MONOTIRI – SARCOFAGO
domenica 11 marzo ‘12
Dopo aver fatto il contrappeso alla falesia di Campione, ho la certezza di poter scalare e non essere parancato come fossi un container al porto di Genova. La coppia più forte delle Alpi si riforma dopo settimane senza avere però alcuna velleità alpinistica ma solo con l’idea di oliare le giunture e sgranchire i piedi per le spalmate granitiche. È come mettere la Nutella su una fetta di pane: se la si tiene nel frigo, la crema si rassoda formando grumi che non si distribuiscono omogeneamente; ma se la si scalda quel tanto, la Nutella si spande sul pane filando soavemente come una ballerina scivola sulle punte delle scarpette.
Cece mi informa che ci becchiamo col Clod e il Guido al Remenno: saranno milioni di anni che non scalo con loro! Sfogliamo la guida passando dalle vie di IV alle estreme salite “da morte sicura” e poi decidiamo di puntare ai monotiri in fessura sparsi nel piccolo paradiso. Ma, ovviamente, i programmi vengono subito smentiti appena passiamo davanti alla cascata del Ferro: Figatron sembra scalabile senza ricorrere alle pinne e alla maschera da sub e così risaliamo la ripida mulattiera alla volta della base della colata d’acqua. Prima però devo sistemare il curriculum: non ho mai salito Mixomiceto e quindi colgo l’occasione per porre rimedio alla gravissima mancanza. Per punizione per essere stata fin’ora snobbata, la via, pur essendo sufficientemente ben chiodata, mi proporrà una certa dose di moderata strizza. I miei piedi sono come un vasetto di crema alle nocciole appena uscito dal frizer; mentre stritolo i piccoli cristalli pensando siano tacce di calcare cerco di sciogliere le dita dei piedi. Sono tentato dal tirare il rinvio e risolvere così ogni problema ma voglio passare in libera e, dopo aver studiato per bene il movimento, esco dal chiave e risalgo alla sosta.
Sfruttando la corda dall’alto passiamo quindi a Sunshine of the Emply Lodus scovando quattro differenti soluzioni; la mia ovviamente è quella più contorta e complicata: probabilmente ho salito il mio primo 8a con un improbabile tallonaggio che permettesse al bacino di restare in posizione. Saliamo anche Annalisa (da secondi) e Ultra Man e quindi, avendo scaldato e rodato i motori ci dirigiamo alla base di Figatron, perchè noi siamo forti!
Cece guarda la via che sembra una specie di taboga con una bella fessura sulla sinistra e, sconsolato, scuote la testa. Abbiamo due alternative: indossare pinna, muta e braccioli e emergere dall’acqua della pozza, quindi prendere la fessura e salire. Il problema è che bagneremmo la magnesite e, oltretutto, ho dimenticato i braccioli a casa mentre la ciambella a forma di paperella ci impedirebbe di afferrare il negozio di ferramenta appeso all’imbraco. La seconda possibilità è salire un po’ più a sinistra, dove più facile, e quindi traversare sul tiro. Solo che, senza aver chiodi da piantare (sono tutti sulla Fisarmonica!), una caduta dal traverso significherebbe morte certa o, quantomeno, un tuffo nella pozza con schianto sui sassi affioranti. Anche in questo caso, l’assenza della cuffia diventa fondamentale e quindi, bardati come alberi di Natale e con la coda tra le gambe, abbandoniamo il nostro progetto e riprendiamo il nostro pellegrinaggio spostandoci verso la fessura della Crepa del Bamba.
Come gli ebrei camminarono sul fondo del Mar Rosso dopo che Mosè ne divise le acque, allo stesso modo mi trovo a passeggiare sul letto del torrente completamente in secca mentre le mie gambe ululano dopo aver stritolato il granito di Sunshine. La risalita al Sarcofago è una camminata sui ceci: i dolori allucinanti alle estremità mi accompagnano sadicamente per la rampa divertendosi a fustigarmi a ripetizione.
Parte Cece che con dura lotta e in pieno spirito caiano risale la Crepa del Bamba fino alla sosta. E poi anche il sottoscritto si butta sulla fessura ma con i friend già piazzati: sbuffando e fischiando come fossi una locomotiva a vapore risalgo la parete incastrando le dita come meglio riesco; la primitiva tecnica è comunque vincente e, con le mani martoriate, raggiungo la sosta senza aver tirato nessuna protezione, senza essermi appeso e senza essere ricorso ad alcuna staffata, insomma in libera! Ma il nostro viaggio interiore alla ricerca della luce non può ancora dirsi concluso e così ne approfittiamo per provare con la corda dall’alto il tecnico e impegnativo Schiaffo di Giò; ci lasciamo schiaffeggiare ripetutamente dai badili dell’apritore senza venire però a capo della lunghezza: riesco infatti a raggiungere la sosta ma senza risolvere un difficile movimento in cui, disperatamente, cerco di tenere un improbabile rovescio nel tentativo di abbassare un po’ il piede.
