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DONNA MATHILDE – PIRAMIDE CASATI

domenica 01 luglio ‘12


Dopo i fallimenti del week end scorso e di sabato, sento il bisogno di salire una via nella speranza di mandare all’aria la regola del “non c’è due senza tre”. Al parcheggio sotto la Grignetta sono però in completa solitudine: i soliti compagni d’avventura, chi per un motivo chi per un altro, mi hanno dato buca ma questo non è certo un motivo per mandare all’aria un’altra giornata soleggiata. Morale: ho caricato lo zaino all’inverosimile con due corde, rinvii, moschettoni e qualche friends, giusto per ricordare alle mie spalle la sfacchinata di ieri: il week end dello Sherpa! Punto deciso alla Piramide Casati con la quale ho un conto aperto dal 2004 quando il tentativo di salita con Lorenzo aveva portato al mio volo con conseguente rottura del polso. Da quella volta codardamente e con un certo spauracchio, non ho più osato avvicinarmi alla parete ma poi il desiderio di calcare quelle rocce, risalire da quegli appigli è diventato sempre più forte e, alla fine, sfocia nel progetto di una salita in solitaria.

Fa caldo ma non c’è l’afa della Bregaglia e così il ritmo è piuttosto sostenuto. Quando arrivo in vista della nord ovest della Casati, due cordate si stanno preparando per partire. Mi viene come un nodo alla gola: improvvisamente la mia spavalderia vacilla, quell’ammasso di roccia mi pare eccessivamente verticale e, improvvisamente, i piani sembrano saltare. Per il momento comunque mi accontento di aspettare e osservare l’evolversi dei fatti: ho intenzione di lasciare campo ai quattro alpinisti per poi vedere che fare. Mi giungono le voci delle due cordate e, con una certa sorpresa, mi sembra di riconoscerne una. Resto in ascolto e il dubbio si dissolve: quello è Antonio, della scuola di alpinismo del Cai di Como! Raccatto le mie cose e in un attimo sono alla base: insieme ad Antonio c’è Paolo, della scuola di sci alpinismo di Como e i due acconsentono volentieri ad accogliermi nella cordata.

Saliamo alternati le tre lunghezze della via e, al termine del secondo tiro, ritrovo il punto dov’ero caduto: ricordavo però una distanza decisamente superiore tra la sosta e il primo spit della Magni anche se, a dire il vero, ho il forte dubbio che avevamo sostato un po’ più in basso; le cenge poi mi parevano molto più pronunciate e la parete mi sembrava digradasse molto più dolcemente verso il basso. La realtà ha una dimensione ben diversa, come rimpicciolita; il tratto verticale da cui era iniziata la caduta sembra poi decisamente ammanigliato e proprio non riesco a capacitarmi come sia stato possibile cadere: dev’essere che ero veramente scarso! Lascio da parte un certo timore e mi preparo per l’ultima lunghezza, un bel muro verticale con un tratto leggermente strapiombante sul finale, che dovrò affrontare da primo. La roccia è decisamente di ottima qualità e l’arrampicata entusiasmante: se fossi rimasto da solo non avrei certo potuto godere di questa salita, accontentandomi invece della Magni. Decidiamo di salire anche il tiro che ci permette di raggiungere la cima del torrione da cui poi scendiamo per il tortuoso tracciato della normale; è ancora presto ma decidiamo comunque di scendere verso valle e così lo zaino torna, per l’ennesima volta, a maciullare le mie povere spalle.


Cavallo Goloso


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