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ZAMBO – WENDENSTÖCKE

sabato 12 settembre ‘15


Il Wenden dei poveri, la possibilità di capire che, se non ci si decide ad imparare a scalare, da queste parti si combina poco (per non dire praticamente nulla) però, anche solo mettere il naso da queste parti è come una potente boccata d’ossigeno. Guardare i compatti e repulsivi muri soprastanti è un duplice stimolo: ad allenarsi e a cagare!

Questa volta evitiamo il bivacco pre-scalata preferendo la soluzione sveglia caiana all’ennesima notte sotto le stelle. In fin dei conti, se non fosse per l’uscita di casa da licantropo, la scelta non si rivela malvagia e, oltretutto, ci permette di gustarci il panorama verso il Susten. Così, quando arriviamo al parcheggio sotto le pareti, il sole è già alto nel cielo e inizia a scaldare l’aria. Diamo un’occhiata al pilastro di Excalibur dove Antonio è ancora là ad aspettarci, restiamo a bocca aperta per lo sbarco di un’auto bernese tutta al femminile non tanto per la gnoccheria (a dire il vero piuttosto scarseggiante) quanto per il livello e lo spirito di sfida e poi, cercando di renderci invisibili, ci avviamo verso il nostro obiettivo. L’idea Wenden non è per nulla male, soprattutto ora che sono al cospetto dei torrioni ma il dubbio mi resta: non avrò fatto il passo più lungo della gamba? Sebbene ci provi, in fondo resto un caiano per cui la scala Welzenbach si ferma al VI grado e, anche se insisto, la veste da FF mi va stretta: appena posso, tiro il rinvio, staffo, cerco il ciuffo d’erba! Quindi: cosa ci faccio qui? Sarà il gusto della sfida che mi spinge su queste placconate o pregustare il sapore di una vittoria sofferta: praticamente sono le stesse emozioni del caianesimo, il punto d’incontro dei due acerrimi rivali! Così, alla fine, mi trovo all’attacco. Parte Cece che, dopo un passo iniziale enigmatico, sale rapido alla sosta dando il via alla mia scalata. La partenza è sul VI, quindi al limite superiore della scala di difficoltà ma, comunque, ancora al suo interno. Sui libri degli anni 60 si leggerebbe “estremamente difficile”. Una volta, da qualche parte, ho scoperto che il VI grado lo fanno solo i migliori alpinisti e, comunque, per poco tempo perchè logora la mente. La mia oramai dev’essere una specie Hemmental! Chiamo a rapporto tutte le mie conoscenze per non dover già tirare il primo rinvio e così, in uno stato di ruggine avanzata, arrivo in cima alla lunghezza. Mi ci vuole un tiro da primo per capire che la scala Welzenbach in realtà può essere aperta verso l’alto: la roccia ovviamente è una goduria, una specie di opera d’arte. Saliamo senza grossi problemi fino ad arrivare al primo passo duro, praticamente un palo nel fondo schiena che riesco a chiudere in libera solo perchè ho la corda dall’alto. Poi è la volta di un’altra boulderata davanti la quale, questa volta, calo le mutande: tiro il rinvio e passo oltre ma sarà l’unico passo d’artificiale della via, niente male considerando che continuiamo ad entrare e uscire dalla scala delle difficoltà! Poi arrivano le rigole: il Wenden è famoso per queste specie di fessure scavate dall’acqua, una specie di orgasmo arrampicatorio per ogni avventore. Per me invece è il momento del panico: fortuna che ancora una volta la corda arriva dall’alto e così, leggero come una balena spiaggiata, passo in libera senza capire come Cece abbia fatto a godere di quell’ennesimo palo. Mi ci vuole l’ultimo tiro da primo per capirlo: in partenza, aggiro, per un breve e facile diedro caiano che mi ricorda la mia vera natura, il passo chiave dopo averlo inutilmente provato. Poi salgo verso le fauci del mostro, un’altra rigola. Ma farla da primo non è come salirla da due: chiaro, mi cago comunque sotto ma la situazione è quasi sotto controllo. Passo in libera e chiudo i conti con la via: l’ultima formale lunghezza spetta a Cece e, a quel punto, non mi dispiacerebbe provare a continuare, raggiungere la base di Millenium e provare qualche tiro. Forse però resta più saggio buttare le doppie e chiudere qui una giornata vincente sullo zoccolo della parete!


Cavallo Goloso


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