come una torturante agonia, il ticchettio delle gocce ci accompagna su per la traccia ma la neve intorno a noi, almeno al momento, non sembra risentirne più di tanto. Certo, la polvere resterà un lontano sogno ma forse non avremo a che fare con una neve eccessivamente pesante. Poi finalmente si vedono i primi fiocchi: la pioggia dimunisce, la neve aumenta. In cima nevica fitto e non si vede nulla. Abbandoniamo ogni ambizione di salire anche al Generoso salvandoci così, molto probabilmente, da una tracciatura al limite dell’impossibile e iniziamo la discesa. La neve é pesante, frena gli sci, ma in qualche modo si riesce a perdere quota. Poi la massa diventa sempre più compatta, sembra di sciare nella malta, poi nella pasta della pizza: o si fa la discesa libera o non ci si muove! Forse un terzo del percorso lo affronto scendendo completamente diritto: é come andare col bob ma almeno metto a tacere la predica moralistica del lunedì!


Cavallo Goloso


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venerdì 03 febbraio ’12


“Canada!”. Sento il grido nelle orecchie mentre fuori nevica e fa un freddo polare. Sono in gabbia nella cella che mi ospita dal lunedì al venerdì mentre pregusto le curve sullo zucchero che si è depositato in questi giorni. Scattate le 6 ore del venerdì mi precipito fuori dall’ufficio e altrettanto rapidamente raggiungo la stazione con l’assillo di perdere il treno. Passo a casa a prendere la roba e poi via con papà verso le montagne! La nostra meta é il Crocione in val d’Intelvi; abbiamo le ore contate e quindi accogliamo di buon grado la traccia già battuta che risale il pendio. E’ ancora chiaro e alcuni cani vengono a darci il benvenuto: cerco di restare tranquillo anche se la presenza di quegli animali mi inquieta. La traccia inizia a salire e ben presto mi trovo da solo: fa freddo e ho le mani semi congelate mentre non vedo l’ora di pennellare un po’ di curve sul manto nevoso. La luna spunta: è poco più di metà ma illumina sufficientemente il pendio nonostante un po’ di nuvolaglia. In cima soffia una leggera e gelata brezza: infilo il piumino e attendo l’arrivo di mio papà. Non é il caso e non abbiamo nemmeno il tempo per fermarci a prendere fiato così, tolte le pelli, ci buttiamo verso valle. La discesa è rapida ma non divertente come avevo sperato: l’urlo “Canada!” rimane intrappolato nella mia ugola mentre gli sci non hanno sollevato la polvere sperata. Pazienza: ho davanti il week end per sbizzarrire gli sci!


Cavallo Goloso


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