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CASCATA DELLO SPLUGA – VALLE SPLUGA

domenica 02 gennaio ‘11


Siamo decisi sulla meta da affrontare come lo si è tra una crostata e una scatola di biscotti; e siccome la vita richiede una decisione tra il bianco e il nero, alla fine optiamo per la Cascata dello Spluga. La parte più pericolosa è rappresentata dall’avvicinamento lungo la stretta strada che da Pianazzo porta a Campodolcino e per superare indenni l’ostacolo dobbiamo far girare gli ingranaggi dei nostri cervelli congelati arrivando alla conclusione che le picche potrebbero essere benissimo utilizzate come dissuasori contro le auto. Gli spauriti autisti si tengono così ben lontani dai nostri affilati attrezzi finchè raggiungiamo indenni il nostro canale di salita.

Saliamo il primo tratto slegati, sfoderando la nostra maestria su un pendio di neve pressata che potrebbe dare del filo da torcere ad un milanese domenicale. Poi, all’apparire del primo ghiaccio, ci leghiamo saggiamente in cordata affidandoci alla perizia di Cece nell’individuare il percorso migliore. Ovviamente il capocordata, già sul secondo tiro, sfodera tutte le regole basi dell’alpinismo classico, portandoci a raccogliere funghi nella boscaglia a lato della cascata. In ogni caso, quello sarà il tratto più impegnativo di tutta la salita.

È il turno di Fabio. Ha poche alternative: o sale dallo stretto canalino ghiacciato o deve improvvisarsi nel grass-tooling. Siccome il grass-tooling non si atterrebbe al requisito principe dell’alpinismo classico a causa dell’eccessiva ripidità del percorso, ci infiliamo nello stretto budello proseguendo la nostra progressione verso la vetta (cioè la fine della cascata). Poi alla fine arriva anche il mio turno. I due simpatici amici mi spingono a salire per il muro di ghiaccio a destra del canale: mi avvicino a quel ghiaccio e inizio ad osservarlo. Mi sta antipatico. Preferisco quindi attenermi al principio del “facile nel difficile” e, in compagnia della mia codardia, salgo lungo il canale. Un lungo tiro ci conduce al termine delle difficoltà tecniche e, navigando nella neve profonda, usciamo finalmente al sole.

Terminati i complimenti di rito per la vittoria nella dura lotta con l’alpe, ci tocca abbandonare il paradisiaco pianoro dove sbuca la nostra linea. Ci rituffiamo così nella massa nevosa tornando nel regno delle ombre per il bosco a lato della cascata fino a raggiungere il torrente oltre il quale si trova Pianazzo, dove abbiamo lasciato l’auto. Dopo aver affrontato l’infido passaggio e esserci scavati un cammino nella neve, noi prodi valorosi ritorniamo al mondo dei normali. Certamente più normali del sottoscritto e di Fabio che passeranno la notte in tenda a Pontresina!


Cavallo Goloso


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