TENTATIVO – PARETE DEL BAFFO
Non c’è proprio nulla da fare, è più forte di me. Se c’è da caianare e magari la caianata si prefigura come una vera avventura, mi squaglio come un gelato al sole e mi tuffo nel minestrone di emozioni. Siccome poi magari sono io a lanciare il sasso nello stagno, non posso poi certo lamentarmi dello tsunami che ne consegue. Così eccomi ancora in macchina con Luca mentre una musica lagnosa e ripetitiva martella dalle casse in completo disaccordo con le variegate sfumature che si prefigurano nella giornata. Questa volta optiamo per salire dal ponte del Baffo seguendo un antico sentiero che ci porta alla base della frana sottostante la parete risparmiandoci così parte della sfacchinata tra i castagni. In ogni caso, non ci lasciamo sfuggire una certa dose di rovi superati i quali raggiungiamo finalmente la base del nostro muro verticale. Lasciamo completamente perdere la linea tentata la prima volta e ci dirigiamo invece verso una fessura logica più in centro parete. Ovviamente lascio ogni onore a quello forte e mi appisolo nel comodo ruolo di assicuratore: Luca sale senza badare troppo al risparmio di friends e nuts pensando di ripetere il tiro con le protezioni già piazzate e così raggiunge quello che si rivela la boccola di un vecchio spit e, poco oltre, una decrepita e raccapricciante sosta. Il nostro intento è quello di continuare a salire spostandoci poco più a sinistra e poi ancora diritti lungo una logica sequenza di fessure. Ma sembra quasi destino che ogni progetto si debba infrangere come i flutti sulla scogliera; Luca mi informa infatti dello stato moribondo in cui versano le due protezioni e su come, probabilmente, non si possa piantare alcun chiodo affidabile in quanto il pilastrino che delimita le spaccature pare di dubbia solidità. E in effetti, dopo pochi tentativi, il dado e il chiodo di sosta vengono sputati dalla parete senza troppi riguardi per la loro lunga permanenza. Al loro posto Luca piazza due nuts e risistema il vecchio dado per poi iniziare una discesa al cardiopalma portandosi dietro il cimelio del vecchio chiodo dalla punta sbeccata; insomma, ancora una volta siamo rigettati indietro come se avessimo sbattuto contro un muro di gomma. Non rimane quindi che tentare una linea ancora più a sinistra, un sistema di fessure verticali che mi da un certo voltastomaco. Sarà forse per la presenza di arbusti o non so per quale altro motivo ma provare a riprendere il tentativo di Cucchi non mi pare una grande idea; anche perchè toccherebbe al sottoscritto! Tergiverso quindi un po’ fantasticando su altre linee di salita e gironzolando nei dintorni fino a riuscire a guadagnare il primo pomeriggio. Il sole ha iniziato ad abbassarsi e la parete comincia a scurirsi sotto l’effetto delle ombre serali: ben presto qui inizierà a calare la temperatura e così la scusa viene buona per lasciare perdere e rientrare alla macchina. Insomma, ancora una volta la giornata si rivela solo una gran faticata verso una parete sulla quale proprio non riesco a mettere le mani!
Cavallo Goloso
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L’inverno ci frega. Arrivato repentino, manda al vento tutti i sogni di gloria che a questo punto verranno rimandati all’arrivo della primavera, sempre che Luca sia ancora dell’idea di andare su quelle placche mortali! Ma nonostante le condizioni semi patagoniche, ingenuamente, salgo a San Martino con un minuscolo barlume di speranza di riuscire almeno a salire qualcosa. Ma se la vista dall’automobile sembra promettere discretamente bene, appena apro la portiera la temperatura rigida fa crollare anche le speranze del caiano più ottimista. Andiamo comunque in Valle per dare un occhio e accertarci definitivamente che l’area è off limits e quindi proviamo al Remenno: sulla sud si scala con gli scarponi, mentre sulle altre pareti probabilmente ogni tentativo si tradurrebbe nella perdita delle dita. Poi mi lascio sfuggire una frase e di corsa torniamo a casa a prendere il materiale da “big wall”. Riprendiamo la strada verso la pianura raggiungendo così il parcheggio alla base del nostro obiettivo. Caricati gli zaini, ci infiliamo in un bosco di castagni e iniziamo a salire per traccia, rovi e sassi alla volta delle parete, pregustando un bel antipasto d’avventura mentre superiamo i resti di un’antica frana ricoperti da un sottile e malefico strato di neve.
Intanto, il visibile obiettivo prima sembra allontanarsi sempre più, poi farsi gigantesco e infine, quando ne raggiungiamo la base, tornare in formato tascabile. La roccia comunque, nonostante le scarne e pessimistiche informazioni sembra compatta e per colori e fattezze ricorda decisamente il Caporal. Scarichiamo le nostre schiene e iniziamo quindi a guardarci intorno: di linee salibili solo con protezioni tradizionali ve ne sono in discreta abbondanza e alcune, fantastichiamo, anche di artificiale estremo. Ma, ad uno sguardo più attento, ci appaino anche i segni di precedenti passaggi: una manciata di chiodi sparsi su alcune fessure, una sosta a spit e, addirittura, il nome di una via alla base di un evidente diedro. Insomma, la parete perde un po’ del fascino iniziale legato alla sua sperata verginità ma comunque individuiamo una linea dove provare a lasciare il nostro marchio di fabbrica. Il percorso è ben evidente e sale vicino al cuore della parete così Luca si prepara ad affrontare l’ignoto mentre il sottoscritto lo assicura con i piedi che si trasformano rapidamente in due cubetti di ghiaccio. Il capocordata afferra la lama iniziale e poi traversa ad un gradino dove la parete forma come una zona convessa. Da lì, secondo le sue stime, dovrebbe prendere una presa e poi, con un paio di movimenti, alzarsi ad una comoda cengia raggiungendo il diedro fessura da cui immaginiamo di progredire verso l’alto. Sono perplesso sul movimento iniziale ma, per il resto, tutto sembra quadrare, ovvio che però dovremo prima superare le Colonne d’Ercole! Luca pianta un chiodo e prova a salire: lavorando di spazzola, pulisce il poco muschio dagli appoggi fondamentali ma la presa buona resta ancora irraggiungibile. Forse con un passo d’artificiale estremo su copperhead o magari bird beack, si potrebbe guadagnare quell’appiglio. Non avendo però né l’attrezzatura adeguata né, almeno personalmente, dimestichezza sull’uso di quegli aggeggi, abbandoniamo ogni sogno di gloria. Il risultato della giornata si fissa quindi sul 5 a 0 per Luca, essendo questi i metri scalati dall’ambiziosa cordata!
Cavallo Goloso
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