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ALBERTINI – PRIMO MAGNAGHI (O MAGNAGHI MERIDIONALE)

sabato 28 settembre ‘24


Venerdì brancolo nel buio, sono tra quelli che sono sospesi: che ne sarà di noi l’indomani? Alla fine lascio decidere alla sveglia o, meglio, al fatto di non puntarla col risultato che solo alle 10 varchiamo la soglia di casa. Meta? I caiani, quelli puri, inorridirebbero: Albertini ai Magnaghi! Ho il nugolo di vespe delle critiche nelle orecchie: ma come? A quell’ora bisognerebbe già essere in vetta, la via domata ai piedi come una bestia feroce! All’alba, rigorosa sveglia all’alba, solo questo è il vero comandamento! Già e così ce ne staremmo a suonare le maracas con i denti e i ghiaccioli al naso! Che poi, uscendo di casa alle 10, c’è anche un altro insindacabile vantaggio: non si becca la coda in parete! Dimentico però quella per raggiungere i Resinelli con tanto di automobilisti che confondono freno con acceleratore. Poi c’è la questione parcheggio, soprattutto dopo che i sanguisuga del comune hanno avuto la brillante idea di mettere a pagamento il piazzale d’arrivo: ora che brilla è il loro deposito alla De Paperoni! Ci provo lo stesso e prendo la stradina che sale oltre: non ho grandi speranze (a dire il vero praticamente nessuna) ma il primo spiazzo gratuito è sostanzialmente vuoto - Continuo? - - Ovvio che sì! - Libero quindi i cavalli e arrivo all’imbocco del sentiero dove è rimasto proprio un posto giusto giusto per noi, manco l’avessimo prenotato. Prendiamo il sentiero e io mi sento un po’ come un cavallo imbizzarrito: forse è per quello che la Laura brucia le fatidiche sette camice ed è sul punto di un collasso ma, alla fine, arriviamo all’attacco dopo circa un’ora di “passeggiata”. Come volevasi dimostrare alla partenza non c’è nessuno: carico l’imbraco di ferraglia compresi quattro “sbattiuova” per il saggio principio del “non si sa mai” (magari ci scappa una frittatina in vetta) e parto. La prima lunghezza è sempre la prima lunghezza anche se oramai a furia di ripeterla dovrei conoscere quasi le prese a memoria e, soprattutto, essere una delle cause del viscidume che inizia a spantegarsi sulla roccia. La Laura mi raggiunge e inizia quel processo che oscilla tra il continuo spavento e l’estasi per il Caianesimo. Poi c’è il secondo tiro che, invece, è sempre il secondo tiro soprattutto se diventa infinitamente lungo perchè ne unisco due in uno - Così guadagniamo tempo! - Il motivo è che stasera ci aspetta la pizza e non intendo farla raffreddare troppo! Stesso dicasi per la lunghezza seguente: anche qui salto la sosta e arrivo praticamente in cima al tratto ripido. Bene! Ottimo! La Laura veleggia sempre più tra il terrore e la trasfigurazione, è come se camminasse sulla lama di un coltello ma sembra reggere bene la tensione perchè è in queste situazioni che si esalta di più! È una qualche sindrome strana? No, semplice sindrome Fraclimb! Ora, con il nostro unire tiri, abbiamo guadagnato del tempo utile (tanto che il rischio di fare raffreddare la pizza è quasi sparito) ma ogni occasione per perderlo nuovamente è sempre dietro l’angolo - Quando è finita la corda, parti! - Lascio la Laura con questa indicazione e mi avvio per il tratto soprastante: supero la sosta, scendo quel tanto che basta per passare oltre il successivo intaglio e poi continuo per la facile cresta finchè, stunk!, la corda mi blocca. Sarà già finita... Aspetto un attimo ma niente: nulla si muove. Ma quanto ci vuole? Poi dal basso - Recupera! - Ma ancora nulla. Non ci vuole un Einstein per capirlo: è incastrata da qualche parte! Torno giù e così col cavolo che guadagniamo tempo; certo che anche io c’ho messo del mio: con i vari giri e 60 metri di corda libera sperare che tutto filasse liscio era un po’ come fare un terno al Lotto! Ma mentre scendo, la Laura sale, arriva all’incastro, libera la corda e io posso proseguire verso la sosta di calata. Oramai sembra che il giro dei Magnaghi stia diventando una sorta di chimera ma, almeno in questo caso, avevo già messo in conto che non l’avremmo completato. Butto quindi le doppie su Nastassia e mi calo: la Laura mi segue a fuoco come se calarsi fosse una cosa normalissima ma oramai da quella lama del coltello è saltata giù da un po’ e dal lato giusto, la trasfigurazione è avvenuta e ora che oltre allo scialpinismo abbiamo anche la prospettiva del Cainesimo arrampicatorio mi toccherà arroventare il cervello per trovare le prossime uscite!


