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PASSO SAN GIACOMO – VAL BEDRETTO

domenica 25 settembre ‘11


Sono teso, non sono sicuro del giudizio della giuria e questa sensazione non può rincuorarmi sul destino del nostro assistito. Abbiamo condotto un’impeccabile linea difensiva, insinuando il dubbio sull’attendibilità dei testimoni e sull’integrità del pubblico ministero ma poi l’errore finale potrebbe avere distrutto la nostra torre d’indizi e dubbi come fosse un fragile castello di carte. Non mi importa del destino del derelitto, quanto di quello del mio maestro che tanto mi ha insegnato in questi anni: se l’imputato sarà assolto, verranno da valli lontane a chiedere il nostro aiuto, altrimenti verremo indicati come incapaci a salvare un’anima dalle grinfie del maligno e per noi verrà il tempo di migrare laddove non giungono le malelingue. Tutto è iniziato cinque giorni fa, il 20 settembre dell’anno 1300, quando quella strega della domestica della vittima ha mosso le sue accuse verso il nostro assistito. Da allora non abbiamo chiuso occhio nella speranza di tirare fuori dall’impiccio il povero accusato e far si che il borgo mastro potesse reputarlo innocente. Sono stati giorni intensi in cui non abbiamo chiuso occhio e ora, un po’ come si attende il primo germoglio, restiamo tutti in trepidante attesa in compagnia di un estenuante silenzio.

È sicuro che difficilmente con l’alpinismo giovanile ci si possa annoiare. La meta di oggi è il passo san Giacomo in val Bedretto, in una zona un tempo abitata e frequentata dalle popolazioni Walser. La giornata è insolitamente calda: l’estate, dopo essersi presa una lunga vacanza nel mese di luglio, sembra aver deciso di recuperare il tempo perduto mentre i primi colori dell’autunno cominciano ad anticipare la stagione che verrà.

Camminiamo rapidamente verso il passo in ordinata fila indiana; i numerosi cespugli di mirtilli sono oramai completamente vuoti e così lascio in un cantuccio la prospettiva di una ghiotta scorpacciata. Nonostante la salita, siamo già immersi nel gioco della giornata: in un villaggio Walser, la sera del 20 settembre 1300, viene rinvenuto il cadavere di una ricca vedova. L’unica testimone del misfatto è la domestica che avrebbe udito discutere la padrona con un uomo che poi sarebbe fuggito dalla finestra della cucina. Ognuno interpreta un personaggio e, al sottoscritto, è affibbiato il compito di assistente dell’avvocato difensore. Per tutta la salita confabuliamo sulla nostra linea difensiva, cercando di prevedere possibili domande che potrebbero smontare le nostre tesi. Parliamo a fondo con il nostro assistito che ci rivela importanti informazioni che potremo usare a nostro vantaggio. La situazione, insomma, ci sembra rosea, forse eccessivamente semplice e pertanto studiamo meglio i fatti. In fondo siamo nel 1300 e dobbiamo cercare di calarci nella parte. La domestica è anche una ragazza madre e, pertanto, non poteva certamente essere ben vista dal resto del villaggio: nulla di più improbabile che venisse indicata come peccatrice e considerata invisa agli occhi di Dio. Ovviamente non ci facciamo perdere l’opportunità e da lì al sostenere che potesse essere una strega, il passo è decisamente breve. Insomma, ci sentiamo in una botte di ferro e rincuoriamo il nostro assistito mentre concordiamo la nostra parcella (il suo succulento pranzo).

Il processo si avvia nel migliore dei modi almeno fino al momento in cui scopriamo che alcune informazioni forniteci dallo stesso assistito sono in realtà erronee: come volesse sfidare il patibolo, è riuscito a remarci contro con astuta perizia! La situazione è quindi piuttosto insolita con i due male informati avvocati che cadono dal pero mentre alcune loro inoppugnabili tesi si squagliano come neve al sole. Ma dal momento che siamo i migliori sulla piazza, riusciamo abilmente ad evitare di far bruciare la frittata facendo vacillare l’attendibilità dell’accusa. Vero è che la legge non ammette ignoranza ma, evidentemente, sia io che il mio collega non abbiamo seguito a fondo Perry Mason perchè, proprio durante l’arringa finale, estraiamo dal cilindro la prova che avrebbe dato lo scossone decisivo all’intero processo. Pensando così di folgorare la giuria, veniamo invece profondamente scottati e, quello che doveva essere il nostro asso nella manica, ci va invece di traverso!

L’attesa è snervantemente infinita ma poi la giuria torna in aula; la tensione è palpabile e aleggia nell’aula rendendo il clima pesante. Sudo freddo. Tra i presenti cala un opprimente silenzio come le nubi prima della tempesta. C’è elettricità nell’aria. Il presidente si alza srotolando il foglio della sentenza e inizia la sua lenta lettura: paradossalmente, ridando libertà alle parole fissate nell’inchiostro, potrebbe decretare la definitiva prigionia del nostro assistito. Dalla nostra bocca non esce alcun grido di gioia ma siamo comunque soddisfatti: la giuria non è giunta ad un verdetto unanime concedendoci una vittoria di Pirro ma almeno il seme del dubbio è riuscito a dare il suo frutto!


Cavallo Goloso


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