GIORGIO ANGHILERI CON VARIANTE SULLA VIA PER MARCO E ANNA VIDINI – PALA DEL CAMMELLO
domenica 01 dicembre ‘13
Dopo un sabato uggioso (che strano!) passato a “far girare l’economia”, finalmente, dopo un mese esatto, arriva il momento di ripetermi su una via, cioè su una sequenza di più tiri: stento quasi a crederlo!
Nutro sogni di gloria sulla pala del Medale con annesso rischio bivacco o, quantomeno, uscita alla luce delle frontali ma poi si opta per qualcosa di più abbordabile e che, con la scusa di essere esposta a ovest, costringa a trovarsi ben oltre le 10. Insomma oramai è chiaro ed evidente: sto diventando vecchio!
Il primo grosso problema è evitare il pagamento del parcheggio di Erna: ce la caviamo quindi con un’improbabile soluzione lato strada che vede la Punto fermarsi piuttosto inclinata in prossimità del bosco; speriamo che a nessuno venga l’idea di darle uno strattone! Partiamo bardati di tutto punto e, a prova della piena depressione della colonnina del termometro, impieghiamo parecchio tempo prima di iniziare a colare sotto il piumino. Poi finalmente il sentiero inizia a salire ma la parete sembra ancora distanti anni luce: ci rassegnamo quindi al nostro destino e iniziamo a inerpicarci su per la traccia. Evidentemente però dobbiamo avere la velocità dell’Enterprise perchè in un batter di ciglia ci troviamo già con il muso contro la roccia!
Quando parte Cece, il sole non ha ancora superato l’antipatico spigolo sulla destra: dev’essere un vero piacere scalare su una lastra di ghiaccio travestita da roccia! E, del resto, quando anch’io mi avvio sulla strada verticale, nonostante il sole abbia già iniziato a infondere i suoi raggi, la parete ha la stessa temperatura dell’azoto liquido! Nonostante quindi le condizioni tipo Groenlandia e un paio di “sguisciate” della scarpetta, riesco però a raggiungere la sosta completamente in libera e ora voglio ripetermi sulla lunghezza successiva. Dopo aver quindi riavviato il sangue nelle estremità, mi butto sul diedro fino ad impantanarmi ad un passo dalla sosta. Studio ogni particolare, ogni goccia e ogni minima asperità iniziando il balletto dell’indeciso ma, alla fine, agguanto la sosta: 2 su 2! Sul terzo tiro riesco ancora a ripetermi in completa libera ma d’altra parte, salendo da secondo, annullo ogni problema psicologico. Per poter poi proseguire con la striscia positiva, devo superare un tiro con difficoltà sul limite umano: inizio quindi la sfida con i padri dell’alpinismo approdando poi vincitore in un autentico forno. La sosta, incuneata alla basa di un diedro, sembra un forno a microonde: le facce chiare della struttura riflettono i raggi solari lessandomi nel giro di pochi minuti. Mentre quindi vengo cotto a puntino, mi preoccupo di capire dove dovrà salire Cece. La via, dopo aver appena sfiorato la tradizione, si ributta immediatamente sullo sportivo schifando il bel diedro per salire lungo il muro di fronte alla sosta. Cece quindi prosegue fino alla sosta dando così il via alla mia rincorsa. Seguo l’amico riuscendo un po’ al limite a scalare pulito mentre i rinvii mi tentano in continuazione; sono però come Ulisse contro le Sirene e, pur lasciandomi invaghire dalla loro voce suadente, non cedo di un millimetro affidandomi alla sola roccia. Esco quindi dal muro verticale strizzando un’improbabile presa spiovente che mi permette di portare a casa il 5 su 5 o, se vogliamo, un bel 5 a 0. Ma il gol della bandiera può essere sempre dietro l’angolo e quindi, finchè l’arbitro non fischia il 90°, meglio non cantare vittoria. L’ultimo tiro, per usare le parole di Cece, sembra un richiamo alle Lavaredo: la via, insomma, ci trova gusto a girare il dito nella piaga e a richiamarsi al top del caianesimo! Mi infilo nel diedro sperando di non mandare in frantumi la prima presa e poi inizio a salire. La struttura si impenna ma io persevero nella libera estrema incastrando come meglio riesco le mani nella fessura. Poi il diedro termina e io devo superare un muretto verticale: pinzo una presa che sembra tenuta insieme dalla Prit e mi alzo ad una specie di piccolo bitorzolo. Il brufolo si schiaccia superando Cece e passando qualche decina di metri più in basso mentre io mi limito a una caduta ridicola: lo spit ascellare fa il suo dovere facendomi arretrare solo per un paio di spanne. La libera on sight sfuma così a pochi metri dal traguardo ma io non mi do per vinto: riprendo a salire e, aggirando il passo sulla sinistra, mi catapulto sul tratto soprastante. Ancora pochi metri delicati e finalmente sono alla sosta; questa volta di caianesimo neppure l’ombra: la parete sale ancora verso l’alto mentre la via termina quando si sarebbe ancora potuto proseguire verso la cima, là dove osano le aquile!
Cavallo Goloso
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