VIA DELLO SCUDO – TORRIONE RATTI
Il trittico del lungo week end si chiude con il tassello mancante, l’arrampicata! Ho già un’idea, un programma che in realtà ho pianificato da tempo e forse si è fortificato ulteriormente qualche giorno dopo Choco Muffins. Mi ronzava in testa l’immagine di una fessura su un torrione vicino al Ratti catturata durante la scalata ma poi, passando sotto la struttura, non ero stato più capace di individuare la linea. Forse ero stato preso da un abbaglio e quindi non me ne ero curato più di tanto già appagato per la nuova apertura. Ma ora la fame è tornata, la curiosità si è rifatta viva e, siccome comunque resta aperto il conto con la via dello Scudo, mi carico il saccone in spalla e volo in quest’angolo remoto della Grignetta. Il sentiero mi scivola sotto i piedi come la pista di partenza di un aeroporto sotto le ruote del velivolo: in meno di un’ora ho già chiuso la porta della mia stanza privata e sono alla base della parete. In giro non c’è nemmeno un anima, se escludiamo qualche capra da cui vedo di tenermi bene alla larga. Questa volta ho pochi dubbi sulla partenza e rapidamente mi preparo all’avventura con l’idea di concatenare più tiri possibili. Lascio quindi la base e inizio il mio cammino verso la vetta superando il muretto che si dimostra più semplice delle apparenze ma, d’altra parte, oramai sono forte e certe difficoltà le padroneggio come nulla fosse!
Ovviamente l’idea iniziale naufraga immediatamente: sono alla sosta e mi avanzano 4 o forse 5 rinvii: la fessura sembra interminabilmente infinita e così consiglio a me stesso di fermarmi qui e recuperare il materiale. Mai scelta fu più azzeccata!
L’altra idea è poi quella di scalare in libera (oramai c’ho il trip ma appena le cose si faranno veramente serie tornerò subito al classico e mitico V+ e A0!) e quindi mi impegno di conseguenza: osservo il passo d’ingresso e poi mi fiondo all’attacco della fessura. Tutto fila liscio mentre mi ringalluzzisco convinto di aver risolto il crux del tiro. Ma la lunghezza continua a mostrarsi tutt’altro che docile salendo sempre ripida e senza grandi punti di tregua. Per lo più, ancora non mi fido ciecamente dell’auto sicura temendo comunque sempre il volo infinito. La cosa certo non giova né ai nervi né, tanto meno, alle braccia che sono ripetutamente e forse eccessivamente sollecitate. Così mentre mi diverto a ghisarmi senza fare un passo in avanti, alla fine convengo che sia il caso di proteggermi con un bel C3: infilo l’arnese e proseguo lentamente a salire fino ad un cordino strozzato attorno ad un buco. Terrà, non terrà, si romperà dopo avermi fatto credere di resistere? Alla fine tento la sorte e, con la massima delicatezza, mi lascio tenere dallo spezzone di corda: quello non fa una piega mentre mi dedico alacremente a piazzare lo 0,4 e poi a rinviare il chiodo successivo: quasi salvo! Salgo ancora un po, raggiungo il fittone, ci infilo il moschettone e la corda e, a quel punto, sono definitivamente, decisamente, sicuramente, salvo! Grande sospiro di sollievo e ricomincio; la scarpa scivola e subito torno a provare l’ebbrezza del rischio senza comunque muovermi di un millimetro. Ancora pochi metri e finalmente sono alla sosta; davanti a me ho il tiro successivo: se quello è V+ come dice la guida, io sono Adam Ondra. Riprendo a scalare e mi mangio la terza lunghezza: la prossima volta proverò a fare il 9a a vista!
Il tiro dopo dovrebbe essere facile ma mi sembra un palo: partenza atletica su spaccatura ben ammanigliata ma con rischio schianto sulla cengia sottostante. Superato un attimo di indecisione e scovate delle buone manette, torno a salire, rinvio quindi i primi due fittoni e salvo le caviglie: in effetti non siamo sul IV ma la parete si rivela meno dura di quello che sembrava! Continuo poi a salire lasciandomi alle spalle il tratto più duro fino ad arrivare ad un passo dalla sosta. Prima però devo superare la ghigliottina! La via passa infatti proprio in corrispondenza di un grosso macigno incastrato in una specie di nicchia come un mega pisello. Non so se passarci davanti o dietro: nel primo caso, se questo dovesse staccarsi, mi porterebbe a valle con lui. Nel secondo, se dovessi volare, rischierei di portarmi dietro il membro! Alla fine decido di passarci davanti e poi, raggiunta una buona manetta, faccio passare la corda dietro il sassone: a questo punto il rischio volo rasenta praticamente lo zero e, di conseguenza, dovrei potermi considerare salvo da ogni possibile inculata.