Cavallo Goloso


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domenica 10 ottobre ’21


Unica uscita del corso cui partecipo e sono in ritardo: sono solo un paio di minuti ma la cosa mi da comunque un certo fastidio soprattutto perché sono già tutti schierati ad aspettarmi. Tiro giù lo zaino preparato in fretta e furia e salto sull’auto degli allievi mentre il dubbio si fa sempre più grande tanto che, una volta arrivato ai Resinelli, è diventato una certezza: le scarpette sono rimaste a respirare l’aria della cantina! In qualche modo me la caverò (d’altra parte non ho alternative): scarto il Fungo optando per i Magnaghi insieme al Gabri, mi affidano quindi la coppia di allievi più lenta del corso (continuiamo ad andare bene!) e poi si parte. Già sulla Cermenati le cose non vanno per il meglio: oltre alla nebbia da film dell’orrore che fa sparire il panorama, bastano pochi tornanti perché Houdini faccia altrettanto con la corda della mia allieva facendola comparire nello zaino del Gabri così da permetterci di raggiungere l’attacco della normale del Sigaro in tempi ragionevoli. D’altra parte ho sempre trovato una gran rottura di scatole fare il giro, risalire alla bocchetta per poi calarsi all’attacco dell’Albertini: molto meglio raggiungerlo dal basso con un tiro sul Sigaro. Che poi, col senno di poi, se avessimo seguito il percorso lungo, probabilmente ci saremmo trovati a bivaccare! In ogni modo, sui primi due tiri tutto fila liscio tanto da non lasciarmi alcun dubbio sul completamento della classica traversata ma, al terzo, la mannaia cala sulle nostre teste: il passo poco sopra la partenza fa quasi strage degli allievi, ad ogni minimo movimento verso l’alto è un continuo “recupera!”, “tieni bene!” nonostante la corda sia tesa quasi come quella del violino! Passa un’altra lunghezza e al termine, prevedendo quello che ci aspetta prendo lo zaino della ragazza giusto per provare ad alleggerirla un po’: così mi viene consegnato un macigno, un basto da spedizione himalayana! Tiro fuori le scarpe ma quello continua a rientrare nella categoria pesi massimi, panino e banana (!) non contribuiscono. Frugo meglio e trovo un thermos da un litro e mezzo: “bevo molto” è la giustificazione. Va bene, cara, berrai pure tanto ma una bottiglia di plastica non trovi che sia meglio? Sul quinto tiro la situazione non migliora e, anzi, mentre la ragazza rimane nel suo normale stato di lentezza, il compagno ha quasi un crollo: alla sosta implora la pausa, almeno per bere un sorso d’acqua. Sembra uscito da una qualche lotta epica caiana degli anni ’30. Gli faccio notare che, se vuole, può bere anche subito intanto che recupero la ragazza e poi lo rassicuro che la prossima sosta sarà decisamente più comoda e potrà pure rifocillarsi. Almeno siamo alla cresta, ora dovremmo andare un po’ più rapidi e scongiurare l’ennesima epopea. Quello che è certo è che non proseguiremo per il terzo Magnaghi ma scenderemo per Nastassia Kinsky. Così informo gli allievi che progrediremo in conserva; quelli mi guardano pensando a quale pietanza mi stia riferendo e così gli spiego rapidamente: “quando la corda finisce, voi partite”. Il dovuto chiarimento mi sembra semplice e completo anche a chi dovesse aver la mente un po’ annebbiata per l’impresa titanica e la quota. Così mi avvio finchè la corda non inizia a tirare. Urlo alle retrovie di muoversi e quelli mi domandano: “ma siamo in sicura?”. Oh cazzo! Ma l’italiano è così difficile da capire? Sarà che non sono più abituato ad andare in giro con gli allievi ma è anche vero che, ai miei tempi (sic!), sarei stato probabilmente buttato giù dalla parete per manifeste incapacità. In qualche modo (leggi un po’ di andate e ritorni sulla cresta), arriviamo finalmente alle calate. Butto le corde, preparo il mio allievo e poi scendo dalla parete. Alla sosta inizio ad attendere. Aspetto. Attendo ancora un po’. Temporeggio un pochino. Mi metto in attesa. Niente. Da su non arriva nessuno. Poi finalmente l’allievo scende con la velocità della processione pasquale. Il rientro ai Resinelli è in linea con la ritirata di Russia col risultato che raggiungo il parcheggio alle 18 già con la certezza di beccarmi l’ennesimo cazziatone; invece, stranamente, le cordate del Fungo non sono ancora arrivate e così posso ripensare ai tempi passati quando era normale tornare alla macchina all’imbrunire con una manciata di tiri portati a casa per il rotto della cuffia.


