|racconto|  


SPECCHIO DI ZINCO – ZUCCO DELL'ANGELONE

domenica 25 novembre ‘12


Il ritrovo con i fantomatici amici di Luca è al cimitero di Albavilla, decisamente non la scelta migliore come inizio di una giornata d’arrampicata! Mi informo comunque sull’identità dei due perchè la provenienza mi lascia sorgere qualche dubbio ma, alla risposta di Luca, ribatto: “Ah, non li conosco”, “ma come?! Matteo Della Bordella???”. Sti stra biiip! Non avevo capito! Bene oggi si staffa e basta!

Arriviamo al parcheggio dell’Angelone e, manco l’avessimo fatto apposta, ecco che compaiono gli altri caiani: Cece e Silvia, Colo e Fra, Vera e Cristian. E io son qui con questa schiera di super eroi mentre gli altri andranno a divertirsi su qualche bella “plaisirata”! Alla fine comunque ci dividiamo in tre drappelli e siccome Luca è infortunato ad una spalla, mi trovo a camminare verso una probabile rizzata di capelli su una qualche “facile” via da salire rigorosamente in conserva. Beh, andiamo prima a vedere e poi valutiamo! La voce interiore dell’auto preservazione non tace un secondo.

Luca mi porta prima un po’ a zonzo tra le varie strutture prima di decidersi a farmi imboccare la traccia giusta: do un occhio alla relazione e la salita sembra sufficientemente semplice anche se, chiarisco, il 6b+ lo faremo con le dovute sicure! Intanto altri caiani sono già alle prese con la via in stile big wall e quindi, chiesta conferma se quella sia la via del Fazzini, ci sentiamo dire: “mah... cercavamo Condorpass!”. Ah bene: è su una struttura in un canale più a destra!

Certi comunque di trovarci al posto giusto (ma magari non al momento giusto), assistiamo attoniti al passaggio di un DHL con televisore maxi schermo (e per fortuna che eravamo spostati sulla destra, altrimenti al cimitero ci tornavamo distesi in orizzontale!) prima di iniziare la nostra salita. Come riscaldamento, è previsto un bel tiro sul IV ma ovviamente Luca sceglie di salire dove la scalata è ben più impegnativa seguendo un po’ a caso una linea di spit. In ogni caso raggiunge la grossa cengia alberata soprastante prima di finire la corda e, di conseguenza, posso seguirlo sapendo di avere una sicura dall’alto. Prendo i rinvii e ricomincio a salire superando un saltino marcio per poi infilarmi nel bosco: la corda fila e intanto raggiungo il secondo pilastro roccioso. Decido allora di proseguire scalando su una placca appoggiata fino a raggiungere una sosta. La corda intanto termina e Luca inizia a sua volta a muoversi. La placca si impenna ma non sembra ancora mortale e quindi decido di non fermarmi: un passo dopo l’altro, la roccia finisce per l’ennesima volta e io mi ritrovo in un’altra striscia di bosco. Questa volta faccio sosta e recupero Luca che riprende ancora per poco quanto da me interrotto: la roccia infatti condivide lo spazio con erba e arbusti più o meno fitti e così ben presto il nuovo capocordata decide di pronunciare la parola fine alla nostra salita. Ovviamente poi “Guida-del-CAI-TCI-Cece” ci confermerà che in realtà la via prosegue ancora per un tiro ortolano e quindi per un bel diedro di 6b+ ma, dal nostro punto d’osservazione, più che qualche pianta tra rocce instabili non riusciamo a scorgere nulla.

In ogni caso, presa la decisione di scendere, perchè affrontare alcune comode doppie lungo la linea di salita quando possiamo prolungare l’avventura optando per il canale sulla destra? E quindi eccoci a lottare con foglie, rami e qualche sasso instabile lungo il lugubre colatoio che ci riporta al punto di partenza da cui poi raggiungiamo il resto del drappello per dedicarci a qualche monotiro.


Cavallo Goloso


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