racconto del rifugio latemar, val di fiemme (trento, trentino alto adige)


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RIFUGIO LATEMAR – VAL DI FIEMME

sabato 31 gennaio ‘15


Sfruttando un regalo dell’anno scorso, prossimo oramai alla scadenza, ci muoviamo per passare il week end in Trentino: oggi sci, domani falesia. Rispetto la mano iniziale, riesco però a mischiare le carte e, sfruttando il colpo di fortuna offerto da un sentiero per ciaspole che segue gli impianti di Pampeago, convinco Micol a rinunciare allo sci alpino per dedicarsi ad un surrogato di ben più nobile e ripagante scialpinismo. Ma la scelta ha il suo prezzo: domani andremo in falesia mettendo sotto chiave ogni ambizione caiana di salire una via. In questo dovrò correre quanto prima ai ripari e, smossa l’ingiustificata posizione di Micol, tornare, come è stato un tempo ormai lontano, a salire lungo una qualche parete. Partiamo dunque in controtendenza con gli altri sciatori che sfrecciano nel senso opposto per poi risalire velocemente e comodamente seduti sulla seggiovia: verrà il momento della prova costume e allora i nostri fisici statuari faranno la loro figura di fronte al loro flaccidume sedentario! Intanto, l’unica conoscenza del percorso è la linea dipinta sulla cartina degli impianti del Latemar: praticamente se ne ricavano le stesse informazioni di un ceco accompagnato ad una mostra di quadri da un muto! Questo nostro lato ignorante, da cui avevo tessuto un’immaginifica tela alta almeno un migliaio di metri, viene però rapidamente istruito dal cartello esplicativo che ci si para d’innanzi dopo aver fatto scivolare gli sci per pochi metri. Immediatamente il drappo si disfa e rimpicciolisce di un quarto, tanto è il dislivello che copriremo rispetto quanto immaginato. Seguiamo quindi la traccia di qualche escursionista e ci infiliamo così nel bosco: fortuna vuole che pochi giorni fa un po’ di neve si sia finalmente decisa ad imbiancare le Alpi permetterci di scivolare stando appena sopra il livello dei sassi e del prato. Quindi, finalmente riscaldati dai raggi solari, procediamo con estrema calma (forse anche troppa) verso la meta finchè, inaspettatamente, sbuchiamo dal bosco trovandoci praticamente davanti al rifugio: non avrei mai creduto infatti di avere già quasi superato l’intera distanza tra partenza e arrivo, segno che un simile dislivello non sfiora nemmeno il mio super allenamento!

Raggiungiamo quindi la meta (il classico ristoro da sciatore nominato rifugio non si sa bene per quale astrusa ragione) e ci guardiamo in faccia: è ovvio che fermarsi qui sarebbe come tirare fuori la Ferrari dal garage per andare al supermercato e quindi, individuata la prossima meta, ci incamminiamo verso la strada pedonale che attraversa il piccolo altopiano su cui le torri del Latemar gettano una fugace e apparentemente indifferente occhiata. Superate quindi quasi correndo un paio di piste (unico momento da brivido della giornata), continuiamo la nostra passeggiata incrociando alcuni turisti forse un po’ straniti di trovare sul loro cammino addirittura due scialpinisti! Gironzoliamo quindi senza una meta precisa tornando ad affacciarci verso la valle dell’Adige e compiendo così quasi un mezzo giro intorno al massiccio del Latemar finchè raggiungiamo l’ennesima baita pullulante di sciatori ci si para d’innanzi. La mia ferrea etica non mi permette però di fare razzia delle leccornie offerte: questa sera mi attende già la cena in albergo con relativo esborso di quattrini che pare già sufficiente per la giornata! Lascio quindi Micol ingolosirsi prima con uno strudel accompagnato dalla crema di vaniglia e poi, visti i morsi della fame, con un wurstel con salsa al rafano. Dal canto mio sento invece altri morsi e parto in caccia di avventura: supero un bosco ma mi trovo ancora alle prese con una pista, la attraverso e poi inizio a risalire nella successiva abetaia confidando poi di raggiungere il libero pendio soprastante. Ma la massa d’alberi è eccessivamente fitta, la voglia di sfacchinare e aprirmi un varco subisce un crollo vertiginoso e, rapidamente, depongo le armi e faccio dietro front. Ritorno quindi giusto in tempo per fare il vorace spazzino del piatto salato che Micol mi offre per poi incamminarci nuovamente lungo il percorso dell’andata. Torniamo così all’altopiano e, finalmente, diamo libero sfogo alla voglia di sciare: levate le pelli, ci buttiamo infatti lungo la facile pista che in poche curve ci riporta al punto di partenza. Ma anche qui non posso dire di aver dato lustro alle mie dote sciistiche: ancora una volta mi sento come un nano di gesso cui hanno attaccato un paio di legni alle estremità!


Cavallo Goloso


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