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ONNO, CONCA DI CREZZO – TRIANGOLO LARIANO

domenica 13 dicembre ‘20


Primo giorno in cui siamo gialli ergo in cui possiamo uscire dal comune e evitare di fare i criceti sulle colline intorno a Como. La nuova libertà però ci spaventa: è come se avessimo vissuto dentro una gabbia e ora che le sbarre si sono alzate, abbiamo paura di quello che sta di fuori; il risultato quindi è che poltriamo ben oltre quello che un vero caiano riterrebbe accettabile. O forse questa è solo una scusa e la verità è invece quella che la pigrizia si è attaccata alle nostre chiappe e non ne vuole sapere di scrollarsi di dosso? Alla fine comunque apro gli occhi, passo qualche attimo a fissare il soffitto per poi rotolare giù dal letto e salutare il nuovo giorno che sta già correndo all’impazzata. Ovviamente non abbiamo pianificato nulla così prima che anche lo Yedi abbia impresso la forza necessaria alla Jo per sgusciare dal caldo infernale del piumone e scaraventarsi nel gelo tropicale della camera, mi metto a scartabellare le guide per trovare uno spunto. La Svizzera è scartata perchè tra tutti questi arcobaleni non ho mica capito se si possa varcare il confine o se, una volta messo piede nella confederazione, verremo incatenati e gettati in qualche umida segreta a scontare non si sa bene quanto tempo di quarantena. Poi elimino tutte le proposte con dislivello a 4 cifre: potremmo quasi fare colazione con gli spaghetti e alle 5 bisogna avere gli occhi felini per poter vedere qualcosa, così scovo un giro ad anello sull’altro ramo del lago di Como, proprio di fronte alle Grigne che ora sembrano una montagna himalayana. Detto fatto, dopo aver nuovamente semi sbagliato strada, ci troviamo alla nostra quota 0, il pontile di Onno a cercare la “caratteristica” via Rusconi. Queste almeno sono le parole della guida che però dimentica di spiegare cosa debba avere di particolare questo viottolo se non forse il fatto che poco lontano si trovi Valmadrera paese natale dei famosi fratelli omonimi della fantomatica stradina: il dubbio che quello sia quindi l’anticamera per un’epica impresa sommersi sotto montagne di neve me lo tengo rigorosamente in serbo. Scoviamo la via, una straducola che si addentra nel paese e iniziamo a salire fino all’imbocco del sentiero. Questo, più che un comodo percorso, si rivela un’opera di vera genialità inerpicandosi su per lo scosceso dirupo che si leva dalle profondità del lago come un getto di lava. Lungo la salita non incontriamo alcuna traccia nevosa ma, grazie all’esposizione che ci lascia camminare per lo più nell’ombra, potremmo quasi essere considerati come degli aspiranti apprendisti delle imprese di quelli di Valmadrera. Intorno invece l’astro illumina le montagne che si affacciano sulla parte alta del lago e che indossano la loro migliore veste invernale mentre le Grigne si godono il tepore dei suoi raggi. Sarà forse anche per questa scelta dal lieve sapore masochistico che non incrociamo anima viva eccetto per un camoscio che ci passa poco sopra evidentemente domandandosi chi diavolo possa essere a sbuffare così rumorosamente. In cima finalmente riusciamo a far scrocchiare le nostre scarpe sui rimasugli dell’ultima nevicata fatto che deve favorire ulteriormente il congelamento dei pochi neuroni rimasti vigili con conseguente errata individuazione del sentiero di discesa. La divagazione, per nostra fortuna, si traduce in un breve giro circolare tra le case della zona di Barni prima che la Jo mi tolga le fette di salame dagli occhi e mi conduca sulla diritta via, un sentiero che dopo aver girovagato un po’ di qua e un po’ di là tra i macabri alberi spogli del bosco, si fionda a capofitto per una mulattiera che pare una rampa di lancio verso il punto di partenza.


Cavallo Goloso


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