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KADENZ – ENGELHORNER

sabato 31 luglio ‘10


...Ramponi, chiodi...bene, c’è tutto... Eppure ho la netta sensazione che stia dimenticando qualcosa... Ah, la picca! Ora la macchina è carica manca solo Cece e possiamo partire finalmente alla volta di Courmayeur.

Ma il cambio di programma è in agguato; Cece porta con sé cattive notizie sulle condizioni del Bianco: 20 o 30cm di neve fresca sui 3600m! E siccome siamo già sufficientemente pericolosi con scarpette e magnesite, non è certo il caso di gironzolare per le Alpi armati di picche e ramponi nel tentativo di aprire anche un capitolo dry tooling tra i tanti del volume personale delle attività alpinistiche!

La soluzione di “ripiego”, con un nome altrettanto altisonante, è così presto trovata: Wenden! “Wende di qua, Wenden di là, ma chi ti scalerà?!”. Già mi immagino appiccicato su quelle muraglie mentre mi affido all’ennesima cliffata per guadagnare qualche centimetro. Ma per il momento mi devo accontentare di attraversare il Ticino scatenando i cavalli della Punto finchè, non so perchè, mi esce: “Cazzo! Il sacco a pelo!”. Lui è là, nel suo bel saccone, comodo dentro l’armadio... Mi attende una bella nottata!

Poi è il turno della macchinetta per il ticket d’ingresso alla strada che sale a Wendenalp. Abbiamo cambiato 15€ a testa così da avere qualche franco per le eventualità. Forti dei nostri biglietti di carta svizzeri ci avviciniamo alla dispensatrice dei pass, ma quella non accetta banconote! Cece riesce fortunatamente a tirar fuori dal portafoglio le monete necessarie per raggiungere la cifra richiesta e così possiamo salire fino allo spiazzo dove piazziamo la tenda.

Pur essendomi trasformato nel fratello gemello dell’omino Micheline, mi sveglio a intervalli regolari, così alla fine desisto e entro in macchina nella speranza di trovare meno umido. Ma il naso è quasi gelato: provo allora a coprirlo utilizzando un paio di calze (pulite!) che, insieme a scarpe, calzettoni, Vertigo, maglia termica e t-shirt, micropile, antivento, Puff e infine cappello, mi permetterebbero di prendere il posto della mummia di Tutanckamon! Va un po’ meglio e alla fine riesco anche a dormire.

Poi arriva il fatidico momento della sveglia: le pareti del Wenden sono completamente lavate! Una maledetta spruzzata di neve sulla cengia soprastante la muraglia ha colato per tutta la giornata di ieri rendendo praticamente impraticabile la lavagna calcarea. Oddio, un paio di cordate si avviano ugualmente agli attacchi, ma saranno sicuramente dei cavalli! Le nostre possibilità (3 vie) sono completamente off limits! Non ci resta che spostarci e andare all’Engelhorner, per l’ennesimo cambio di programma.

Risaliamo il sentiero che ci porta al rifugio da cui un’altra traccia ci conduce ad un insignificante paracarro dove si trova il nostro obiettivo. La torre fa abbastanza cagare, ma la via è di 4 stellette...

Le foto d’inizio sono comunque da farsi: tiro fuori la macchina e l’accendo: “batteria scarica”. Nessun problema: ho quella di scorta! Sostituisco il tutto ma la macchina non si accende! Per forza, se la batteria di riserva non viene caricata, difficilmente potrà fare la sua funzione! E quindi, per oggi, niente foto!

Risolto l’annoso dilemma: “chi parte?”, mi avvio sulla prima lunghezza optando, ovviamente, per la variante più facile. Sono in corrispondenza di un diedro su roccia marciotta (altro che Crolloniti!) quando sento l’appoggio sinistro muoversi. Cazzo! Se si stacca mi sparo un bel voletto sulla cengia sottostante! Mi cago in mano e ridiscendo. Poi mi guardo attorno e mi accorgo che subito a sinistra la salita è molto più semplice. Mi complimento con me stesso: “sei un idiota!” e proseguo fino alla sosta. E Cece sotto: “ma non è a sinistra?”. Già, ha ragione! Sono finito su un’altra via, quando sarei dovuto rientrare sull’originale... No problem: un bel traverso verso sinistra e rientro sulla retta via. Peccato che tra il dire e il fare ci siano di mezzo un paio di movimenti su tacche insignificanti e appoggi inesistenti. Alla fine mi faccio calare, raggiungo la linea giusta, risalgo e mi proteggo ad uno spit poco sopra la sosta sbagliata. Quindi breve traverso a destra, recupero il materiale sul tratto sbagliato e breve pendolata. Dopo i numeri circensi, posso finalmente recuperare Cece.