Cavallo Goloso


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domenica 16 maggio ‘10


Il corso di alpinismo è l’occasione per tornare dopo circa un anno e mezzo a scalare in Grignetta. Dopo la lunga assenza queste guglie sembrano ancora più slanciate ed eleganti mentre si protraggono verso l’alto con la loro esposizione e verticalità.

Mi aggrego al Giaguaro diretto ai Magnaghi per salire l’Albertini. Nonostante la difficoltà contenuta della salita, la linea resta sempre molto accattivante mentre la roccia della Grigna offre qualità e passaggi sempre allettanti proprio sulle vie più facili.

Essendo un corso d’alpinismo, cerco di utilizzare solo protezioni mobili: le clessidre non mancano e anche le fessure per i friend non scarseggiano. La mia idea è quella di mostrare ai miei due allievi le opportunità per proteggersi offerte dalla roccia. Ma l’evolversi degli eventi, mi costringe a cambiare ben presto tecnica ricorrendo ai fittoni presenti; la progressione della cordata è infatti piuttosto lenta anche perché uno dei miei secondi ha qualche difficoltà di troppo a salire lungo il diedro della via. Scalare poi con gli scarponi e i ramponi nello zaino, insieme con la scarsa fiducia in chi mi assicura, sono ulteriore motivo per prediligere a protezioni più precarie la sicurezza dei resinati.

Completiamo così la via e iniziamo la traversata verso il secondo Magnaghi: l’idea iniziale era di salire anche la Lecco, ma l’orario e soprattutto la stanchezza di uno dei due allievi ci consiglia di optare per la discesa in doppia. Lungo la normale ci sono però diverse cordate del nostro corso e così decidiamo di scendere sul versante settentrionale lungo le catene di Nastassia Kinsky. Proprio sull’ultima sosta, mi sento chiamare: mi volto e vedo Cece impegnato sulla Graziella insieme a Silvia!

Un’ultima calata ci deposita nel canalone Porta da cui torniamo ai Resinelli.

Ma la mia giornata arrampicatoria non è ancora terminata. Presa la macchina, passo a prendere la Micol per poi andare a Scarenna: ma gli effetti della salita si fanno sentire e dopo due tiri alzo bandiera bianca con le braccia decisamente doloranti.


Cavallo Goloso


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