ZANETTI 2000 – MEDALE
domenica 03 febbraio ‘13
Alla fine ci andiamo! Era tempo che avevo pensato a questa via, quella che Luca chiama “la via incompleta”: e chi se ne frega se arriva solo al bivacco Cassin (più, va beh, un tiro che finisce nel nulla cosmico), a me ha sempre intrippato la relazione del CAI. Poi una ripetizione dell’Anghileri di un paio di anni fa ne ha ridimensionato le difficoltà provocando un’anomala quanto rapida crescita del tarlo. E alla fine riesco anche a trovare un malcapitato disposto a buttarsi nell’arena della lotta con l’alpe.
Così ci troviamo per le 9 a Lecco per poi partire alla volta del Medale con una giornata che si preannuncia decisamente bella e quindi con la coda sulla Cassin, fatto che comunque non ci preoccupa più di tanto visto e considerato che, quando saremo sulla classica, il traffico si sarà certamente smaltito. E invece no: la parete é il deserto dei Tartari, vuota come il mio conto in banca. Individuiamo solo un’altra cordata sulla Rotta di Poseidone mentre Davide si prende la prima lunghezza, lasciando al malcapitato sottoscritto il tiro iniziale della Zanetti che, a detta della guida, é pericoloso. Mi carico i ferri e parto; il primo chiodo fa cagare, sembra un dente da latte pochi attimi prima di uscire dalla sua sede. Il secondo o lo ha piantato Cassin in un suo tentativo o l’hanno rubato da qualche classicona. Per fortuna che tra i due riesco a piazzare un friend e un dado annullando il rischio di finire sotto due metri di terra. La lunghezza prosegue poi su blocchi instabili prima di superare una bella placca e raggiungere una specie di paletto inficcato in un buco a protezione del passo. Piuttosto inorridito lo rinvio per poi raggiungere la sosta, fortunatamente a spit: non lo definirei pericoloso ma certamente se tutti i tiri saranno così ci sarà da divertirsi!
Il socio parte per la lunghezza seguente, un bel muro verticale compatto fortunatamente protetto a spit; solo che bisogna superare un passo duro e obbligato tra due protezioni e qui Davide tira fuori il meglio. Dopo aver tentato con le classiche staffate e avendo appurato che in quel modo non si sarebbe ottenuto nulla di fatto, estrae il cliff, lo incastra in una fessurina e quindi, delicatamente, lo carica. Il gancio sembra tenere: ci affida allora tutto il peso staffando sull’ennesimo cordino e finalmente agguanta lo spit. Grande!
Quando tocca a me, col vantaggio psicologico della corda dall’alto, provo il passo in libera e, incredibile, mi viene! Sono galvanizzato, mi spuntano le ali come se avessi bevuto la Red Bull: con una simile carica posso cercare di proseguire in libera anche sui tiri successivi. Intanto, rapidamente, archivio la facile lunghezza successiva e, in rispetto della filosofia da liberista, riesco “quasi” a non azzerare su quella dopo afferrando solo una volta il rinvio. Sul penultimo, mungo ancora qualcosa e poi mi metto in attesa che Davide mi porti alla Cassin.
Come da informazioni reperite, sulla lunghezza manca però la piastrina di uno spit e così il capocordata, armato di chiave inglese, risale verso la boccola solitaria che, chissà poi perchè, è proprio sul primo passo duro. E non è la sola notizia spiacevole: nei nostri piani, avremmo dovuto recuperare la piastrina sotto l’ultimo spit completo per poi piazzarla sulla boccola sguarnita. Peccato però che, come li definirebbe il Clod, gli spit del tiro siano quelli della Pimpa mentre quello da integrare sia del 10! Poco male: torna alla sosta, recupera una piastrina da lì e vai a fare il meccanico! E per non restare su una sola protezione, piazzo allora un bel chiodazzo in sostituzione dello spit monco, seminando così l’ennesima protezione per monti. Intanto Davide è risalito verso lo strapiombo dove inizia a provare a sistemare la boccola; dopo svariati tentativi, la posizione piuttosto scomoda, unita al fatto che non può appendersi a nulla, lo lascia però desistere. Vedo la vetta sfumare, il castello che mi ero già costruito crolla come fosse di sola sabbia; per di più, con una sola corda da 80 metri monchi, non sono così certo di riuscire a tornare indietro. Insomma, siamo quasi nella stessa situazione di Hinterstroisser e C.!
Non sono sicuro, però ci provo ugualmente e così eccomi al posto del socio intento nei numeri da equilibrista-meccanico: sfruttando le maggiori leve e gli stessi appoggi riesco a sistemarmi in lolotte tenendo con la destra il labbro di una canna strapiombante, mi allungo e, sperando di non perdere i ferri, infilo la piastrina nella boccola seguita immediatamente dal dado; é fatta! Siamo fuori! Il resto del tiro non ha storia: qualche mungitura, un po’ di scalata e sono all’immondezzaio del bivacco Cassin. E anche questa é fatta!
Unendo poi i tiri della classica e progredendo con un po’ di conserva, raggiungiamo rapidamente l’uscita della parete mentre i nodi iniziano a venire al pettine: la manciata di vie che mi mancano per completare la ragnatela del Medale sono solo quelle da vera lotta con l’alpe!
Cavallo Goloso
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