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SAN TOMASO – TRIANGOLO LARIANO

domenica 29 marzo ‘15


Il periodo per andare in Valle è arrivato ma io, dopo la salita alla Bondasca, mi sento demotivato: non ho voglia di alzarmi ancora ad orari allucinanti, mettermi in auto e poi andare a cercare un attrito adrenalinico su qualche placca spalmante. Detto questo, non è comunque possibile starsene con le mani in mano e così riesco a convincere Micol ad andare a fare due tiretti alla Corna Rossa con la promessa poi di sgranchire le gambe verso i corni di Canzo. Normalmente un tale proposito sarebbe stato ripetutamente e continuamente rimandato, almeno fino a non aver raggiunto un numero di lunghezze ritenuto sufficientemente adeguato ma questa volta le cose vanno diversamente. Infatti, mentre lungo l’avvicinamento Micol sembra godere di un particolare stato di grazia, il sottoscritto si sta buttando ad ampie falcate verso il baratro del tracollo finale. Intanto la piccola falesia si concede totalmente solo per noi e così, dopo il classico tiro di riscaldamento, iniziamo ad alzare il livello prima con un 6a+ e quindi con un 6b: nel primo caso arranco con movimenti da ippopotamo per poi arenarmi completamente sulla lunghezza più dura riuscendo a guadagnare la sosta solo grazie a una decisa mungitura. Micol invece risolve entrambi i tiri senza troppi problemi; mi mangio le mani: se avessi lavorato più insistentemente sulla mia volontà, forse oggi potevamo ambire a qualcosa di ben più caiano e appagante! Pazienza, almeno manterrò fede alla promessa: carichiamo quindi gli zaini con tutto il materiale ottenendo due specie di macigni da spedizione e lasciamo la parete per rivolgerci alla comoda e affollata mulattiera. Siamo come due salmoni che risalgono la corrente formata da una fiumana di passeggiatori domenicali. Il nostro armamentario è quantomeno ridicolo: visti da dietro dobbiamo apparire come due immensi zaini da cui spuntano altrettante paia di gambette, le mie poi ridicolmente coperte con un paio di pantaloni da fricchettone buoni forse per una festa anni ‘90! Mancherebbero solo gli scarponi da ghiaccio e poi saremmo al completo, stonati come un pugno nell’occhio! Nonostante il volumetrico carico, saliamo con certa leggiadria tanto che Micol, sulla scorciatoia finale, inserisce il turbo facendomi mangiare la polvere mentre arranco dietro lo zaino arancione saltellante. Le nostre ambizioni comunque terminano poco oltre, appena superata la chiesetta di san Tomaso e raggiunto un prato poco lontano dalla cagnara riminesca. Liberati momentaneamente dalla massa gravante e ripreso un briciolo di fiato, come fossimo incatenati al suplizio di Sisifo, iniziamo a rotolare verso valle seguendo le nostre recenti tracce.


Cavallo Goloso


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