RIFUGIO MARCO E ROSA – VAL MALENCO
sabato 07 ottobre ‘23
Sono accucciato sotto uno strapiombo, su una cengia leggermente spiovente ricoperta di sassi. Subito sotto, sfruttando coi ramponi due fessure intasate di fango e terra, la mia socia risale la parete come se fosse normale scalare con quei ferri ai piedi. In fondo sarà già da un’oretta della sua vita che cammina con i denti sotto gli scarponi. Chi è il vero caiano tra i due? A me l’aquila si è stampigliata sul petto come un trasferello dopo anni passati a dormire sotto le coperte cartonate del ‘15 - ‘18 dei rifugi alpini. Lei forse ce l’ha innata. Del resto non è forse lei che voleva fare il Roma? E, se ci troviamo qui a quasi 3300 metri a contemplare un ghiacciaio agonizzante, è per una sua idea: raggiungere il Marco e Rosa. E allora la mia mente inizia a scaricare altro carbone nella fornace e il fuoco divampa mentre una serie di cime inizia a ronzarmi in testa. O forse è il sibilo dell’ennesimo sasso che la montagna ci spedisce come biglietto di benvenuto? D’altra parte abbiamo iniziato per primi noi perchè, visto che sono un caiano d’annata e da queste parti sono già stato, per quale motivo ripassare la relazione? Meglio affidarsi esclusivamente alla memoria, solo che quella a volte può essere come il vino e, se invecchia troppo, inacidisce. Così lasciamo il Caddy alle 5 avvolti nella notte; il sottoscritto ben riposato (per quanto poco più di 4 ore di sonno lo permettano), la Laura un po’ meno perchè, sostiene, il mio concerto in “ronf” maggiore era qualcosa di troppo emozionante da poter essere perso. I cartelli sono implacabili: 3 ore per la Marinelli e poi è meglio lasciar perdere. Ma tanto noi al rifugio mica ci dobbiamo passare! Il mio è un mantra che ripeto all’infinito, sicuro come un terrapiattista sulla forma del nostro pianeta. E la socia si fida, ciecamente ma poi imparerà a sue spese. Siamo quindi poco sotto la Marinelli - assolutamente da non raggiungere - (non vorrai mica perdere tempo prezioso?) quando prendiamo il bivio verso destra. Perfetto: tutto come nei miei ricordi! Il rifugio di là e noi per di qua! - Ci sono dei cartelli: non è il caso di andare a vederli? - La domanda è più che sensata ma, siccome la Terra è piatta, non vorrai dare retta alle chiare evidenze sulla sua sfericità? Meglio fidarsi di ragionamenti arzigogolati e insostenibili! - Non vorrai mica arrivare fin là? - rispondo alla socia indicando il palo con le indicazioni a ben 20, forse 30 metri di distanza lineare - Il sentiero è questo: alla Marinelli non dobbiamo passare - E ridagli a riempire il bicchiere con l’aceto. Già, questo è il sentiero ma per la Bignami! Solo che noi lo scopriremo solo tra un po’ di ore. Così seguiamo la traccia che taglia verso destra, tutto secondo le mie arrugginite memorie, finchè, dopo poche centinaia di metri, sentiero e segnavia sembrano volatilizzarsi nel nulla. Forse che siamo verso gli antipodi? - È chiaro che qui sia franato tutto: dobbiamo risalire! - e già: è come mettere una pertica di due metri verso l’orizzonte per dimostrare che il nostro pianeta è piatto. E Laura mi segue. Solo che, mentre risaliamo la morena verticale, questa si sgretola rovesciando massi e macigni verso valle: così noi abbiamo iniziato a scaricare e poi, più in alto, la montagna si divertirà a giocare insieme a noi. Raggiungiamo il crinale ma di segnalazioni nemmeno l’ombra: proviamo a cercarli, forse anche ad immaginarceli, ma la realtà è che qui non ci passa nulla e nessuno. Ma io continuo a ingurgitare il mio bel bicchiere d’aceto come se nulla fosse. Perchè dalla Marinelli mica si deve passare! Fortuna che almeno il radar dell’orientamento che ho in testa funziona. Quello, in genere, non fa cilecca. Superiamo un canalino e poi, su una specie di pianoro, un primo grosso ometto fa la sua comparsa. - Vedi? Ci siamo! - e la speranza che avevo iniziato a sotterrare sotto una pila di dubbi comincia a rifarsi viva. Al passo Marinelli rischiamo ancora di fare cilecca: c’è come una forza misteriosa che ci spinge verso la Bignami che poi sarà il mantra della Laura in discesa – This train is headed to “Bignami parco Nord” - ma il mio radar si mette a guerreggiare e alla fine la disarciona. Il ghiacciaio è decine di metri più in basso, agonizzante, una distesa ricoperta in parte di pietre che prova a resistere come il generale Custer. E la Marco e Rosa svetta sopra le “bocchette” - Roccette! Roccette! Si chiamano così: è un tratto di parete molto facile - provo a spiegare alla socia. Il passaggio dal mondo di ghiaccio a quello di roccia è quello che più mi preoccupa: vedo poco più avanti un dedalo di crepacci come cavalli di frisia e filo spinato a difendere la fortezza. Ci leghiamo poco prima di raggiungerli: avrei giurato che l’operazione ci avrebbe rubato una miriade di tempo ma in realtà in pochi minuti siamo già operativi. Il tempo lo abbiamo perso prima, perchè dalla Marinelli non bisogna passare! Seguiamo una flebile traccia che poi si perde tra i crepi. Ma io ho i miei affidabili ricordi da seguire: troviamo il passaggio tra i buchi e poi ci alziamo verso il canale ma delle catene nessuna traccia. La parete rocciosa ci guarda qualche decina di metri più in alto, raggiungo una cengia sotto il sibilo delle pietre: meglio girare i tacchi e rimandare l’impresa.
Cavallo Goloso
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