racconto del gross ruchen, schachental (uri)


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GROSS RUCHEN – SCHACHENTAL

sabato 05 febbraio ‘11


Cavallo Goloso è tornato dopo aver battuto lo Stigma Team ed essere arrivato secondo in cima quando la prima appartiene ad un altro pianeta. Rispetto il Piz Cagamei, la squadra è poco mutata: non ci sono nè Luca né Davide ma, in compenso, si è aggregata Stephanie, fuori quota in quanto skyrunner. Per il resto siamo sempre i soliti: io, Ucci, Edo, Maria Luisa, Sandro e lo Stigma Team (Ale, Colombs e Lele). La giornata si preannuncia “bollente” un po’ per le temperature insolitamente miti, un po’ per il dislivello che ci attende e non da ultimo per la discesa lungo il canale del Ruchen. Il nome aleggiava già da tempo e ritornava ripetutamente ma, vuoi per le condizioni meteo, vuoi per il pericolo valanghe, la gita veniva puntualmente rimandata, finchè anche il suo momento è finalmente arrivato. E così il Ruchen, da mito, poteva diventare una mera realtà. Mi mancava solo il benestare di Micol ma lei, in quanto santa donna, non poteva che lasciare il Cavallo al galoppo libero, facendomi così invischiare nella pratica Ruchen!

Scaldiamo i motori sul fondovalle: spero di non trovarmi in una copia della Val di Mello (leggi sviluppo infinito con dislivello insignificante) pur godendo dello spettacolo delle numerose colate ghiacciate e delle compatte pareti calcaree che ci circondano su entrambi i lati. La mia più grossa paura è legata alla cronica difficoltà nel sapermi gestire: devo mettermi a ruota e restare al passo ma, alla partenza dalla sosta presso le baite di Brunni, sono già ultimo. Di fronte a me l’imponente parete nord del Ruchen: una massa di roccia e neve incredibilmente affascinante. Dovrò studiare e cercare di capire se ci sono delle vie su quella muraglia, anche perchè una bella fessura stile Luna Nascente con uscita su diedro verticale fessurato mi ha come rapito. Ma questa magari sarà un’altra storia.

La neve è dura, tipo quella del Lunghin. Ovviamente ho lasciato a casa i rampanti e così mi trovo costretto a picchiare le lamine nella neve. Gli sci, nonostante qualche passaggio un po’ al limite, tengono bene e così posso continuare nella mia progressione. Solo oltre la metà del canale, dove la pendenza si accentua ulteriormente, carico gli sci in spalla e proseguo a piedi: penso che la soluzione sia stata la mia salvezza permettendomi di cambiare tipologia di movimento, riposandomi così dal ripetitivo strisciare degli sci sulla neve. In definitiva, quando esco dal canale, ho davanti a me solo Machine. Usciti dal regno delle ombre, ci fermiamo per l’ennesima sosta ristoratrice e per ricompattare il gruppo. Mi sento in forma: vedo la vetta vicina ma, per scaramanzia, preferisco ritardare il momento di sbirciare l’altimetro: non vorrei ricadere nella spirale psicologica del Cagamei!

Stephanie, Colombs, Lele e Maria Luisa riprendono la marcia mentre sono ancora fermo a sistemare le vettovaglie. Poi parto: la vetta è là davanti, 500m più in alto. A testa bassa e con ritmo regolare recupero terreno sul quartetto che mi precede. Di Machine ancora nulla. Ma lui è l’Ale e quando meno te l’aspetti è dietro che incalza. Raggiungo Maria Luisa e il Lele in corrispondenza di una breve discesa dove ci fermiamo per una breve pausa. Supero la prima mentre il secondo è già ripartito e inizio a fare i conti: considerando che l’Ale è qui dietro e che ben presto mi supererà, posso ben accontentarmi della quinta piazza, in fondo avrei davanti Stephanie e lo Stigma Team. Preso nelle mie elucubrazioni mentali, lentamente guadagno strada su chi mi precede finchè passo il Lele: sono virtualmente sul podio e dell’Ale ancora nessuna traccia. Subito dopo è la volta del Marco e così mi ritrovo secondo, mentre Stephanie mette la seconda e se ne va! Raggiungiamo così il deposito degli sci dove inizia la parte alpinistica della salita. Più veloce di tutti è solo il mio thermos che prende il volo per la valle a sud del Ruchen! Lo guardo piroettare giù dal pendio: forse si ferma, forse si ferma. E invece saltella tra le piccole onde di neve gelata fino a sparire nell’abisso. Meglio lui che il sottoscritto. Archivio l’episodio (peccato però, il thermos aveva una bella scritta “extreme” gialla che dava un tono all’oggetto) e inizio la mia salita sul breve tratto tecnico. Stephanie è dietro che incalza. La faccio passare: non mi va di essere spinto su fino alla croce di vetta. E poi lei è di un’altra categoria. La cresta si abbatte e sono sul punto più alto del Ruchen. Cazzo, sono sul Ruchen! E ci sono arrivato prima dello Stigma Team: Cavallo Goloso è tornato!

Il panorama è spettacolare: le Alpi finiscono a nord, poi c’è solo la pianura. Nelle altre direzioni è un susseguirsi di punte, cime e pinnacoli di cui ignoro il nome. Poi scorgo un pendio. Una discesa incredibilmente e inverosimilmente ripida. Un salto nell’abisso. Sono sgomento: da lì sono salito e da lì dovrò scendere. Si, in corda doppia!

Per la prima volta inquieto per non dire quasi terrorizzato, inizio la discesa, prima sulla cresta e poi con gli sci fino all’imbocco del canale. La neve mi permette una buona sciata, con un tratto completamente nella polvere. Quando arrivo all’inizio del muro, sono un po’ più rincuorato, ma ora inizia il bello. Scendiamo uno dietro l’altro fermandoci regolarmente dopo qualche curva la neve è dura ma gli sci lavorano ottimamente sulla superficie gelata lasciandomi percepire tutte le vibrazioni come fossi su un martello pneumatico. Siamo di nuovo alla base del canale: la discesa è stata molto meno impegnativa di quanto pensassi tanto che non mi dispiacerebbe tentare qualcosa di più ripido ora che la pratica Ruchen è stata archiviata.


Cavallo Goloso


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