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CAPANNA GANA ROSSA – VAL LEVENTINA

domenica 12 settembre ’21


Spalanco la portiera dell’auto e l’unica cosa che riesco a fare è maledirmi: stessa situazione dell’alpe Fiorina, un gelo semi polare mi avvolge mentre penso a quello che mi sono portato, un paio di braghette e il pile perchè da noi si schiatta ancora di caldo ma qui il soggiorno dell’estate sembra già un lontano ricordo. Mi rintano nuovamente al calduccio con la Jo che mi guarda preoccupata: “No, niente: c’è solo un filo d’arietta. Ma poi vedrai che passa”. Già, ottima tecnica per persuadere una che non disdegna il piumone anche d’estate. Ci riprovo e ora sembra andare un po’ meglio: tanto poi, camminando, ci si scalda, lo sanno pure i sassi; il segreto è quello di non fermarsi mai! Per il resto conto sul sole e sul fatto che saremo esposti a sud per tutta la giornata e così, forza e coraggio, iniziamo la nostra gita domenicale. Mi sono sempre piaciuti i giri ad anello: cosa banale, è un po’ come dire che il gelato al cioccolato è molto gustoso. Col giro ad anello si sale da una parte e si scende dall’altra e, a volte, anche dal punto di vista psicologico non è poi così male: per esempio quando all’andata si è affrontato un vallone infinito e alla prospettiva di rifarlo in discesa viene voglia di restare dove si è. È quello che capita ad andare alla capanna Como, sopra Dongo. Forse è anche per quello che non ho ancora proposto l’azzardo alla Jo. Anche oggi sarà così: si sale da una parte e si ritorna dall’altra. Anzi, oggi abbiamo pure la possibilità di rientrare da un tracciato più breve ma meno avventuroso. Ovvio che io abbia optato per quello più impegnativo con il sentiero che, stando alla guida, per un certo tratto non è ben chiaro dove vada a finire. Un po’ come l’acqua in certi posti: sparisce da sotto i piedi per poi ricomparire poco più in là, come se qualcuno l’avesse cancellata. Poi sicuramente finirà che maledirò la scelta ma, al momento, mi sembra quella più intrigante.

Iniziamo con un lungo traverso nel bosco intervallato da numerose soste per il test organolettico dei mirtilli, una prova ecologica di fondamentale importanza che dalle variazioni di gusto tra un frutto e l’altro determina se valga o meno la pena continuare a raccogliere. Il punto è che il test va ripetuto infinite volte finchè non ci si trova con le dita e la bocca nera e la pancia piena. Siccome fatico a raggiungere l’ultimo gradino del test, continuo a raccogliere a man bassa finchè il bosco termina e la capanna Gana Rossa compare là in fondo, quasi in cima al vallone. Sarà il classico miraggio irraggiungibile (ho ancora in mente la mia prima volta alla Omio col rifugio che, ad ogni passo, sembrava allontanarsi della stessa distanza) o ce la troveremo davanti da un minuto all’altro? In realtà è una via di mezzo con la Jo che per i troppi (o forse pochi?) mirtilli ingurgitati (sempre, rigorosamente, per questioni scientifiche) arranca. Poi la capanna sparisce come fosse il miraggio dell’oasi quando si è in procinto di tuffarsi nella pozza: avanti, sempre avanti finchè finalmente sbattiamo i denti contro la costruzione. In giro non c’è anima viva, solo qualche uccello in caccia della merenda mentre a noi basta estrarre la scatoletta e, dopo la frutta, ingurgitare un po’ di pane e formaggio. A quel punto, quasi satolli, è ovvio che la mia voglia di proseguire verso l’alto e la possibilità di assaggiare un po’ di caianesimo bussino pesantemente alla porta. Apro e li faccio entrare. La Jo invece non sembra dello stesso parere e così, dopo aver raggiunto la bocchetta soprastante il rifugio e avere imboccato la prima parte della traccia che ci permetterebbe di chiudere il famigerato anello, il “no” a proseguire si ingigantisce come un palloncino sull’orlo dello scoppio. Guardo in lontananza come il marinaio scruta l’orizzonte dal porto e, a malincuore, faccio uscire gli ultimi arrivati e giro i tacchi optando poi per l’anello breve-ridotto verso gli impianti di Carì e il parcheggio sottostante.


Cavallo Goloso


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