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LA SERPE RIPRESA – DIMORE DEGLI DEI

sabato 22 settembre ‘12


Questa volta sono di scena con Marco detto il Corbis con meta le Sponde del Qualido: guardando la guida, mi ero fatto un’idea completamente errata sulle placche e sulla loro posizione così, quando scopro che si tratta della lavagna che sovrasta il sentiero che scende dalle Dimore degli Dei, provo un pizzico di delusione mentre la motivazione non vacilla minimamente. Ci prepariamo quindi per salire il Dolce Richiamo dell’Aldilà il cui nome è già un bel programma dando così il via alla rincorsa allo spalmo estremo ma partendo un più a destra dell’attacco originale. L’errore mi porta al sacrilegio: utilizzo lo spit di Acqualong per proteggere il passo più duro per poi proseguire lungo il percorso più semplice. Da un estremo all’altro: per controbilanciare l’attacco, vado a sostare completamente a sinistra, in prossimità di un albero intuendo di essere finito fuori via. Nonostante l’errore, recupero Marco per poi cercare di raccapezzarci sulla nostra posizione: stando alla guida, la seconda lunghezza propone un passo di placca estrema subito sopra un chiodo per poi andare a prendere una lama. Ma di chiodi neppure l’ombra e l’unica cosa che possa rassomigliare ad una lama è un fessurino che muore su un muro verticale senza alcuna possibilità apparente di uscita. Provo allora a seguire l’istinto facendo una visita all’orto sopra le nostre teste ma, dopo aver raccolgo un po’ di carote e patate, rientro per provare a traversare verso destra. Guadagno una fessurina dove riesco a proteggermi e quindi do un occhio al mare a destra: una sosta mi saluta ma ciò che attrae la mia attenzione è un cordino marcio e rinsecchito che sembra penzolare da un chiodo. Provo a salire brevemente e quello conferma di essere un chiodo sopra il quale si trova la famigerata lama. Delicatamente mi sposto quindi verso destra su alcuni minuscoli ma provvidenziali appoggi e poi salgo fino al reperto archeologico del cordino. Rinvio l’occhiello metallico e studio i successivi appoggi semi inesistenti che sono l’anticamera del nulla. Senza aver appreso per bene la lezione, faccio un paio di tentativi con altrettante cagose retromarcia arrivando quasi a toccare la presa d’uscita; mi manca però il fegato per affrontare lo spalmo estremo e così alla fine desisto e mestamente ritorno alla sosta di partenza.

Non è comunque un problema: saltato un programma si segue quello di scorta e così ci fiondiamo sul Muro del Silenzio con la certezza di portarlo a termine senza alcun problema. Infatti mi areno già sulla prima “facile” lunghezza dove, dopo un paio di tentativi, decido che anche da qui non si passa; mi sposto quindi nuovamente sulla vicina Acqualong senza ricavare alla fine nessun ragno dal buco: sconfitta totale, autostima sotto la suola delle scarpe e impressione di aver buttato un’intera giornata sono i souvenir che riporto da questa esperienza.

È la 1 e mezza circa e davanti a me ho l’orripilante prospettiva di andarmi a ficcare in Cunicolo Acuto, solo per non partire dalla Valle con un nulla di fatto. Ma la cosa è bel lungi dal rincuorarmi: riprovare la sensazione di intrappolamento che avevo vissuto con Lorenzo è qualcosa cui farei volentieri a meno e così punto le mie attenzioni sulla Serpe Ripresa. È una corsa contro il tempo, con la consapevolezza che mai affronteremo il gigantesco tetto finale e, solo se saremo veramente bravi, potremo uscire da Kundalini ma, molto più probabilmente, dovremo raggiungere l’ultima sosta di Cochise e calarci da lì. Espongo quindi la mia idea al Corbis che, ancora una volta, segue le mie follie.

In quattro e quattr’otto siamo all’attacco di Kundalini e, altrettanto rapidamente, all’Ala di Pipistrello. Il mio viaggio verso l’ignoto riprende. Seguo il tetto a destra e mi infilo nell’avventura assaporando un pizzico di cagotto solo in uscita, poco prima della sosta. Altri due tiri caiani, con frammisto dubbio di essere finiti nuovamente fuori via, e siamo alla base della fatidica fessura della serpe ripresa. Mentre recupero il Marco, contino ad avere sensazioni contrapposte: “mi sto andando a ficcare sempre più nel letamaio” si alterna a “ma è solo V+, superato il primo pezzetto, sembra tutto più facile!”. Così con questo stato d’animo e forte delle mie super capacità di fessurista (nel senso che con abbondanza di friend e ampie possibilità di proteggersi salgo ovunque), parto alla volta della spaccatura; peccato che, se la parete rispetta le sue prerogative, lo stesso non si può dire per il mio imbraco da cui penzola solo una serie di friend, speriamo bene!

Inizio la mia scalata e ben presto mi trovo costretto a scendere per recuperare il friend sottostante e garantirmi così una successiva possibilità di protezione. Così alla fine del balletto e raggiunta la sosta, inizio a recuperare il Corbis mentre il pensiero dell’ultimo difficile tiro insieme alle prestazioni della mattinata e al fatto che le lancette dell’orologio sembrano Bolt iniziano a darmi qualche preoccupazione. Lascio quindi la sosta, rimonto un gradino e raggiungo lo spigolo oltre il quale, stando alle indicazioni della guida, mi aspetto la classica, caratteristica placca della morte. E in effetti la roccia assume tali fattezze ma una paradisiaca e provvidenziale vena spezza il filo della falce della signora incappucciata accompagnandomi al punto dove facilmente raggiungo il salvifico boschetto e da cui iniziamo la nostra discesa verso i verdi pascoli.


Cavallo Goloso


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