racconto del marnotto, valle albano (como, lombardia)


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MARNOTTO – SPONDA OCCIDENTALE DEL LARIO

sabato 02 marzo ‘13


Sono indeciso tra sciare o scalare e alla fine provo a fare entrambi, sperando di sfruttare la nevicata dello scorso week end. Il tutto si prefigura come un ritorno alle origini: mi accordo con Lorenzo per lo scialpinismo e con Guido e C. per raggiungerli in falesia a Mezzegra, sperando così di assecondare entrambi gli ambiziosi desideri. Certo che forse, col senno di poi, avrei dovuto anticipare un po’ il ritrovo ma, confidando in una salita rapida, mi accordo per trovarmi alle 8 con Lorenzo e partire alla volta del Bregagno. Siccome però questa è la montagna off limit, questa volta ci si mette il lavoro del sole che, avendo sciolto la maggior parte della neve sul versante a lago, ci costringe al piano B: la salita del Marnotto.

Quando raggiungiamo il parcheggio, troviamo solo un buco per la macchina mentre in alto si stagliano i profili di altri scialpinisti ben più mattinieri di noi. Ricordo abbastanza bene il percorso lineare per averlo già affrontato nel 2008 e così mi metto davanti a condurre. Con passo deciso, seguo la traccia per poi abbandonarla quando questa inizia a piegare troppo a destra scoprendo così una neve già ampiamente trasformata dal sole e che non lascia presupporre nulla di buono per la discesa. In ogni caso superiamo il primo terzo del percorso con un tempo che lascia ben sperare per il resto della giornata anche se i primi dubbi nella pianificazione iniziano a fare capolino. Nel frattempo, rientrati rapidamente sull’evidente traccia che semplicemente ha svicolato da un tratto un po’ più ripido, faccio passare davanti Lorenzo mentre, tra una parola e l’altra, il ritmo si trasforma in quello di una piacevole scampagnata.

Incrociamo così chi ci ha preceduto, già impegnato sul percorso del rientro mentre la neve si fa ora più polverosa e accattivante. Con la quota anche l’ambiente si fa più interessante mentre l’Everest-Legnone si staglia dietro il crinale che sale al Bolettone. Messa quindi da parte ogni ambizione arrampicatoria, mi viene una mezza idea: seguire la cresta e raggiungere la vicina e inaccessibile vetta per poi scendere lungo il versante nord e ricongiungerci con la traccia di salita.

Intanto, finalmente, il pendio cessa di salire e noi ci ritroviamo sul punto più alto quando sono già passate le due: la cresta che ci separa dal Bolettone resta quindi un mero progetto mentre leviamo le pelli e ci prepariamo per la discesa. La neve è una polvere un po’ appesantita dalla calura di inizio marzo ma, lungo il primo terzo, permette di lasciare correre agevolmente i legni zigzagando tra un cristallo e l’altro. Solo il suo spessore, di tanto in tanto, ci mette lo zampino: l’inconsistente manto non poggia infatti su un fondo abbondante con la conseguenza che, ogni tanto, le lamine levano uno strido mentre grattano sui sassi appena nascosti. Entriamo così nel secondo terzo dove la neve diventa decisamente cattiva, con un’inconsistente crosta che si spezza al nostro passaggio; in men che non si dica, passiamo dal divertente zig-zagare ad una corsa diagonale quasi fossimo sul bob! Gli sci saltellano così sul manto irregolare mentre mi domando per quanto ancora potrò rimandare la curva successiva finchè i nodi vengono al pettine: come fossi seduto su una sdraio, concludo quelle che dovrebbero essere definite delle curve riuscendo così a scrollarmi di dosso l’orribile tratto crostoso. Ora solo lo slalom tra i numerosi arbusti e brevi tratti di prato ci separano dalla conclusione della peggior sciata della stagione.


Cavallo Goloso


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