SPIGOLO DELLE CANNE D’ORGANO – COSTA DELLA SCOGLIERA
venerdì 01 novembre ’24
C’è da dire che noi ce la si spassa. Forse il Caddy un po’ meno che si trova costretto a portarci su e giù per mezza Italia visto che c’abbiamo la mania della Toscana. Ma non quella del nord, dove ci sono le Apuane e dove il caiano, quello che c’ha l’aquila stampigliata sul petto, volgerebbe lo sguardo. No, noi puntiamo ancora più a sud, non perché le nostre aquile abbiano perso la voglia di volare, tutt’altro. Semplicemente perché volendocela spassare, più giù, all’Argentario, c’è pure la possibilità di farsi un bel tuffo. È per questo che il pensiero alle montagne sopra Massa lo lascio per un attimo da parte e rilancio col promontorio di Grosseto. E poi, proprio perchè ce la spassiamo, chi ci rimette è la nostra linea, tutto a vantaggio del panettiere di Porto Ercole che sbanca la giornata dopo la nostra visita. D’altra parte una robusta colazione vista mare è quantomeno indispensabile per la giornata che ci aspetta. Satolli tanto che la Laura mi mette in bocca una mela, arriviamo sotto l’evidente spigolo. Lasciamo l’auto e individuiamo il sentiero d’accesso, altro elemento da giornata sciallata: poco più di un quarto d’ora per arrivare alla base della parete dopo aver scaldato gli avambracci colle fisse. Mi preparo domandandomi se sia effettivamente necessario trasformarmi nell’omino Michelin o, se vogliamo, in un manichino per un negozio di articoli d’alpinismo ma, d’altra parte, meglio essere previdenti. Un po’ come al bancone del panettiere: meglio abbondare con le barchette ripiene di crema alla nocciola ‘che poi non si sa quando si potrà ingurgitare ancora qualcosa. Così dopo che la Laura ha finito di litigare con il verso di tenuta del secchiello, lascio la partenza nelle sembianze di un bonzo. Mi sento forte e aitante, con dei muscoli grossi così (come gli stuzzicadenti dimensione maxi): sarà forse perché ho davanti una serie di mega ronchie. Poi però le zappe terminano, il diedro davanti a me si fa un po’ più impegnativo e io non posso più buttare là il piede come fosse un’inutile appendice del mio corpo. Guardo il ferro da stiro che ho alle estremità e mi domando perché diavolo abbia deciso di lasciare le scarpette in macchina. Ah, già: perché c’ho i muscoli come degli stecchini. Comunque spingo sull’appoggio, mi allungo alla ronchia e mi alzo; poi arriva la fessura, la seguo e in quattro e quattr’otto sono in sosta. Mi sembra di aver scalato per un’infinità ma la Laura sarà sì e no 30 metri più in basso. Per il momento però può andare bene così: mi assicuro e aspetto che mi raggiunga. La lunghezza seguente ha dei tratti che sembrano la bocca puzzolente dell’orco ma poi, quando ci entro, scopro che Shrek ha fatto la pulizia dentale e si è sciacquato le fauci con l’acqua di colonia alle rose: supero il tratto atletico (forse anche grazie agli stecchini alla Pinocchio che partono dalle spalle) e poco oltre arrivo alla sosta - Mi fermo? - - Ma no: vai avanti… - non so se la Laura mi spinga a proseguire perché punta ad un nuovo passaggio dal panettiere o perché sente il vociare delle orde caiane che si stanno approcciando alla parete dal tempo necessario per raggiungere lo spigolo del Badile. In fondo, però, fermarsi qui significherebbe poi fare un’ulteriore più in alto: troppo sbattimento per chi vuole sciallarsela! Così vado avanti e inizio il corso di tiro alla fune. La corda non viene: sotto dev’essersi attaccato l’intero zoo di Berlino con ippopotami, elefanti e orsi obesi allevati alla mensa del McDonald’s. Tiro come un forsennato gonfiando le propaggini da burattino e, quando vedo la sosta successiva, mi sembra di essere davanti ad una pozza d’acqua dopo aver attraversato il Sahara. Intanto il mio stato da bonzo non mi aiuta: più che biscotti e brioche mi sembra di aver mangiato cassöla e bagna cauda per contorno ma, per lo meno, siamo a buon punto; faccio due conti e azzardo che con un bel tirone lungo dovremmo uscire dallo spigolo. Così quando mi apprendo a ripartire - Quando finisce la corda, parti - tanto oramai di sorprese non dovrebbero essercene. Riprendo a salire con la peperonata che fa l’incudine nello stomaco ma almeno lo zoo si è fermato a far compagnia alla Laura. Lo spigolo si abbatte e io mi involo verso l’uscita perché poi mi aspetta il corso di nuoto. La Laura arriva, sistemiamo il materiale ricordandoci che non siamo elettricisti e la corda non va fatta su come il cavo dell’aspirapolvere e poi prendiamo il sentiero del ritorno che, per dirla alla Laura, sembra infinitamente più lungo e complicato di quanto abbiamo fatto in salita.
Cavallo Goloso
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