|racconto|   |relazione|   |foto|


GRAN DIEDRO DELLA MAROCCA – QUALIDO

domenica 27 giugno ’21


- Bene, alla fine siamo ancora vivi e non abbiamo chiamato il soccorso – e io aggiungo – e non siamo tornati sulla sedia a rotelle -. Già, in effetti è vero: certo, se dovessi pensare a questi anni, non avrei creduto che sul Grand Diedro della Marocca avrei potuto avere tutti questi problemi che, d’altro canto, siamo riusciti a risolvere anche se al prezzo di un mio volo a rallentatore, un tiro su cengia erbosa R6 (o forse anche R7 perchè non so se la sosta a friend avrebbe tenuto un volo di oltre 40m con fattore 2) del Marco e col Walter che avrebbe potuto maturare sulla sosta a spit sottostante senza alcuna possibilità di muoversi. Beh, alla fine lo scherzo della corda con incastr’appoggio ci è costato ad occhio un paio di ore di ritardo. E poi c’è chi sostiene che andare veloci non sia sinonimo di sicurezza. E se invece che ruzzare su per il sentiero ce la fossimo presa un po’ più comoda? E se ci fossimo crogiolati all’attacco come la coppia di teutonici di cui lui sembrava più propenso ad una giornata in spiaggia a Rimini che a scalare al Qualido? Probabilmente avremmo bivaccato in parete (credo primo bivacco nella storia del Grand Diedro) e poi forse qualcuno si sarebbe accorto del nostro ritardo e avrebbe allertato i soccorsi. Così io e il Walter avremmo riprovato l’ebbrezza del volo in elicottero.

Uso la mia relazione di Quote Rosa per trovare l’attacco. E già ho paura: ho paura del tempo indicato. Siccome sono scozzese (o, senza scomodare i fieri portatori del kilt, sono comasco), di solito tendo ad essere un po’ restio ad elargire minuti sugli avvicinamenti, così quelle 2:30/40 ore mi pesano ben più dello zaino-bagno turco. Alla fine però mi trovo all’attacco con una precisione svizzera mentre la presenza di una coppia inizia a tormentarmi. Questi però sembrano più propensi al bivacco fancazzista che intenzionati a scalare: a lui mancherebbero infatti solo amaca e sombrero per dare il via ad una bella siesta.

Parte il Walter che ci mostra come salire la placca, aggirare la partenza del secondo tiro (un imperscrutabile boulder per un trio di caiani) e come si possa far cagare nelle mutande chi se ne sta comodamente in sosta. Il momento di terrore ce l’ho alla base del quarto tiro quando il Walter induce un duello con la lama e la forza di gravità mentre attendo che, da un momento all’altro, quest’ultima abbia il sopravvento e il capocordata venga rapidamente a farci visita.

Con la lunghezza successiva siamo finalmente alla base del diedro e le corde passano in mano al sottoscritto: spero di non ripetere l’esperienza della Niedermann perchè non ne avrei la forza e, alla fine, tutto fila relativamente liscio finchè ci ritroviamo in cima alla parete.

A quel punto, il più è fatto: una manciata di doppie, una piacevole passeggiata su sentiero spacca ginocchia e poi saremo alla macchina, questo almeno è ciö che noi allocchi ci aspettiamo. Inizio a scendere stando ben attento a non saltare alcuna sosta perchè qui non avrei grandi possibilità di trovare dove fermarmi e poi, all’inizio della terza calata, il Walter fa il gufo - ... e c’ho qui anche l’Escaper... - - Cus’é che ta ghée? - - Il sistema per scendere con una singola... Sai, si sa mai... dovessero incastrarsi le corde... – Lo guardo dubbioso sperando di non dover sperimentare l'ammennicolo e mi tuffo verso il basso, poi arriva il Marco e quindi il Walter. Siamo su un ripiano comodo e iniziamo a recuperare la corda. Questa scende ma poi vedo il Walter tirare. Gonfia il bicipite e aumenta la potenza ma la corda resta dov’è. Ci guardiamo attoniti: e moh? Si tira a bestia! Ma la corda resta sempre al suo posto. Il punto è che avremo si e no recuperato 30m e la via passa poco più a sinistra quindi, Escaper o non Escaper, dove potremmo andare? E poi il Marco non sembra tanto dell’idea di tagliare la corda. Sarà forse perchè è sua? L’unica soluzione è provare a risalire fissando un machard sulla corda bloccata e utilizzando quella che siamo riusciti a recuperare come sicurezza nel caso in cui la prima dovesse sbloccarsi. Ora ci manca solo il volontario. Siamo in trincea di fronte ai crucchi e immediatamente cala il silenzio: nessuno è intenzionato a uscire, superare i reticolati per rischiare di beccarsi una pallottola in fronte. Guardo la placca sopra di noi con una bella spaccatura e poi una cengia e mi offro volontario. Se mi va bene mi becco la medaglia d’oro, se mi va male invece... Mi lego lo spezzone, fisso il machard e riprendo a salire. Piazzo un friend e poi salgo verso la cengia. La rimonta è un problema: c’ho i piedi sempre al contrario, il destro dovrebbe essere al posto del sinistro e viceversa finchè alla fine la forza di gravità pareggia ma con un altro contendente. Il volo è al rallentatore perchè il machard scorre ma non blocca e poi, alla fine, tutto si ferma e io mi trovo appeso come un salame. Riprovo la rimonta e questa volta ce la faccio. Solo che ora la corda bloccata è sulla destra mentre la cengia va verso sinistra e di corda non ne ho praticamente più. L’unica soluzione è che uno dei due mi raggiunga così da fare una sicura più in alto e recuperare qualche prezioso metro. Basterà? Non ne abbiamo la minima idea ma questa sembra l’unica soluzione. Arriva il Marco: studiamo la situazione e alla fine optiamo per provare con un lungo giro a sinistra, sfruttando una serie di cenge che dovrebbero portarci alle corde incastrate. Questa volta però è lui a condurre le danze: io ho esaurito ogni barlume di coraggio! Così il Marco va: traversa, traversa, traversa e poi sale. Tra di noi non c’è nessuna protezione: non voglio pensare a cosa potrebbe succedere se dovesse scivolare. D’altra parte, con la corda a disposizione, questo è l’unico modo per sperare di raggiungere il groppo. Il Marco torna verso destra: non lo vedo ma le corde si fanno sempre più lasche finchè l’amico si trova sopra la mia testa. Sotto, il Walter fa il naufrago sperando che prima o poi lo si torni a prendere. Poi, finalmente, dall’alto arriva l’ordine tanto atteso: molla tutto! Un attimo dopo il Marco mi raggiunge e poi è giù dal Walter. E il groppo? Si viene a scoprire che il nodo era semplicemente appoggiato ad una sporgenza, nulla di più, una fottuta tenace sporgenza che c’ha fatto perdere circa 2 ore!


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI