SCHWEIZ PLAISIR – ELDORADO
venerdì 23 agosto ‘24
Forse avrei fatto anche a meno di caianare: me ne sarei stato in panciolle o magari sarei andato in falesia ma da un lato c’era la promessa fatta a Walter e dall’altro la Laura che sembrava gentilmente volermi sbattere fuori di casa perchè forse la troppa astinenza dall’aquila stava iniziando a rendermi insopportabile! Così escludo l’ipotesi due giorni e provo a sentire se al Walter vada bene la via all’Eldorado. In fondo era stato lui a proporla. Il Walter tarda a rispondere (strano) ma poi accetta senza controbattere la mia proposta (altro segno di stranezza) e così sarà Eldorado dopo un po’ di anni (poi verrà fuori che lui se ne sarebbe stato anche volentieri a casa...). Sull’avvicinamento il Walter non fa tanto il Walter: non lo sento spingere come i tori a Pamplona ma forse è anche meglio. Comunque superiamo il lago con una discreta rapidità e arriviamo alla base della parete, una serie di liscioni che solo apparentemente sembrano docili. E proprio qui sta l’inculata perchè quelle lavagne apparentemente appoggiate richiedono spinta sui piedi e annessa fiducia nella loro tenuta senza alcuna possibilità di replica. Il Walter individua dunque l’attacco e poi si propone per partire. Sono in uno stato da “poi si vedrà” e l’idea di rimandare il mio appuntamento con la tenuta delle scarpe non mi fa né caldo né freddo così mi metto a guardare l’amico. Il Walter spinge un po’ sui piedi ma la testa non fa click e dopo qualche metro alza bandiera bianca. Tocca già a me ma non so se sono pronto. Ci provo. Parto con i primi due fix rinviati e poi scovo le asperità necessarie e indispensabili per proseguire mentre la testa collabora e io guadagno la sosta. E il primo è fatto: se passa anche il secondo ci sono delle possibilità che porteremo a casa la salita. Preferisco però pensare una lunghezza alla volta tanto più che fino all’ottava sosta possiamo sempre abbandonare la parete. Forse è proprio questa mancanza di pressione e l’idea che devo solo limitarmi al tiro che mi si para davanti di volta in volta che mi permette di guadagnare metri su metri quasi con spensieratezza. Oddio, già alla terza lunghezza tutta questa baldanza per un momento fa un po’ lo struzzo e io mi trovo a dover tenere a bada i nervi prima e dopo il diedro chiave (dove ovviamente non ho problemi perchè mi avvalgo di due belle prese colorate e ciondolanti). Poi arriva il tiro seguente, un muro nero che sembra uno spettacolo e tale si rivela anche alla scalata ma, a volte, gli spettacoli troppo lunghi possono risultare un po’ indigesti e, ad un certo punto, comincio a pensare che questo “semplice” sesto sia un po’ un’inculata. Ma alla fine reggo e arrivo in sosta. La cagarella la riprovo due lunghezze dopo quando devo lottare con l’asticella del terrore e la cengia sottostante che sembra un pescecane con le fauci spalancate pronto a divorarsi caviglie, tibie e femori nel caso malaugurato in cui dovessi prendere il volo. E invece me la cavo ancora spegnendo la vocina iettatrice che continua a cantare - Vola di qua, vola di là, non ti fermerai ma ti sfracellerai! - Alla fine ce la faccio: raggiungo l’ultimo tiro, lo salgo e poi non mi resta che recuperare il Walter per poi costeggiare nuovamente il lago con l’unico lato positivo che il sentiero pullula di piccoli ma succulenti mirtilli.
Cavallo Goloso
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