racconto del piz de mucia, valle mesolcina (grigioni)


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PIZ DE MUCIA – VALLE MESOLCINA

domenica 16 marzo ‘14


Cos’è la pianificazione? Cosa vuol dire studiare i bollettini meteo e le carte del pericolo valanghe? Perchè partire all’alba quando si può comodamente poltrire tra le coperte? Sto stravolgendo i basilari principi caiani; rinnego le mie origini, la mia natura di tira chiodi; guardo borioso la massa e mi elevo allo stato di ribelle. Porto la bandiera del nuovo verbo: allenamento, velocità e, soprattutto, nanna! Si, perchè di fatto tutto nasce dall’esigenza di dormire mescolata all’istintuale necessità di andare per monti onde evitare di arrivare al martedì e implodere o esplodere.

Come spesso capita, sabato non so ancora cosa andrò a fare: caianesimo extreme in Grignetta o in Valtellina? Ho in mente una salita, solo che dovrei partire ben prima dell’alba per poi evitare di fare notte e quindi la cosa non si sposa con il principio numero uno stabilito per domenica: non puntare la sveglia! Mi alzo poco prima delle 9: guardo la carta, saluto Micol e mi avvio verso la mia corsa.

Il vento è la mia unica preoccupazione oltre che l’unica certezza del giorno prima, solo che non pensavo di trovarlo ancora prima di San Bernardino! Continuo a salire fino al paese e poi lascio l’auto; sono le 11:15, l’orario perfetto per partire per una scialpinistica! Tanto per iniziare metto l’easy-turbo: devo preservare le forze anche perchè per guadagnare tempo non ho fatto colazione! Insomma, non mando giù nemmeno le regole basilari!

Subito Eolo mi fa cambiare facendomi puntare ad una vetta dove il suo alito sia presumibilmente meno pesante. Uno sguardo rapido alla cartina e poi mi involo su per il pendio: ogni tanto le tracce ci sono, poi spariscono e allora disegno la mia traiettoria cercando di ridurre al minimo lo sviluppo.

Il vento ci da dentro ma io non sono da meno: raggiungo una zona in falso piano, supero un trio e mi avvicino alla spalla terminale. Sul crinale Eolo da il meglio di se giocando a fare lo scultore con la neve: quando sono a favore di vento è come ricevere una spinta ma, quando vado in direzione opposta, sbatto contro un muro di gomma! Raggiungo gli ultimi due scialpinisti intenti a salire alla vetta e, nella mia foga da invasato, li lascio indietro continuando a navigare sulle bianche onde marmoree. Punto deciso ad un grosso parallelepipedo roccioso, poco sotto la vetta: lì dovrei essere sufficientemente riparato per prepararmi alla discesa. Lascio gli sci, li sistemo con il timore che possano volare via e poi mi involo verso la vicina vetta. Praticamente corro verso la cresta e poi lungo di essa: il vento imperversa piuttosto impetuosamente ma senza raffiche costringendomi a procedere a carponi per non essere spinto verso valle. In cima resto solo un momento, giusto il tempo per scattare alcune foto e poi giù di corsa verso il massone. È un po’ come stare nella fascia della morte: un mordi e fuggi dettato dall’imperversare di Eolo e dalla voglia di calzare gli sci e iniziare il divertimento. I legni sono ancora al loro posto quindi mi preparo e inizio la sciata. Sul primo tratto sembra di essere sulle scale: gli accumuli duri hanno formato una serie gradini che mi costringono a lunghe traversate alla ricerca del punto migliore dove girare. Poi arrivo su una lastra di marmo liscio: scodinzolo beato verso il basso togliendomi finalmente dalla spalla e quindi dall’imperversare del vento. La neve diventa ora un po’ crostosa finchè raggiungo il tratto in falso piano; più in basso incontro un manto primaverile, una gioia per gli sci che riprendono veloci la loro corsa verso valle! Una surfata dietro l’altra torno così alla macchina con le batterie ricaricate per superare la prossima settimana di schiavismo!


Cavallo Goloso


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