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QUOTA 2734 (PARPEINAHORN) – RHEINWALD

sabato 27 gennaio ‘18


L’idea di trovarmi alle 7:30 non mi dispiace affatto: forse potrei recuperare qualche minuto di sonno ma alla fine i migliori propositi sfumano e così rimango col mio debito che, prima o poi, dovrò decidermi a estinguere. In realtà infatti non abbiamo grandi ambizioni se non quella di passare un po’ di tempo in auto e valicare la cresta delle Alpi scappando così dalla perturbazione che staziona dalle nostre parti. In effetti il raggiro meteorologico da i frutti sperati e, dopo esserci persi la giusta uscita dell’autostrada, raggiungiamo finalmente Mathon sotto un sole già alto nel cielo. L’altro grosso problema diventa quindi quello di trovare un posto per l’auto in un parcheggio selvaggiamente occupato da civilissime auto teutoniche che considerano le strisce bianche tanto quanto il sottoscritto la monodose di Nutella: il Denny prova comunque a infilarsi nel pertugio ma, a meno che la sua auto non subisca l’effetto di un capo di lana dopo un lavaggio sbagliato, l’impresa ha dell’impossibile. Non ci resta quindi che lasciare l’auto sull’altro lato della strada, sperare di non trovarvi poi sopra un costoso e poco simpatico fogliettino e poi finalmente iniziare a risalire il pendio. La neve lascia già a desiderare, un po’ per l’esposizione e l’incessante martellamento del sole, un po’ perchè lasciamo dietro di noi una bava di liquidi simile a quella di una lumaca tanto che non manca molto perchè mi ritrovi a fine gennaio in maglietta. Poi la massa bianca inizia ad affezionarsi alle mie pelli, ci si avvinghia come una cozza e io mi ritrovo con una zeppa sotto lo sci. Risolto l’inconveniente e spalmata una buona dose di sciolina posso finalmente riprendere la marcia e scoprire, poco sopra, l’ultimo regalo di giornata: questa dev’essere la cima delle donne ma non piacevoli e suadenti nordiche quanto piuttosto vichinghe da squadra di rugby con una volumetria doppia della mia! In ogni caso sono qui per sciare e non per fare altro e così spingo ancora più rapidamente sugli sci scappando da eventuali istinti razziatori fino a superare l’ultimo risalto per poi seguire la docile cresta fino al punto più alto.

La discesa, almeno per gran parte, non si rileva poi così malaccio anche se la neve non è certo la piacevole farina dello Stellibodenhorn mentre riesco a misurarne il grado di freschezza un paio di volte rispettando il principio personale che, se non cado, significa che non sto spingendo! La scampagnata ci riporta quindi all’auto verso l’ora di pranzo e nuovamente in Italia che sono da poco passate le 3. A questo punto i transistor del cervello iniziano ad elaborare dati e informazioni perché perdermi il paio d’ore che mancano al calare del sole mi pare proprio un vero peccato così, spinto anche dall’invito pomeridiano del Gughi, mi ritrovo sugli strapiombi di Carate a mantenere caldo il livello da FF.


Cavallo Goloso


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