Alla fine riusciamo comunque a completare il banchetto gustando ogni tipo di portata: dalla placca d’aderenza, alla fessura yosemitica passando per un muro tecnico con arrampicata di estrema precisione e equilibrio; la Nutella sembra aver raggiunto la giusta consistenza mentre le braccia sono squagliate per lo sforzo profuso mentre, all’orizzonte, insieme al sole nascono nuovi progetti.
Cavallo Goloso
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sabato 12 e domenica 13 giugno ‘10
Gli obiettivi erano diversi, ma le abbondanti e tardive nevicate ci costringono a rinunciare alla Omio per “accontentarci” della più bassa val di Mello; in fin dei conti un bel ripiego!
Sono con il corso d’alpinismo e di conseguenza le salite dovranno essere tarate sugli allievi, ma la Valle è comunque la Valle, indipendentemente dalla difficoltà della salita. A rompere ancora i piani ci si mette una meteo instabile e minacciosa: possibilità di rovesci sia sabato che domenica. Scure nubi roteano sopra le nostre teste coprendo le vette circostanti, mentre scegliamo l’itinerario del sabato. Le possibilità sono variegate: alle classiche facili della val di Mello, si aggiungono le tranquille vie spittate della zona del Remenno e del Pesgunfi. Sono molto indeciso e alla fine accetto la proposta di salire alle placche del Viale di Stella. Il breve avvicinamento ci porta alla base di una struttura appoggiata interrotta qua e là da alcuni arbusti. Mentre Matteo e Marco salgono Spider Man, il sottoscritto con Carlo opta per la via a destra. La partenza scorbutica di pura aderenza con breve tratto sul verticale, mi costringe a tirare il rinvio per poi dare inizio al mio viaggio. I vecchi spit sono decisamente lontani e, forse perché non tanto abituato al puro spalmo, non mi sento molto a mio agio. Ma poi, passo dopo passo, riprendo sempre più confidenza con questo stile di scalata dove il gioco dell’attrito tra scarpetta e roccia diventa decisivo.
I tiri si susseguono rapidamente anche perché Carlo dimostra una certa dimestichezza con questo tipo di progressione e, una volta gettate le doppie, ritorniamo altrettanto velocemente alla base della struttura.
Il tempo intanto è volto al brutto: le nuvole, fattesi ancora più minacciose, ci consigliano di rinunciare a salire un’altra via e così, considerato l’orario, decidiamo di chiudere la giornata al Sasso Remenno. Cercherò di placare le mie ambizioni l’indomani, nella speranza di avere ancora un valido allievo e confidando in un tempo più clemente.
Ma come si suol dire: “non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca” e così domenica mi ritrovo con due ottimi allievi (Marco e Andrea) ma con le vie della Valle completamente zuppe per l’acquazzone notturno.
Questa volta sono con l’Ale (The Machine) e Francesco; nonostante le condizioni delle pareti, decidiamo di gettare comunque un occhio all’Alba del Nirvana. Stomaco Peloso è un’unica colata bagnata almeno nella sua parte bassa e quindi non ci resta che rinunciare ai nostri obiettivi (anche se, ad onor del vero, una cordata si trova già oltre la prima parte della struttura). Proseguiamo alla volta di Tunnel Diagonale e quindi Cunicolo Acuto: non che abbia molta voglia di infilarmi in quel budello però, considerata la situazione, è comunque meglio che ridursi a qualche tirello al Sasso. La situazione, nostro malgrado, si ripete nuovamente: pareti gocciolanti e difficilmente salibili con un corso.
Ma l’Ale estrae il classico asso nella manica e ci porta alla base della Crepa del Bamba, un estetico monotiro in fessura interamente da proteggere. La sorte finalmente ci è amica: ad eccezione del primo tratto, la via è completamente asciutta. Sono un po’ preoccupato, ma alla fine cedo all’offerta e, caricatomi di una bella dose di friends, inizio la mia scalata. La prima parte di per sé non sarebbe neanche troppo dura, ma le scarpette che lavorano su uno strato d’acqua non è danno molta fiducia. Affidandomi però alle mie “possenti” braccia e alla buona fessura, raggiungo la base del tratto impegnativo. Qui la natura ha giocato al meglio delle proprie possibilità edificando un muro ripido solcato da una netta e perfetta fessura verticale. E’ un gioco di incastri e d’equilibrio: qualche appoggio piccolo c’è e, aiutandomi con i friends, guadagno lentamente metro su metro. Il sole, nel frattempo, getta uno sguardo da dietro le nuvole regalandoci condizioni degne della foresta pluviale. Sudando a più non posso e smagnesando a ripetizione raggiungo la sosta finale: gran bel tiro, ma bisognerebbe avere un livello un po’ più alto...
Lasciati divertire (!) i tre allievi e dopo che l’Ale ha recuperato le protezioni, decidiamo di ritornare al Sasso Remenno: ancora monotiri fino all’ora del rientro, tutti rigorosamente saliti col caschetto indossato. Mi sento un po’ sfigato ma, soprattutto, profondamente e visceralmente caiano!
Cavallo Goloso
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