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ALBERTINI – PRIMO MAGNAGHI (O MAGNAGHI MERIDIONALE)

domenica 10 ottobre ’21


Unica uscita del corso cui partecipo e sono in ritardo: sono solo un paio di minuti ma la cosa mi da comunque un certo fastidio soprattutto perché sono già tutti schierati ad aspettarmi. Tiro giù lo zaino preparato in fretta e furia e salto sull’auto degli allievi mentre il dubbio si fa sempre più grande tanto che, una volta arrivato ai Resinelli, è diventato una certezza: le scarpette sono rimaste a respirare l’aria della cantina! In qualche modo me la caverò (d’altra parte non ho alternative): scarto il Fungo optando per i Magnaghi insieme al Gabri, mi affidano quindi la coppia di allievi più lenta del corso (continuiamo ad andare bene!) e poi si parte. Già sulla Cermenati le cose non vanno per il meglio: oltre alla nebbia da film dell’orrore che fa sparire il panorama, bastano pochi tornanti perché Houdini faccia altrettanto con la corda della mia allieva facendola comparire nello zaino del Gabri così da permetterci di raggiungere l’attacco della normale del Sigaro in tempi ragionevoli. D’altra parte ho sempre trovato una gran rottura di scatole fare il giro, risalire alla bocchetta per poi calarsi all’attacco dell’Albertini: molto meglio raggiungerlo dal basso con un tiro sul Sigaro. Che poi, col senno di poi, se avessimo seguito il percorso lungo, probabilmente ci saremmo trovati a bivaccare! In ogni modo, sui primi due tiri tutto fila liscio tanto da non lasciarmi alcun dubbio sul completamento della classica traversata ma, al terzo, la mannaia cala sulle nostre teste: il passo poco sopra la partenza fa quasi strage degli allievi, ad ogni minimo movimento verso l’alto è un continuo “recupera!”, “tieni bene!” nonostante la corda sia tesa quasi come quella del violino! Passa un’altra lunghezza e al termine, prevedendo quello che ci aspetta prendo lo zaino della ragazza giusto per provare ad alleggerirla un po’: così mi viene consegnato un macigno, un basto da spedizione himalayana! Tiro fuori le scarpe ma quello continua a rientrare nella categoria pesi massimi, panino e banana (!) non contribuiscono. Frugo meglio e trovo un thermos da un litro e mezzo: “bevo molto” è la giustificazione. Va bene, cara, berrai pure tanto ma una bottiglia di plastica non trovi che sia meglio? Sul quinto tiro la situazione non migliora e, anzi, mentre la ragazza rimane nel suo normale stato di lentezza, il compagno ha quasi un crollo: alla sosta implora la pausa, almeno per bere un sorso d’acqua. Sembra uscito da una qualche lotta epica caiana degli anni ’30. Gli faccio notare che, se vuole, può bere anche subito intanto che recupero la ragazza e poi lo rassicuro che la prossima sosta sarà decisamente più comoda e potrà pure rifocillarsi. Almeno siamo alla cresta, ora dovremmo andare un po’ più rapidi e scongiurare l’ennesima epopea. Quello che è certo è che non proseguiremo per il terzo Magnaghi ma scenderemo per Nastassia Kinsky. Così informo gli allievi che progrediremo in conserva; quelli mi guardano pensando a quale pietanza mi stia riferendo e così gli spiego rapidamente: “quando la corda finisce, voi partite”. Il dovuto chiarimento mi sembra semplice e completo anche a chi dovesse aver la mente un po’ annebbiata per l’impresa titanica e la quota. Così mi avvio finchè la corda non inizia a tirare. Urlo alle retrovie di muoversi e quelli mi domandano: “ma siamo in sicura?”. Oh cazzo! Ma l’italiano è così difficile da capire? Sarà che non sono più abituato ad andare in giro con gli allievi ma è anche vero che, ai miei tempi (sic!), sarei stato probabilmente buttato giù dalla parete per manifeste incapacità. In qualche modo (leggi un po’ di andate e ritorni sulla cresta), arriviamo finalmente alle calate. Butto le corde, preparo il mio allievo e poi scendo dalla parete. Alla sosta inizio ad attendere. Aspetto. Attendo ancora un po’. Temporeggio un pochino. Mi metto in attesa. Niente. Da su non arriva nessuno. Poi finalmente l’allievo scende con la velocità della processione pasquale. Il rientro ai Resinelli è in linea con la ritirata di Russia col risultato che raggiungo il parcheggio alle 18 già con la certezza di beccarmi l’ennesimo cazziatone; invece, stranamente, le cordate del Fungo non sono ancora arrivate e così posso ripensare ai tempi passati quando era normale tornare alla macchina all’imbrunire con una manciata di tiri portati a casa per il rotto della cuffia.


Cavallo Goloso


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domenica 16 maggio ‘10


Il corso di alpinismo è l’occasione per tornare dopo circa un anno e mezzo a scalare in Grignetta. Dopo la lunga assenza queste guglie sembrano ancora più slanciate ed eleganti mentre si protraggono verso l’alto con la loro esposizione e verticalità.

Mi aggrego al Giaguaro diretto ai Magnaghi per salire l’Albertini. Nonostante la difficoltà contenuta della salita, la linea resta sempre molto accattivante mentre la roccia della Grigna offre qualità e passaggi sempre allettanti proprio sulle vie più facili.

Essendo un corso d’alpinismo, cerco di utilizzare solo protezioni mobili: le clessidre non mancano e anche le fessure per i friend non scarseggiano. La mia idea è quella di mostrare ai miei due allievi le opportunità per proteggersi offerte dalla roccia. Ma l’evolversi degli eventi, mi costringe a cambiare ben presto tecnica ricorrendo ai fittoni presenti; la progressione della cordata è infatti piuttosto lenta anche perché uno dei miei secondi ha qualche difficoltà di troppo a salire lungo il diedro della via. Scalare poi con gli scarponi e i ramponi nello zaino, insieme con la scarsa fiducia in chi mi assicura, sono ulteriore motivo per prediligere a protezioni più precarie la sicurezza dei resinati.

Completiamo così la via e iniziamo la traversata verso il secondo Magnaghi: l’idea iniziale era di salire anche la Lecco, ma l’orario e soprattutto la stanchezza di uno dei due allievi ci consiglia di optare per la discesa in doppia. Lungo la normale ci sono però diverse cordate del nostro corso e così decidiamo di scendere sul versante settentrionale lungo le catene di Nastassia Kinsky. Proprio sull’ultima sosta, mi sento chiamare: mi volto e vedo Cece impegnato sulla Graziella insieme a Silvia!

Un’ultima calata ci deposita nel canalone Porta da cui torniamo ai Resinelli.

Ma la mia giornata arrampicatoria non è ancora terminata. Presa la macchina, passo a prendere la Micol per poi andare a Scarenna: ma gli effetti della salita si fanno sentire e dopo due tiri alzo bandiera bianca con le braccia decisamente doloranti.


Cavallo Goloso


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