RIFUGIO ROSALBA – GRIGNETTA
domenica 19 aprile ‘15
Ce la prendiamo comoda considerando che il meteo dovrebbe migliorare in giornata con il risultato che arriviamo al parcheggio alle 11 passate. Avevo confidato in una tranquilla giornata in falesia e quindi mi trovo lo zaino con moschettoni e scarpette che, per pigrizia, decido di lasciare al loro posto: ne ho fin sopra i capelli di trasbordi da una borsa all’altra, da un armadio all’altro causa trasloco in corso e la sola idea di rovesciare il contenuto dello zaino nel bagaglio per poi ricomporre il puzzle mi da il voltastomaco. Mi carico quindi l’inutile fardello e sono pronto per partire. Lasciamo così l’auto con Micol che sembra partita dal campo avanzato dell’Everest e il sottoscritto bardato con tutto quanto a disposizione: dopo l’assaggio di primavera di ieri, oggi ci siamo riavvicinati all’inverno! Ben presto anche i bastoncini finiscono sulle spalle mentre le mani si tuffano al caldo delle tasche. Con una certa noncuranza, supero così i vari passaggi dell’arcinoto sentiero, piuttosto stranito per il fardello sostanzialmente insignificante che barcolla sulla mia schiena, mentre vomito su Micol la mia infinita conoscenza sulle guglie che si elevano ai nostri occhi: a dire il vero, della migliaia di pinnacoli, ne riconosco solo una misera manciata, ma riesco comunque a fare turbinare un nugolo di nomi da lasciare a bocca aperta la mia spugna interlocutrice. Arriviamo quindi al bivio tra il sentiero dei Morti e quello delle Foppe, sostanzialmente le uniche alternative facilmente percorribili. Per Micol sono semplicemente: sentiero corto ma più ripido e sentiero lungo ma più dolce. Opta per il primo e così iniziamo a salire lungo la ripida traccia evitando di passare sotto il Pertusio dove una miriade di puntini colorati sale e scende come fosse un immenso formicaio: i corsi caiani sono già in azione!
Non siamo certo dei fulmini ma, in fondo, in queste circostanze non serve nemmeno esserlo e alla fine, mezzi congelati, arriviamo al Rosalba. Ci sono passato diverse volte, per lo più tornando dalla Cecilia, ma non ho mai messo piede al suo interno. Sarà forse per una certa repulsione nei confronti di queste strutture o, più probabilmente, per paura di fare la fine dell’inconsapevole preda del Dracula di turno. Questa volta però non riesco a fare a meno di varcare la soglia perchè Micol è fortemente intenzionata a divorarsi una fetta di torta con relativa tazza di tè. L’ambiente piccolo si mostra accogliente ma soprattutto caldo; prendiamo posto ad un tavolo e, dopo alcuni minuti, la ragazza inizia a guardarci strano mentre il sottoscritto fa la figura del salutista ossessionato dalla prova costume e Micol della pantagruelica trituratrice di tutto quanto ricada sotto la dicitura “cibo”. Così dopo una tazza di tè bollente accompagnata da un piatto di polenta (!) e una fetta di crostata seguita, pochi minuti dopo, da una sorella, paghiamo l’inaspettato piccolo obolo e, avendo terminato di resuscitare le dita cadaveriche di Micol, riprendiamo la strada del ritorno.
Partono con noi anche alcuni membri del classico corso caiano che nelle ore precedenti hanno intelaiato in un ammasso informe di corde la normale del Cinquantenario; abbigliato come sono, con il paio di pantaloni da prestazione falesistica che scimmiottano i Think Pink degli anni ‘90 e il vecchio zaino delle passate battaglie, devo sembrare una specie di residuato, un pezzo da museo tirato fuori dalla naftalina e momentaneamente prestato alla montagna. Mai e poi mai si potrebbe pensare che sotto questi ammassi di stoffa pulsa il possente e statuario fisico fidiano del grande Fraclimb! Fare la figura dello sfigato di turno mi da qualche fastidio: la prossima volta credo indosserò l’imbraco e qualche moschettone giusto per far risuonare anch’io il mio tintinnio e accompagnare il baldanzoso caiano che ci passa di fianco.
Cavallo Goloso
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