racconto del corno del nibbio, valsassina (lecco, lombardia)


|racconto|


CORNO DEL NIBBIO – GRIGNETTA

sabato 27 agosto ‘11


Voglio sperare che non sia l’inizio della beffa con cui il tempo si diverte a manovrare i nostri programmi come il burattinaio con i pupazzi: tempo bello, caldo e stabile in settimana, freddo, bufera, cataclisma nel week end! Avevamo già programmato tutto e già fantasticavo sulla salita: mi vedevo attaccato all’unica insignificante asperità nel vano tentativo di progredire verso l’alto. E invece niente: venerdì arriva la perturbazione, nella notte si diverte a bersagliare la catena alpina per poi concludere i festeggiamenti il sabato in mattinata. Risultato: i nostri sogni di gloria svaniscono in un lampo e ci troviamo costretti ad optare per una giornata in falesia.

Siamo solo io e Cece; il richiamo della montagna è comunque sempre forte così ci spingiamo fino alle pendici della Grignetta, ben sapendo che dovremo poi rintanarci sotto la parete del Nibbio. Se non altro, per noi è una falesia nuova. Le guglie della Grigna sono avvolte da un fitto via vai di scure nuvole che ricoprono come un cappello tutte le pareti: ogni nostro sogno alpinistico si infrange contro l’instabile muraglia grigia e a noi non resta che confrontarci con la parete del Nibbio. Ci portiamo all’estrema sinistra con l’intento di salire le lunghezze più abbordabili finché, durante la salita di un tortuoso 6b, iniziano a cadere pesanti goccioloni che si frantumano a contatto con la roccia. Rapidamente torno a terra temendo che, da lì a poco, si possa scatenare il finimondo e invece tutto tace. Ignorando così il grigio calderone sopra le nostre teste, continuiamo la nostra ripetitiva attività: prima un 6c (che mi viene a vista!) e poi il diedro Boga. Intanto il contenuto del pentolone è arrivato a ebollizione e sulle nostre teste cadono decise numerose gocce di pioggia. A dire il vero, la parete ci ripara dall’acqua ma teniamo comunque buona la scusa per riposare le braccia. Far nulla però è piuttosto noioso (la prossima volta porto le carte) e di conseguenza siamo ben presto alla base del nuovo obiettivo. Già l’ingresso è bello tosto: le braccia invocano pietà e non mi resta che piegarmi al resting. In ogni caso riesco a infilarmi sempre di più nei casini: sotto di me il numero di spit aumenta inesorabilmente finchè una fessura obliqua mi costringe a tornare a terra per prendere la staffa. Anche questa soluzione non mi permette di superare il passo: alla fine devo sperare quindi nel mio anchilosato braccio sinistro e raggiungere la successiva protezione. Da qui le difficoltà diminuiscono ma sono comunque letteralmente distrutto e quindi continuo ad annaspare fino a raggiungere la sosta. Per oggi può anche bastare anche perchè all’orizzonte si staglia un nuovo obiettivo.

Mentre noi eravamo presi dai nostri monotiri, il vento si è dato da fare spazzando via ogni nuvola e lasciando un cielo perfettamente limpido; la voglia di salire in cima alla Grignetta è forte e certamente il fatto di avere le braccia completamente rotte è uno stimolo ulteriore per abbandonare l’ombra del Nibbio. Cece oltretutto lancia la sua esca: salita alla vetta dalla Segantini. E il pesce abbocca anche se con qualche perplessità sulla fattibilità del tragitto perchè non vorrei tornare ai Resinelli troppo tardi. Così espongo le mie perplessità accettando di raggiungere il colle Valsecchi ben sapendo che, alla peggio, potremo da lì salire per il sentiero Cecilia.

Lasciamo la macchina alle 15:30; con noi abbiamo solo un litro d’acqua e le scarpette: insomma siamo equipaggiati proprio all’opposto di quello che solitamente si dice! Rapidi ci avviamo lungo la nota Direttissima: non ho mai trovato il sentiero così breve e pianeggiante, tanté che in un attimo siamo al caminetto Pagani e poi alla biforcazione con il sentiero Giorgio. L’ultima rampa ci porta, dopo 45’ di cammino, al colle Valsecchi. Davanti ai nostri occhi la sud del Cavallo ci strizza l’occhiolino: proviamo ad individuare i tracciati delle salite effettuate su quella lavagna mentre penso che, la prossima volta, mi piacerebbe spostarmi un po’ più a destra...

Il mio orologio interno mi richiama all’ordine e così iniziamo la salita della cresta; il primo temuto passo è rapidamente archiviato anche se, per essere dichiarato solo III, è certamente piuttosto impegnativo. Possiamo così iniziare il nostro gioco di continui sali e scendi tra un guglia e l’altra entrando sempre di più nel vivo di questa piccola ma entusiasmante avventura. Ben presto raggiungiamo la placca di IV: progredendo slegati, non ci sembra il caso di continuare con la nostra baldanzosa progressione così, calzate le scarpette, riprendiamo a salire. Dopo aver passato la mattina in falesia e poi aver scalicchiato con le scarpe d’avvicinamento, il nuovo assetto svela subito i numerosi vantaggi così superiamo rapidamente il tratto difficile e, indossate nuovamente le scarpe, usciamo dalla cresta per arrivare in cima in un’ora dal colle Valsecchi.

Sulla vetta ci siamo solo noi e altri due escursionisti: uno spettacolo! Il cielo è limpido e possiamo godere di un incredibile panorama che abbraccia gran parte dell’arco alpino mentre il sole ci saluta illuminandoci con i suoi caldi raggi. Dobbiamo ora pensare alla discesa: scartiamo l’ipotesi cresta Sinigaglia per non perdere troppo tempo e così non ci rimane che buttarci sulla noiosa Cermenati puntado decisi a valle. Ricordavo un percorso più ripido e faticoso ma, senza alcun peso sulle spalle, la discesa è un vero piacere e un inaspettato quanto gradito divertimento. Così non sono ancora le 18:30 quando ritorniamo alla macchina dopo aver soddisfatto (almeno fino al prossimo week end!) la nostra sfrenata voglia di montagna.


Cavallo Goloso


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