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FIFTH AVENUE – PARETE DI SANTA MARIA

domenica 17 giugno ‘18


La giornata comincia con una sconvolgente richiesta: ci fermiamo a fare colazione da qualche parte? La mia autistica pianificazione dell’uscita ne esce scombussolata, soprattutto perchè la domanda si aggiunge alla scoperta che lo schizzo della cartina disegnato sulla guida non coincide con la topografia che, non so sulla base di cosa, mi ero costruito in testa. Direi che la situazione è perfettamente sotto il mio controllo! Poi si aggiungono i locals cui chiediamo conferma dell’imbocco della mulattiera: per prima cosa i tempi indicati dalla relazione raddoppiano e poi veniamo messi in guardia sull’attraversamento del fiume, impresa titanica paragonabile forse ai guadi himalayani. Li guardo allibito con la stessa espressione della professoressa al liceo quando le avevo risposto che Renzo portava all’Azzeccagarbugli una coppia di polli: “No! Cosa stai dicendo? Erano due capponi!”. Differenza sostanziale! Già perchè l’unica cosa di cui a questo punto sono certo è che giù al fiume ci sia un solido ponte in cemento che ho individuato dal parcheggio! L’informatore però insiste sulla sua linea ma noi ce ne freghiamo e ci avviamo verso il corso d’acqua.

Sull’altra sponda incontro un altro elemento destabilizzante: la cappella votiva. Forse che sia il fine settimana delle strutture sacre, un monito per il sottoscritto in piena antitesi religiosa? Le cappelle ovviamente risultano introvabili e così inizio a precipitare sempre più nel vortice dell’incertezza. Poi finalmente la prima casetta votiva si materializza e la mia autostima, faticosamente, riprende un po’ quota. Arriva quindi il momento del sentiero che sale all’attacco vero e proprio: per individuarlo devo attivare al massimo tutti i sensi e immaginare che sotto l’erba e tra gli arbusti salga una vaga traccia che finalmente ci deposita all’attacco della via delle Meteore. Cominciamo da qui perchè non ho assolutamente voglia di risalire ancora per prato verticale: d’altra parte se avessi voluto andare a pascolare, sarei stato una mucca. La placca scivola via senza intoppi mentre noi ci restiamo appiccicati come mosche sulla carta moschicida quindi, scaldati i possenti bicipiti tirando una breve fissa, raggiungo l’attacco vero e proprio. A questo punto, nella mia beata supponenza ignorante, mi aspetto una sequenza di fix sparati a mitraglia e da collegare come il gioco dei puntini numerati della settimana enigmistica. Invece la parete, con mia gradita sorpresa, si presenta con alcune fessure libere da pendagli metallici e in cui tornano buoni i friend che penzolano dall’imbraco. Così come direbbe lo Jacopo “Shcalando e shoshtando ma shensha shtaffare shullo gneish”, guido il duo femminile appeso alle mie corde verso l’alto mentre dietro il trio coi piselli ci incalza senza lasciarci un attimo di respiro. Alla fine non capisco quindi chi sia qui a fare il reggi moccolo ma, se non altro, mi godo un inaspettato piacevole panorama con le vette ancora in parte innevate che mi circondano.

Poi il cerchio della mia autistica programmazione si richiude nuovamente al fiume quando il gruppo si ferma con istinto da bioterroristi per un imprevisto pediluvio rinfrescante. Ovviamente il mio lato da nerd arrampicatore non può però che essere attratto da un mega blocco che se ne sta ad ammuffire a lato del corso d’acqua. Vado a darci un occhio ma tutto quello che ricavo è un teschio da pecora che mi osserva con la mia stessa espressione da pesce lesso con la quale, alla fine, contribuisco alla moria della fauna ittica locale.


Cavallo Goloso


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