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PONCIONE D'ARBIONE – VALLE LEVENTINA

domenica 07 gennaio ‘24


- Ravanage! - L’urlo è come musica celestiale per le mie orecchie. La voce soave e melodiosa degli arcangeli mi turbina nelle orecchie mandandomi in estasi. Solo che questi arcangeli, al posto delle ali, hanno un paio di baffoni, pantaloni alla zuava e alpenstock! - Ravanage! - Se poi chi lancia il grido di battaglia e conquista non è il solito amico caiano invasato ma la Laura, raggiungo e supero Karma, Nirvana, Beatitudine e chi più ne ha più ne metta. Avevo scritto che si era fatta rapire dal Caianesimo, ma salire agli onori dei Padri Fondatori, beh, questo proprio non me lo sarei aspettato, almeno in un lasso temporale così breve. D’altra parte, viste le condizioni meteo, avrei fatto volentieri una capatina all’Urban, giusto per tirare un po’ di plastica con la corda e non solo fingendo di fare circuiti che, immancabilmente, mi spediscono a terra come fossi sotto una valanga di pugni di Tyson. Ma per la Laura, purista dell’andare in montagna, questa è un’opzione assolutamente non percorribile. Un po’ mi rivedo da giovane: meglio vento, freddo e neve piuttosto che fare lo scimpanzé in una gabbia. Così provo a mettere insieme la carta meteo con quella del pericolo valanghe e il risultato è che potremmo andare al Boletto. Solo che lì la neve non c’è e la Laura è stata abbastanza categorica: si va a pellare! Così torno a studiare e provo a passare gli esami di riparazione. Ci sarebbe il Foish ma l’ho già fatto e non ho voglia di ripetermi. Le piste di San Bernardino? Hanno riaperto gli impianti: potrebbe non essere piacevole risalire contro i pazzi scatenati che credono di fare Paris come secondo nome. E allora mi tocca tornare sui libri o, meglio, sulla cartina e così, alla fine, trovo una possibile soluzione, il poncione d’Arbione che, probabilmente, rientrerà nel palmares delle salite di 3 o 4 scialpinisti tutti residenti nei dintorni di Airolo. Guardo la carta della neve, incrocio le dita, accendo il cero sotto l’immagine votiva di Quintino e mi affido al destino.

La strada sale, il contachilometri del navigatore sta completando il conto alla rovescia per l’arrivo ma dell’elemento bianco c’è ben poca traccia, forse il giusto per far sembrare i prati spolverati da una manciata di forfora. Scoviamo il parcheggio mentre fuori turbina qualche fiocco. Troppo pochi per sperare che l’altezza del manto raggiunga un livello sufficiente. - Che facciamo? - guardo la Laura piuttosto sconfortato ma lei sembra mantenere ancora alto il livello di voglia. Guardo ancora fuori, completo due ragionamenti e poi - Va beh, tentiamo… Tanto siamo già qui - Infiliamo gli scarponi, prendiamo gli sci e partiamo riuscendo ad inforcare i legni appena fuori dal paese. Ma non è tutto oro quello che luccica: scendere da questa proto-stradina non sarà per nulla divertente e intanto, mentre cerco sempre più di convincermi che questa sia una gita scialpinistica, inizio ad intravedere tracce di sci! Incredibile come il cervello riesca a riprodurre ciò che vuole la nostra immaginazione! Forse anche la Laura è solo frutto delle mia mente e in realtà sto vagando con un ectoplasma? Non credo proprio: non saprei altrimenti come spiegare chi faccia sparire le scarne vettovaglie. Arriviamo così alla diga del Ritòm e qui c’ho un altro grosso punto di domanda: dove diavolo va il sentiero? Guardo la traccia sulla carta e le nebbie che ovattano tutto. - Vedi qualche segno? - La neve è intonsa da ogni dove e la Laura è in una specie di estasi. Poi vedo il roveto ardente che non si consuma: è il segno del Cainesimo che i pagani leggono solo come due tracce di vernice bianca e rossa. Inizio a battere nella farina: gli sci sprofondano tra gli alberi e la Laura mi segue infatuata. Procediamo come avessimo una bussola incorporata: ogni tanto sbircio i suggerimenti sulla carta ma alla fine il bosco si fa più rado e, su uno sfondo altrettanto bianco, scorgiamo il crinale. Quando ci arriviamo tutto quello che ci accoglie è un vento pungente che spara spilli sulle guance. Il livello di incanto della Laura cresce esponenzialmente. Iniziamo a seguire il crinale e lì la Laura si trasfigura definitivamente - Ravanage! - L’urlo di battaglia rompe il sibilo che si accompagna agli aghi mentre continuiamo su una neve che fa a dir poco pietà. Individuiamo la vetta ma diventa anche sempre più evidente che quella resterà là e noi qua: proseguire non ha molto senso (e a quel punto ci si potrebbe chiedere se lo avesse avuto arrivare fin lì) e così giriamo i tacchi e ci prepariamo per scendere. Sciare è un’altra cosa: qui i pendii troppo dolci e intasati da una montagna di polvere sono un freno per i legni e quindi è meglio curvare il meno possibile e lasciarli correre finchè arriviamo poco sotto una breve risalita. E qui scatta il genio che c’è in me. Guardo la carta - Potremmo scendere per questa valletta, dove passa il fiume e arrivare al lago - La Laura è in visibilio e noi ci infiliamo nel budello. Il massimo del ravano. - Ravanage! Ravanage! Ravanage! - diventa una specie di urlo di battaglia. Passiamo tra gli arbusti, ogni tanto di qua, ogni tanto al di là del torrente. Ogni volta temo che il ponte di neve possa crollare e io fare il pesce. Poi, finalmente, intravedo il lago. Lo raggiungiamo ma, a quel punto, è chiaro che dovremo ripellare un poco ma la Laura ha sempre il sorriso stampigliato in volto come fosse in un tabellone pubblicitario. Poi prendiamo la stradina: perdiamo quota rapidamente e, nonostante le previsioni più nere, riusciamo a correre sugli sci fino al paese perchè abbiamo tenuto alto l’onore del Caianesimo e quello ha aiutato i suoi figli sotto il richiamo del ravano!


Cavallo Goloso


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