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TITTI E MARENA – CORNA DELLE CAPRE

domenica 03 dicembre ‘17


Mentre risalgo la strada verso Cislano, il morale sprofonda come Verne verso le viscere della Terra: la bianca polvere deposta ogni dove sogghigna senza nemmeno cercare di nascondere il piacere nell’averci messo i bastoni tra le ruote. Fiducioso, spero comunque di evitare il capottamento e mandare all’aria la giornata mentre imparo un’altra lezione del corso “non è mai troppo tardi”: oltre al vento, conviene guardare anche le previsioni nivologiche! Così continuo a scaricare i cavalli della Punto su per la salita finchè anche la strada abbandona il nero del nastro d’asfalto per mimetizzarsi nel candore invernale. Se in quasi 8 anni di convivenza il mezzo motorizzato ha imparato qualcosa, è il momento che mi mostri il suo spirito caiano! Così non mi fermo e continuo imperterrito a salire fino a riuscire a parcheggiare ad un tiro di schioppo dal sentiero che sale alla vicina parete.

Ma il destino è pronto a lanciare un altro fendente mentre il morale riprende la folle corsa verso il nucleo: la parete che ci sovrasta sembra un paracarro butterato di vegetazione, una lavagna invitante come quella dell’interrogazione a sorpresa, solo che vorremmo salirci sopra e non finirci dietro col berretto dell’asino! D’altra parte la guida è piuttosto chiara riguardo a quella che dovrebbe essere “una delle strutture più interessanti del bresciano”, spero quindi che assomigli alle mie lasagne: una specie di pasticcio impresentabile alla vista ma più che commestibile! Scoviamo allora il sentiero d’accesso e arriviamo proprio sotto l’attacco di un Salto nel Passato, un nome evocativo della sacra lotta con l’alpe. Come due adepti, ci ungiamo il capo e iniziamo a salire sfiorando il limite umano: è come entrare in un’altra dimensione, la roccia che sotto sembrava una specie di prato stempiato, si rivela invece incredibilmente sana e così raggiungiamo la cengia mediana da cui parte Homo Speleus Leggendaris Arrampicantibus. Accendo il radar caiano e parto per quella che dovrebbe essere la linea prescelta anche se la placca verticale mi pare ben più impegnativa di quanto dichiarato. Oggi però deve essere la giornata delle piacevoli sorprese: la parete si rivela butterata come una forma di Hemmental con tasche generose che mi sospingono verso la sosta impedendomi di precipitare verso il basso e sperimentare la dubbia tenuta degli spit della scatola dei cereali. Poi osservo Emma salire per la successiva placca grigia, superare un curioso antro che potrebbe sputare gnomi, folletti o un’anaconda e poi raggiungere la vicina sosta. Ora mi tocca il tiro chiave: non posso sfigurare, Fraclimb il Grande dovrà tirare fuori dal cilindro tutte le sue capacità da FF plasticaro (che è tutto dire!) evitando tassativamente di fare il salame in invecchiamento finchè, alla fine, ottengo anch’io il mio Silence. Solo che non mi ci vuole molto a capire che, va bene la strapotenza dovuta all’assidua frequentazione della palestra, il tiro appena superato non può certo essere un 6b+. Guardo in alto e mi pare evidente che il duro debba ancora arrivare. Ma siccome sono cavaliere (e coniglio) lascio inalterato l’ordine del capocordata e lascio quindi passare Emma: sfruttando le piccole e distanti prese, ben diverse dalle zanche del Fehrmann, inizia a scalare lungo la colata azzurra; la parete si impenna per poi imbizzarrirsi cercando di disarcionarla ma lei non desiste, tiene duro e alla fine si porta a casa il suo “Zitti Muti” mentre al sottoscritto non resta che farsi parancare su per la parete e sperare di riguadagnare i punti sulla via successiva.

Diamo un occhio alla guida e scegliamo quindi la successiva giostra Titti e Marena, una via poco più a destra dove gli spit non sono più quelli della scatola dei cereali o forse sono quelli delle confezioni supreme! Fatto sta che all’ultimo incredibile tiro, un piccolo viaggio nel cuore della concrezione marrone al centro della parete, ho l’occasione per sfoderare deltoidi e bicipiti; peccato solo che lo spettacolo resti intrappolato dalle fitte maglie del pile: sarebbe stato certamente un’interessante lezione di anatomia umana in presa diretta. E poi non ci resta che tornare nuovamente alla base della parete, ancora in tempo per dedicarmi al mio ultimo passatempo, investire quattrini nelle aziende produttrici di corde: dopo aver infatti tranciato le corde del Denny, questa volta incastro per bene le mie proprio sull’ultima doppia tanto che, alla fine, mi tocca lasciarle penzolare dalla parete visto che nel frattempo ci ritroviamo nelle stesse condizioni della dea bendata: lei accecata dalla maschera, noi dall’oscurità che ha fatto sloggiare la luce del giorno.


Cavallo Goloso


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