|racconto|


CRANNA – VAL CHIAVENNA

sabato 01 dicembre ‘12


Pianifichiamo tutto per bene e con trepidazione aspetto che arrivi finalmente il sabato. E poi piove. Non forte, quella pioggerellina fastidiosa che però bagna tutto e quindi, quando ci troviamo a Lecco, non sappiamo minimamente cosa fare. Guardiamo il Medale che ci appare ricoperto di nuvole mentre sulla parete risale un branco di salmoni. Per oggi quindi ogni sogno di gloria e caianesimo extreme torna sotto le coperte mentre ci dovremo accontentare di una giornata in falesia; già, ma quale? Luca propone Cranna, una falesia in val Chiavenna; ovviamente noi caiani non sappiamo nulla sul posto ma alla fine ci infiliamo in macchina e puntiamo verso la nuova meta. Tanto per una volta la benza la mette Luca! Senza guida né un’idea precisa della posizione della parete, girovaghiamo tra Prosto e Villa di Chiavenna prima che Cece riesca ad individuare la meta dietro il palazzo Vertemate Franchi. Andiamo a dare un’occhiata, giusto per avere un’idea e ci appare una parete asciutta grazie ai tetti che la riparano. Insomma, anche oggi potremo scalare! Iniziamo cauti scaldandoci su questa roccia tipo gneiss per poi lanciarci su un 7b. Luca ovviamente chiude il tiro a vista mentre al sottoscritto proprio non riesce la spallata con successivi appigli sfuggenti. Intanto Cece e Colo si buttano sul tiro a destra, un altro 7b, portando a casa risultati migliori del sottoscritto. Il posto non è male, piccolo ma tranquillo e per di più si aggiunge alla lista delle falesie dove si può scalare anche con la pioggia.

Ci spostiamo quindi sulla sinistra: Cece e Colo si buttano su un bel 6b+ (che poi Luca dirà essere forse 6c) mentre il sottoscritto si lascia attrarre dalla lunghezza di fianco, Bastian Contrari (7b). La linea non presenta evidenti strapiombi ma solo un paio di gradini rovesci per poi terminare con un diedro aggettante. Quello sembra il crux del tiro. Da un lato sono invogliato ma dall’altro so di avere poche chance di uscire alla sosta senza sputare sangue; tra l’altro Luca sembra stranamente appagato dei tiri fatti fin’ora e, alla domanda se intenda fare anche lui il tiro, risponde picche sostenendo che, in qualche modo, riuscirò comunque a uscirne. Mi carico i rinvii e parto non proprio convinto. Prima dei gradini rovesci devo però affrontare un difficile ristabilimento su una vena alla base di una placca verticale compatta. Il passo si rivela uno dei movimenti chiave della lunghezza: alzo il piede sinistro sulla vena, tengo di rovescio con la destra la fessura che separa la vena dalla roccia verticale soprastante. Con il palmo dell’altra mano spingo sulla vena e tiro su l’altro piede: spingo sulle gambe e raggiungo una tacchetta insignificante da cui facilmente sono ad un manettone. Ottimo, c’ho impiegato un attimo ma ho fatto tutto senza tirare il rinvio! Ora però ho i gradini rovesci. Per fortuna che le prese sono ben smagnesate e così non ho difficoltà a individuare la giusta sezione della fessura che taglia il primo gradino. Afferro così una buona presa con la sinistra, una tacca con la destra e quindi, dinamico, arrivo ad un altro manettone. Il secondo gradino è un po' più facile e così guadagno la terrazza spiovente alla base del diedro. Prese e appoggi sono ancora segnate ma la struttura sembra comunque la bocca di un pescecane. Per iniziare mi proteggo mentre studio il passo seguente: devo guadagnare una presa dentro il diedro sfruttando un cristallo sulla faccia strapiombante sinistra del diedro. Per il piede destro, invece, ho un appoggio più netto. Provo; il piede destro è troppo basso e non riesco a raggiungere lo spit successivo. Non mi resta che tornare alla terrazza spiovente. Riparto, ma questa volta spalmando il piede destro un po’ più in alto rispetto l’appoggio dove sembra ci siano segni di gomma. Tengo una fessura troppo stretta per infilarci le dita mentre spingo maledettamente sui piedi sperando che il sinistro non scivoli via dal cristallo. Sembra tutto a posto. Lascio una mano e afferro l’intaglio dentro il diedro; sono talmente preso che non ricordo se uso la destra o la sinistra. Rinvio. Sono salvo. Alzo la mano e afferro il bordo del diedro. Accoppio e i piedi partono. Ma la presa è una zanca da quarto grado. Tengo quindi la sbandierata e alzo il piede sinistro fuori dal diedro. L’indicatore della ghisa gira verso il rosso. Comincio ad annebbiarmi e inizio a fare movimenti assurdi e inutili mentre in basso si levano le urla da stadio. Luca mi suggerisce di rinviare la sosta. Eseguo e la nebbia si dirada. Riesco solo a chiedere: “l’ho chiuso? È? L’ho chiuso?”. Dal basso arrivano solo risate; si, vuol dire si! Cazzo, 7b a vista! Ho chiuso un 7b a vista! Incredibile! Non mi resta che scendere e firmare gli autografi! Altro che caianesimo: oggi ho fatto l’FF con ottimi risultati!


Cavallo Goloso


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