|racconto|   |relazione|   |foto|


BRASSICA OLERACEA – BRONTOSAURO

Sabato 15 settembre ‘12


“Devo essere a casa presto” “cioè? A che ora?” la mail non riceve risposta e quindi immagino che Fabio debba essere pronto, pulito e profumato per le sette, magari le sei di sera così mi metto tranquillo in attesa del sabato ossequiando il detto “il lavoro è un passatempo tra un week end e l’altro”.

Una gradita sorpresa accompagna il ritrovo ad un orario solitamente improponibile per una tranquilla salita in valle: Dello è tornano nuovamente in campo! Siamo così in tre a bordo della Yaris alla volta del mitico paradiso valtellinese mentre Fabio, parlando del più e del meno, snocciola l’acerbo orario acerbo per essere a casa: le 3 o, al massimo, le 3:30! Ovviamente non filtro ciò che penso anche perchè la giustificazione non fa l’equazione con la gnocca ed esterno vivamente il mio disappunto mentre mi mangio le mani osservando la totale assenza di nuvole che ci circonda. In ogni caso, la frittata è oramai pronta e quindi proseguiamo il nostro viaggio alla volta delle placche di Bakunin rispettando comunque il sano principio della preservazione del portafoglio rinunciando, nonostante l’incessante ticchettare dell’orologio, a lasciare l’auto al Gatto Rosso.

Oggi è la giornata dei grandi ritorni: insieme a Dello si rivede infatti anche carta-forbice-sasso che pensavo fosse oramai morto e sepolto. Perdo la sfida e mi accaparro l’ultimo tiro della via insieme a Brassica Oleracea, salita oramai dimenticata che ovviamente, spinti dal sapore dei tempi che furono, vorremo rispolverare.

Parte così Fabio alla volta della prima lunghezza che rappresenta anche l’ostacolo più grande della salita, un paio di movimenti delicati sui piedi (leggi spalmo estremo e morte sicura) con l’unica certezza di avere tra le mani una spiovente tacchetta in corrispondenza dello spigolo della struttura. Il capo cordata fa un paio di tentativi ma poi l’istinto caiano (che i sani di mente definirebbero istinto di sopravvivenza) bussa nella sua testa facendogli scovare una scappatoia. “Provo a vedere di qua”: lascia la roccia, si infila nel bosco al lato della struttura e meschinamente aggira il passo duro nonchè chiave della via. Ancora una volta sono un fiume in piena: va bene barare (e questo blog ne è la prova!) ma c’è un limite a tutto: se su una via di quattro lunghezze, quella più impegnativa la si bypassa così, non si può certo considerare di aver compiuto la salita! Gli prometto che sbandiererò la figuraccia a livello mondiale mentre, in preda ad un’evidente stato di boria, continuo a far cuocere i fagioli facendo presente che avrebbe potuto lasciare provare il sottoscritto. Al momento, comunque, l’unica soluzione per rimediare alla frittata di Fabio è quella che io e Dello, pur da secondi, si affronti direttamente l’ostacolo scoprendo così che il tutto si risolve con un paio di passi d’aderenza per prendere una discreta tacca e poi un buon piatto e quindi uscire dalle difficoltà: di fatto Fabio aveva praticamente superato il passaggio e, se solo fosse stato meno codardo (o avesse avuto meno amor proprio!), probabilmente staremmo a raccontare un’altra storia. È pur vero che, a parlare da secondi, sono tutti capaci!

In ogni caso, il mio biglietto mi porta alla base dell’ultimo tiro e, finalmente, posso passare in testa: salgo così la placca e le fessure successive che si rivelano decisamente meno ostiche di quanto potessero sembrare dal basso e poi sono ad uno spigoletto, con un passo che, seppur più facile, è simile a quello famoso della prima lunghezza. Caro Fabio, che fare? Qui non si può barare: o passi da lì o ti cali dall’arbusto alla base. E siccome alla morte certa (leggi calata dall’arbusto di dubbia tenuta), preferisco la speranza di poter continuare a vivere e poiché il passo non sembra insormontabile, studio la roccia e riparto. Con un paio di spalmi sono fuori, confermando che il passaggio è certamente più semplice di quello in partenza che, oltretutto, essendo affrontato “a freddo” aumenta certamente il suo fattore di difficoltà.

Senza la guida e solamente con il ricordo delle sue indicazioni, andiamo alla ricerca di Brassica Oleracea. Mi sento in forma e particolarmente motivato, sarà per la prestazione su Galactica o per lo stimolo caiano che si fa sempre più vivo visto che oramai gli effetti di Don Quixotte si vanno sempre più ad affievolire, fatto sta che sono curioso di andare almeno a vedere il secondo tiro. Individuiamo quella che crediamo essere la zona dell’attacco e, poco più in alto evitando così una parte del facile primo tiro, inizio la mia scalata. Subito piazzo un paio di friend, pensando che quelle siano le uniche protezioni prima della sosta che abbiamo individuato in un gruppo di faggi sulla destra. Inizio così il mio viaggio interiore immergendomi in questo mare di placche: la navigazione procede senza problemi favorita anche dalla bonaccia anche se, in lontananza, si intravedono alcuni segnali di una possibile tempesta. Devo quindi traversare (almeno stando ai nostri piani) e, poco prima del cambio di direzione, riesco a piazzare un C3; e poi è solo spalmo per fortuna non estremo. Raggiungo uno spit della Casa delle Bambole e poi, con un altro passo delicato, la nostra sosta. L’ultima lunghezza dovrebbe essere quella più impegnativa ma a guardarla la difficoltà dichiarata sembra eccessiva, così riprendo a salire su una placca improteggibile e con sommo piacere trovo conferma dell’idea che mi sono fatto: la via è quindi ben presto ai nostri piedi anche se rimane il dubbio di aver effettivamente salito quella linea e non aver invece effettuato una traversata sulla placca basale del Tirchiosauro.


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI