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ADULA – VALLE DI BLENIO

domenica 12 maggio ‘19


Al parcheggio non c’è nessuno: d’altra parte, se si hanno tutte le rotelle in asse, questa non sarebbe la giornata più indicata per salire l’Adula a meno di voler provare il kyte-scialpinismo, disciplina che peraltro potrebbe rivestire un certo interesse. Caricati gli sci attraversiamo quindi il lago mentre una calma sinistra ci avvolge un po’ come la massa di nubi che in lontananza copre le pareti. Oltre la diga facciamo la coppia dei sette nani e ci infiliamo nella galleria che dovrebbe portarci nella vallata parallela; all’uscita però è ancora la massa d’acqua della partenza a farla da padrone: decisamente le mie capacità d’orientamento ultimamente girano come un meccanismo grippato. Già nutrivo parecchi dubbi sulla riuscita della salita ma ora decisamente le probabilità crollano vertiginosamente. Così non ci resta che rifare gli orsi delle caverne, individuare la traccia che ci porti nella giusta galleria e vedere cosa ci aspetti dall’altra parte. Poi, finita la fase speleologica della domenica e sbucati finalmente dalla parte giusta, proviamo l’ebbrezza del Gregor kafkiano solo che la nostra metamorfosi ci trasforma da minatori a sacconi da box che Eolo si diverte a prendere a pugni. Noncuranti della situazione ci infiliamo quindi lungo il vallone col vento che a tratti letteralmente ci spinge in avanti finchè alcuni solitari fiocchi di neve iniziano a turbinare nell’aria. Ma noi ce ne freghiamo e continuiamo a divertirci a mettere e togliere gli sci finchè il manto nevoso diventa finalmente una massa continua e uniforme. Il fatto è che contemporaneamente anche le nuvole diventano un agglomerato senza soluzione di continuità dentro il quale dobbiamo per forza di cose tuffarci. La valle tutto sommato passa anche in fretta, direi quasi un’inezia rispetto all’infinita fenditura del Sissone e poi finalmente si inizia a salire. Il crinale piuttosto ripido è stato però perfettamente piallato costringendoci ad un faticoso lavoro di lamine e a continue inversioni che, a volte, sono una roulette russa con la forza di gravità. Intanto Eolo, tra una ripresa e l’altra, inizia pure a prenderci a calci mentre la massa grigia delle nuvole prova a fondersi col bianco della neve. Battuto Newton per il rotto della cuffia e dopo aver gestito il contenuto dell’otre del dio dei venti iniziamo ad intravedere la sagoma scura del rifugio Adula UTOE che gioca a nascondino col turbine di nuvole e neve. L’idea è quella di infilarci nel bivacco invernale e poi valutare la situazione così, dopo un passo di blocco per passare dalla scala alla finestra d’ingresso (!) che mi ripaga delle sessioni di boulder al Manga, mi ritrovo nella tranquillità della capanna. Uscire da lì e proseguire verso la vetta diventa come il momento prima del tuffo nell’acqua gelida così alla fine mi lascio convincere dal Gughi, il più assennato dei due, a levare le pelli e prendere la strada verso valle. Balzati fuori dalla finestra, torniamo sotto la mitraglia della neve e del vento e poi all’inizio del pendio che potrebbe essere quello della Streif. Chiaro quindi che fermarsi a metà sarebbe un sacrilegio bello e buono così, dopo che le lamine hanno terminato di azzannare il manto di cartongesso, siamo di nuovo alla base per poi riprendere l’entusiasmante tecnica del racchettare con Eolo che a tratti sembra volerci spingere sui nostri passi e marmotte incazzate con la sveglia che credono sia suonata quando i mesi della bella stagione siano già terminati.


Cavallo Goloso


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