L’ultimo tiro non centra nulla con quanto riporta la guida, né per difficoltà né per percorso e in un attimo me lo trovo già sotto i piedi. Così, convenendo che la guida debba avere qualche errore, mi congratulo con me stesso per poi recuperare il materiale. Alla fine mi trovo quindi con la corda che risale per un muro compatto dove passano alcune vie sportive; l’occasione pare troppo ghiotta e così mi tuffo in questo mare grigio estremamente compatto e con chiodatura non certo generosa, ingredienti più che sufficienti per darmi valanghe di nuovi spunti ma intanto devo chiudere l’intento di giornata! Torno quindi alla base, ricarico il saccone e vado a dare un occhio all’assillante diedro fessura: la linea è però troppo evidente per poter essere ancora vergine e infatti alcuni vecchi chiodoni spuntano già dalla spaccatura; mi allontano quindi con la coda tra le gambe solo per metà perchè ho già in tasca un’altra possibile linea ma questa sarà una nuova avventura!
Cavallo Goloso
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Diciamola tutta: la pianificazione del week end fa acqua da tutte le parti! Ieri, presi dal raptus arrampicatorio dopo che, oltre alle branchie, sono iniziate a spuntare le squame, io e Cece siamo andati a congelarci al Sasso Giallo: stare in piumino e cappello di lana a pochi giorni da giugno e, soprattutto, a poche centinaia di metri di quota in una falesia invernale è forse da Guinnes dei primati! Oggi, invece, incredibilmente con il sole, mi ritrovo da solo a risalire i tornanti dell’imbiancata Grignetta. Le bizzarrie del tempo pare proprio non abbiano fine!
D’altra parte, la scelta è stata consapevole, avendo rinunciato a raggiungere Luca in valle causa partenza ad orari improponibili soprattutto dopo una cena conclusasi ben oltre l’orario consueto. Così prometto a Micol di essere di ritorno per le 4 per andare poi a fare due passi da qualche parte: finiti gli esami, devo ora rivaleggiare con la stesura della tesi, in una lotta che sembra non avere fine ma che, presto o tardi, mi vedrà vincitore! L’unico obiettivo papabile per fare una vietta escludendo la zona del Tramonto, sembra quindi la zona del Rosalba e, tanto per cambiare e esplorare una nuova struttura, fisso la meta nel Torrione Ratti. Così, caricato lo zaino, parto letteralmente a razzo verso il mio obiettivo. Potenza della pizza di ieri sera (non vedo alternative) ma raggiungo il bivio per il Torrione in un batter d’occhio e poi da lì inizio la mia esplorazione: i pendii sono coperti da uno strato di neve interrotto solo dalle tracce di qualche camoscio e così, guardingo, mi avvio verso il monolite che svetta non molto distante dal punto in cui mi trovo. Il mix di neve e erba spiattellata sono gli ingredienti ideali per una potenziale scivolata con tuffo nel lago così il ritmo da skyrunner ben presto si ridimensiona permettendomi comunque di raggiungere rapidamente la base dello spigolo.
Gironzolo un po’ prima di decidermi sulla posizione dell’attacco anche perché la porzione di parete, almeno nella sua parte bassa, mi pare eccessivamente vegetata ma, alla fine consultandomi con l’indispensabile guida, convengo che la via dello Scudo debba effettivamente partire subito a sinistra dell’evidente spigolo, dentro un canale intasato di erba e vegetazione.
La vestizione è già un rito quando si arrampica a coppie e, in solitaria, diventa come una cerimonia di iniziazione; il materiale viene accuratamente soppesato e distribuito sull’imbraco: tutto dev’essere immediatamente e facilmente recuperabile. Poi viene la corda: solitamente gettata alla rinfusa, ora riposta con attenzione per poi farla filare senza intoppi. E infine le scarpette: la coppia mi osserva sapendo che presto inizierà il suo arduo compito alla ricerca delle asperità della roccia, mentre le suole si crogiolano al sole scaldando la temperatura della gomma. Le guardo, le soppeso, ne studio le forme, le linee sinuose: sono due, affiatate, inseparabili, completamenti dipendenti l’una dall’altra, ottimo, peccato siano entrambe destre! La salita sfuma, si squaglia come la neve e con essa tutte le mie ambizioni di gloria. Infilo tutto nello zaino e mi riavvio verso la macchina con la coda tra le gambe gustando gli amari frutti della fretta. Lo sciacquone del water scarica il suo contenuto e con esso la prima giornata di bel tempo dopo settimane: non mi resta che rivolgermi al solito Sasso Giallo a fare un po’ di ripetute su Ombretta che, se continuerà così, sarà l’unico assaggio di Marmolada dell’anno!
Cavallo Goloso
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