racconto delle vie gli oracoli di ulisse e il ritorno del gigiat allo scoglio delle metamorfosi, val di mello (sondrio, lombardia)


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GLI ORACOLI DI ULISSE E IL RITORNO DEL GIGIAT – SCOGLIO DELLE METAMORFOSI

sabato 21 maggio ‘11


Da oculato risparmiatore, riesco a convincere i miei amici a lasciare l’auto al parcheggio del campo sportivo evitando di sborsare la quota per il pulmino che sale in Valle; così ci tocca smazzarci il sentiero che porta in questo paradiso dell’arrampicata salvaguardando però il nostro portafoglio. Saliamo quindi a braccetto di un caldo torrido raggiungendo rapidamente l’attacco della via con la certezza che quest’oggi arrostiremo sulla roccia dello Scoglio o, forse, sarebbe meglio dire che andremo a lesso a causa dell’afa opprimente. Siamo nel pieno della fase preparatoria quando ci raggiunge uno scalatore; pochi attimi di spaesamento e poi l’attesa domanda “fai anche tu Oracoli?”, la risposta è lapidaria “si”. Dovremo condividere la salita con un ‘altra cordata, pazienza. Dopo pochi minuti ecco spuntare l’altro componente seguito a ruota da un terzo. Avremo alle costole una cordata da tre. Passano pochi minuti e ne arriva un quarto: l’ambiente si fa un po’ troppo affollato e la cosa non è che mi aggrada più di tanto, oltretutto mi sembra di tornare all’esperienza della Boga in Medale. E per fortuna che solitamente le code si trovano su Luna! Ma evidentemente la meta dev’essere particolarmente di moda perchè ben presto si aggiunge anche il decimo pretendente: peggio che dal panettiere, ci manca solo il biglietto e poi saremmo a posto!

Lasciamo perdere chi ammirerà i nostri fondoschiena e iniziamo la nostra salita: Dello e Fabio sono davanti mentre stranamente Cece non si offre per iniziare a condurre la nostra cordata. Inizialmente la cosa mi lascia stupito ma poi mi sopraggiunge il dubbio che il furbo Cece voglia evitare qualche sgradita sorpresa lungo le prime lunghezze, fatto sta che Colo inizia la scalata optando per la variante di Fazzini. Quando mi trovo sul passo chiave del tiro mi immagino proiettato all’interno della fessura strapiombante che devo superare ma, dopo aver acchiappato il bordo del diedro strapiombante, mi isso con l’eleganza di una libellula obesa portando in salvo la pellaccia.

Colo riprende a scalare: gira lo spigolo e sparisce alla nostra vista. La corda scorre con regolarità fino a quando raggiunge la sosta. Riprendiamo a salire o meglio a scalare in orizzontale, cosa che oramai sembra essere diventata una regola delle nostre salite! Un’altra lunghezza ci deposita sulla sommità della Porta del Cielo e alla base del tiro di artificiale; ci mettiamo nuovamente in coda mentre una simpatica nuvola decide di stazionare davanti al sole: nel giro di pochi minuti rimpiangiamo di aver lasciato i pile alla base e ci rassegniamo ad attendere che la malefica massa grigiastra si allontani da quella posizione. Ma quella rimarrà lì per tutta la giornata e, anzi, sarà anche accompagnata da una brezza pungente che soffierà soprattutto sulla parte alta della parete.

Cece riprende a condurre superando il muro verticale e quindi il traverso sotto il tetto. Ora tocca a noi raggiungerlo con movimenti ripetitivi: staffata e poi piede sul chiodo fino all’unico passo da affrontare in libera ma anche lì, non trovando migliore soluzione, tiro la corda e arrivo al traverso sotto il tetto. Mungo ogni rinvio sperando che non mi rimanga in mano nulla e finalmente sono in sosta. Solo a quel punto mi accorgo che uno dei chiodi sui quali mi sono avvinghiato, appeso, aggrappato come ad una scialuppa di salvataggio è conficcato nella roccia solo per uno sputo!

Riprendiamo la salita e, dopo una lunghezza, è finalmente il mio turno: davanti a me una bella fessura leggermente strapiombante. Andiamo bene: anche qui sarà il valzer della staffata! E invece no: la fessura è netta e riesco a scaricare per bene il peso sui piedi così che raggiungo il traversino e poi il successivo diedro completamente bagnato. Tornando a tirare ogni chiodo, arrivo alla sosta finale da cui inizia l’ultima lunghezza. Mentre mi godo il mio momento di tranquillità recuperando i miei due compagni, Fabio mi rincuora raccontandomi come il cavetto di un dado incastrato si sia rotto facendo precipitare la staffa di Dello verso la base. Avrò quindi il mio bel da fare per superare i due tettini dell’ultimo tiro con il terrore che i friend possano staccarsi proprio quando vengono caricati. Mentre in cielo scure nubi si sono date convegno già da alcune ore, raggiungo sano e salvo la sosta terminale da cui decidiamo di calarci sfruttando tutte le corde a nostra disposizione. Affrontiamo le prime doppie con un vento quasi patagonico mentre, aggrappati alle soste, attendiamo il momento per scendere. Insieme alle prime gocce di pioggia, raggiungiamo la base della parete lasciando però in parete le corde della penultima doppia che si sono incastrate nella fessura della Porta del Cielo. Ma oggi dev’essere la nostra giornata fortunata perché chi ci pedina sin dall’inizio riesce a liberare le nostre corde; all’appello mancherebbe quindi solo la staffa di Dello che Colo riesce a scovare proprio alla base della parete: gli Oracoli si mostrano così favorevoli anche perché smette presto di piovere mentre avevamo trovato riparo sotto la parete dello Scoglio.


Cavallo Goloso


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