“Bello il tuo casco in pile!” “L’avevo su senza aver chiuso i lacci e quando hai recuperato le corde, l’hai preso dentro e mi è ruzzolato giù per il canale!” “Oggi continuo a fare cazzate: prima il sacco a pelo, poi la macchina fotografica e quindi il diedro marcio, adesso pure il tuo casco...” “Si, ma anch’io: la prima è stata quella di venire con te su questa via!” E giù una bella risata.

Proseguiamo smaialando a destra e a sinistra cercando di raccapezzarci su quella parete finchè incrociamo una coppia di crucchi intenta nella discesa. Sono da secondo e devo recuperare un nostro rinvio al quale i tedeschi ne hanno attaccato uno loro per tenere direzionate le corde. Mi appresto nell’operazione di “stacca-recupera-riattacca” quando dal basso sento urlare “scraftanen angartnen! Asverten gattarnen! Asdrtanen!” o altri versi simili. Chiaramente non capisco un’emerita cippa di ciò che mi dice. Rimetto il rinvio del crucco nello spit e quello continua ad abbaiare “Asgarten fartannen express (almeno questa l’ho capita!) garzennen! Asbarghen express!”. E che cacchio ci devo fare con sto rinvio? Se lo metto così non va bene, cosà neanche a parlarne, ma che cazzo vuoi? E intanto prosegue a sbraitare! Non so se sono più ottuso io o lui che non capisce che non so il crucchese, fatto sta che dopo svariati tentativi desistiamo entrambi: io proseguo per la mia strada infilandogli il rinvio nello spit (lo avrei messo ben volentieri in un altro posto!) e lui smette di urlare.

Riprendiamo la nostra salita arrivando al trivio finale: a destra 6b, in mezzo 7a e poi 6b e quindi a sinistra 7b. Ovviamente optiamo per il tiro più facile: è il turno di Cece che inizia, prosegue e finisce staffando, arrancando e smaialando a più non posso. E poi tocca al sottoscritto: smaialo, arranco, afferro, ma non staffo continuando a ripetere “manco a Carate i 6b sono così duri!”. Poi in sosta ho una bella sorpresa: la via prosegue con un altra lunghezza, ergo quella appena affrontata doveva essere il 7a, giusto per ricordarci come il sovraffollamento di vie su quel fazzoletto di roccia abbia non poco incasinato la linea di salita!

Affrontiamo quindi l’ultimo tiro (con variante personale finale a raggiungere la cresta di II inferiore) per poi buttare le doppie. Quando tocco terra combino l’ultimo disastro di giornata: con le corde urto uno scarpone che inizia a rotolare giù dal pendio. Cazzo, no! Oltretutto non è neppure nostro... Saltellando di qua e di là la scarpa si ferma però poco sotto l’attacco: non mi resta che scendere e riportarla dove era appoggiata.

Ma all’appello manca il casco di Cece; nutriamo ancora qualche speranza, anche se dev’essere nella natura di quel copricapo ruzzolare per le pareti alla ricerca di un nuovo padrone (Cece infatti lo aveva trovato alla base di Mocca al Salbitschijen), così ci avviamo lungo il canale di discesa. Evidentemente preso dai morsi della coscienza, il casco fa bella mostra di se su un piccolo ripiano non molto distante dall’attacco della via, ritornando così a penzolare dallo zaino di Cece!


Ma ovviamente il sabato dei disastri ha uno strascico nella domenica quando, impegnato su un tiro della falesia dei Campelli, rompo un porta-materiali dell’imbraco causa rinvio incastratosi (non si sa come) in un resinato! Beh, se non altro ho chiuso il tiro a vista (6c)! Un 6c che mi costa 50/60€ di imbraco nuovo!


Cavallo Goloso


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