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PIANCHETTE – VAL CAVARGNA

domenica 22 maggio ‘16


La strada della val Cavargna è una prova di fuoco anche per gli stomaci più forti; evidentemente, quando l’hanno costruita, non avevano a disposizione né picconi né esplosivi: il nastro d’asfalto si snoda infatti attorno alla montagna seguendone ogni piega, anfratto, valletta, valloncello, rigagnolo, crinale o protuberanza. Sostanzialmente è un continuo girare di volante finchè finalmente, superato l’incastro a san Bartolomeo, si arriva ad una strada un po’ più lineare ma dove, a tratti, è necessario “slalomare” tra una buca e l’altra. Quando quindi arriviamo al parcheggio, siamo ben contenti discendere da questa specie di ottovolante, mettere i piedi sulla terra ferma e iniziare a camminare su per il sentiero.

Il tratto iniziale è decisamente insolito e inaspettato: la traccia si snoda in un’elegante pineta che starebbe decisamente bene nella vicina Svizzera tanto da far sorgere il dubbio si aver inaspettatamente sconfinato. Quando però sbuchiamo dal bosco, l’ambiente ocra dei prati che portano alla vetta ci riportano immediatamente sulle montagne di casa. Risaliamo quindi lungo il crinale fino al rifugio Croce di Campo dove concedo una veloce pausa a Micol diffidandola però dal mettere piede nella struttura onde evitare di farsi corrompere da qualche fetta di torta e dimenticare il motivo della nostra visita nonché unico per il quale ogni buon caiano si muove: la vetta!

Riprendiamo quindi a salire su per il crinale passando ora in Scozia e aspettandoci da un momento all’altro di scorgere Mel Gibson correre in kilt contro gli inglesi! Intanto la mole del pizzo di Gino se ne sta lì ad osservarci sotto un cielo tappezzato di nuvole grigie come un immenso gregge di pecore mentre camminiamo verso la nostra meta.

Dalla cima potremmo godere di un interessante panorama che invece ci rimane velato e nascosto da un tempo dispettoso e capriccioso: le montagne della Valtellina sono praticamente scomparse mentre a malapena riconosciamo il pian di Spagna e il lago di Como nella sua biforcazione a Bellagio. Poco importa: ci consoliamo pensando alla vetta raggiunta, alla piacevole sgambata e, per Micol, alla fetta di torta al rifugio che ora potrà finalmente godersi. Evitiamo quindi di soffermarci sul punto più alto anche perchè l’aria che spira ci consiglia di levarci di torno quanto prima e iniziamo quindi a trottare verso il basso. Ma anche il secondo obiettivo di giornata lascia Micol con un certo amaro in bocca visto che la torta, senza infamia ne lode, si rivela al di sotto delle attese sperate. Ovvio quindi che il rifugio scivola all’ultimo posto della speciale classifica mentre progettiamo già possibili altre salite e nuovi soggetti da catalogare nell’elenco di torte montane. La personale speranza è che poi Micol si cimenti nello sperimentare le ricette anche a casa: sarei ben lieto di farne poi la cavia!


Cavallo Goloso


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