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LAGO DEL TRUZZO E RIFUGIO CARLO EMILIO – VALLE SPLUGA

sabato 25 giugno ‘16


Noi ci proviamo ugualmente perchè, con queste previsioni, non si può mai sapere: magari, ad essere fortunati, il sole gira nel verso giusto regalando una buona giornata oppure, ad essere antipatici alla dea bendata, si può restare tutto il giorno con l’ombrello aperto. Eppoi c’è da considerare che oggi è sabato e, per una regola ferrea, nel week end qualcosa bisogna andare a farla, costi quel che costi. Così la sveglia suona puntuale e noiosa come una zanzare sfuggente: precipito dal materasso e, la prima preoccupazione, è sincerarsi che fuori Noè non abbia già varato l’arca. Fuori tutto è tranquillo: al porto non si muove nulla e il più vecchio animalista del mondo guarda scornato il cielo che non rivela alcun segno della preannunciata pioggia.

Raggiungiamo Chiavenna dove le previsioni malauguravano temporali già dalla metà mattina ma tutto sembra tranquillo: o è la calma prima della tempesta o siamo nell’occhio del ciclone o, più semplicemente, la dea bendata sta voltando il suo sguardo su di noi. Prendiamo quindi l’infinita serie di tornanti che risale lungo una stradina costruita apposta per favorire l’incastro di due auto fino ad arrivare davanti ad un cartello di divieto d’accesso dove parcheggiamo. Sono inguaribilmente ottimista e quindi piazzo comunque il para sole per poi iniziare la nostra colante inerpicata su per la scalinata in direzione dell’evidente chiesa del paese. Dopo un comico ma rapido errore di valutazione scusato con la disposizione fuorviante dei bolli bianchi e rossi, ci immettiamo quindi lungo il sentiero corretto infilandoci nel bosco e godendo finalmente di un breve tregua dall’afa imperante. Dietro le nostre spalle una scia appiccicosa e bagnata si protrae come i sassi di Pollicino mentre ci squagliamo come un gelato al sole. Intanto, la traccia inizia lentamente ma inesorabilmente a perdere quota; strano: mi pareva che in montagna prima si andasse in salita e, solo al ritorno, in discesa! Praticamente, quando raggiungiamo l’abitato di Drugo, siamo tornati alla stessa quota di partenza!

Nel frattempo la dea bendata deve essersi stufata di tenerci sotto il suo vigile sguardo, perchè il cielo sulle cime in fondo alla valle ha iniziato la sua rapida metamorfosi passando rapidamente ad un grigio sempre più scuro e minaccioso. Bellamente ce ne infischiamo e iniziamo la nostra salita su per la ripida serie di tornanti allontanandoci sempre più dalla torrida calura equatoriale del fondovalle mentre, alle nostre spalle, fervono i preparativi per il concerto di percussioni; al primo assolo, Micol drizza le orecchie. Io me ne infischio e continuo la marcia verso l’alto. Al secondo tambureggiare, Micol inizia a guardarmi con aria preoccupata e inquisitoria. Io minimizzo e vado avanti. Quando però la musica si fa più vicina e insistente, cedo al suo imperioso sguardo supplicante e, non volendo anch’io fare la fine dell’abito in lavatrice, volto le spalle alla montagna e torno sui miei passi. La situazione prende quindi un certo lato comico: ad ogni tuono, Micol inizia a saettare giù per la discesa per poi rallentare l’andatura in attesa del secondo frastornante tambureggiare che la fa scattare nuovamente con velocità sempre maggiore. Le nuvole intanto hanno abbondantemente divallato la cresta confinale e ben presto si fanno accompagnare da un muro d’acqua che lentamente ma inesorabilmente si va a scontrare con il nostro sentiero. Facciamo giusto in tempo a trovare un riparo sotto la tettoia di una casa quando siamo investiti dall’insistente fiumana verticale. Mentre quindi siamo tranquillamente in attesa che termini il tambureggiare delle gocce, ecco comparire la padrona di casa; evidentemente in altre faccende affaccendate, la signora sembra inizialmente non degnarci di alcuna attenzione così, se da un lato la osserviamo divertiti, dall’altro ci copriamo con un velo di preoccupazione temendo di venire scacciati dal nostro riparo. In effetti la padrona non tarda ad alzare lo sguardo, accorgersi della nostra presenza, salutarci e, con certa insistenza, invitarci a sloggiare per entrare in casa! Non mi sarei mai aspettato una simile accoglienza e, probabilmente, se me l’avessero raccontato, non ci avrei nemmeno creduto. Eppure la gentile ospite ci offre pure una tazza di caffè in attesa che il tempo si sistemi e ci permetta di riprendere il breve cammino verso l’auto.


Cavallo Goloso


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