racconto dei monti di lenno e monte di tremezzo, lario (como, lombardia)


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MONTI DI LENNO E MONTE DI TREMEZZO – SPONDA OCCIDENTALE DEL LAGO

domenica 23 novembre ‘14


In realtà non avevo compreso a fondo le intenzioni del Boris, avevo pensato ad una passeggiata tranquilla, su comoda mulattiera e invece ci troviamo a seguire i ripidi crinali delle montagne sopra il Lario. Tutto sommato però, la sorpresa mi risulta più che gradita, forse un po’ meno a Micol e a mia mamma

La giornata non inizia nei migliori dei modi: la fidata Punto fa le bizze, diventa recalcitrante, si muove a singhiozzi e il tachimetro non si sposta dai 50 km orari. Urge cambio vettura e poi passaggio dal meccanico. Così mi trovo a guidare l’auto dei miei: cambio automatico con annessa sensazione di avere sotto il sedere un mezzo che vada un po’ dove vuole lei. Nonostante tutto arrivo all’alpe di Colonno e mi libero del disagevole vettore. A quel punto iniziamo la nostra cavalcata verso l’apparente lontanissimo monte di Tremezzo. Iniziamo con una discesa: anche domenica scorsa si era partiti scendendo, che stia diventando un vizio? Poi puntiamo diritti ai monti di Lenno. Di sentiero neanche a parlarne e il pendio è piuttosto ripido, così pensiamo di aggirare l’ostacolo prendendo una mulattiera che sfugge verso sinistra. Questa però si rivela ben presto una vera via di fuga che svicola intorno alla montagna nell’esatta direzione opposta alla nostra. Ci tocca. Lasciamo il comodo tracciato e iniziamo ad ansimare su per la riva erbosa. Ovviamente ognuno ha il suo ritmo: chi sale il più veloce possibile per preparare le munizioni nevose da lanciare sugli ignari e tranquilli ritardatari, chi invece cammina piü tranquillamente senza immaginare il prossimo bombardamento aereo! Poi bisogna scendere dal crinale opposto, un piccolo esempio di caianesimo causa rimasugli delle nevicate della scorsa settimana. La traccia è schiacciata e battuta e lo strato sufficientemente bianco per coprire il prato ma non così tanto da formare una sicura trincea. Insomma, il percorso è il classico tracciato scivoloso da percorrere in velocità e scioltezza perchè, ad irrigidirsi, si rischia ancora di più di scivolare con le gambe all’aria. Alla fine scendiamo con eccessiva prudenza così che poi l’idea di salire al Calbiga si dissolve immediatamente. Imbocchiamo allora la comoda e regolare strada asfaltata che, riparata dai monti a sinistra, si affaccia sull’orlo del prato che precipita verso il lago. Camminare torna ad essere, per i più, un piacevole passatempo ma il sottoscritto vede porre fine alla possibilità di sfogare l’istinto caiano mentre segue il nastro d’asfalto con il rifugio Venini sempre più vicino.

Il profumo è una gradevole tentazione ma, per prevenire ogni possibilità di peccare, ho lasciato il portafogli in macchina: passo così in mezzo ai tavoli che si aprono sui lati della mulattiera sfoggiando il massimo dell’indifferenza possibile. Mi aspettano ben due prugne e un arancio insieme ad una fetta di torta, posso ben sopperire alla mancanza della succulenta, fumante e sgocciolante polenta al formaggio o del profumato vassoio variegato di salumi freschi di taglio o ancora della salsiccia che cola grasso fuso dal grossolano impasto!

L’attenzione è tutta rivolta a quel che sarà il dopo: tiriamo avanti con la marcia e, alla fine, forse un po’ inaspettatamente ci troviamo in cima al monte di Tremezzo. Due vette in una giornata! Forse si insinuerà che non sono due Everest ma resta il fatto che trattasi di due cime da cui si dominano perfettamente il Lario e il Ceresio. Del lago di Como si riesce a vedere quasi tutto il percorso: dal ramo comasco fino su in cima, all’imbocco della Valtellina, passando per quello lecchese. Del lago di Lugano riusciamo invece a scorgere la costa di Porlezza. Intorno a noi si erge poi una moltitudine di bianche vette che stimolano e rafforzano la voglia di sci. Ci lasciamo imbambolare dal paesaggio finchè ci accorgiamo che l’ora del rientro è arrivata: non ci rimane che lanciarci sul crinale e poi lungo la mulattiera, in lotta con il sopraggiungere delle tenebre che l’ha vinta solo quando abbiamo già superato l’alpe di Boffalora.


Cavallo Goloso


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