ORECCHIO DEL PACHIDERMA E TEMPI MODERNI – CAPORAL
domenica 10 aprile ‘11
Sono sotto un soffitto di stelle mentre una fresca brezza mi sferza il viso: mi infilo più che posso nel sacco a pelo cullato dal suono di una cascata. Mi sento come un baco all’interno del suo bozzolo al contempo rifugio e prigione del corpo. Poi il trillo del telefono mi risveglia dal torpore notturno: il Sergent si presenta davanti al mio sguardo in tutta la sua pomposa grandezza. Ma forse non sa che io vengo dalla valle: mi sento come un occidentalista d’inizio 900 di fronte ai paracarri dolomitici. Solo che qui le parti, geograficamente parlando, sono invertite. Quella mole granitica mi lascia perplesso: per dimensioni non ha nulla a che vedere con le strutture della val di Mello; anche il panorama non è certo idilliaco come la bucolica valle di Sondrio. E davanti al Caporal la situazione si ripete: cerco di svicolare dai gioghi dimensionali e mi accingo alla nuova avventura, il diedro Nanchez.
Fa caldo, un caldo torrido, inconsueto e insopportabile. Sembra di essere a luglio. Forse anche la biscia che ci fissa ha girato in avanti qualche pagina di troppo del proprio calendario. Con un contorsionistico movimento delle spire, ha sollevato la sua testa e mi fissa con aria minacciosa. La punto a mia volta con l’otturatore e schiaccio il grilletto: il rettile giace per sempre immobilizzato nella mia fotocamera finchè poi si allontana.
Il diedro Nanchez piscia: l’acqua esce dalle sue fessure non a fiotti ma quel tanto che basta per bagnare la parete. Non ci sembra il caso di salire per quella linea e così spostiamo le nostre attenzioni: per me è tutto perfettamente indifferente essendo la prima volta in valle dell’Orco e quindi mi affido alla proposta di Fabio: Orecchio del Pachiderma e poi Rattle Snake.
Ancora una volta è la sorta a scegliere l’ordine di salita: a Fabio i tiri dispari e a me i pari. Mentre svolgo tranquillamente la mia opera di assicuratore, arrivano altri tre scalatori proprio nel punto in cui inizia la nostra via: “Ciao!” “Ciao? Cosa fate dopo l’Orecchio?” “Fabio, cosa facciamo dopo?” chiedo al mio capocordata ringraziando la mia memoria da Pico della Mirandola. “Rattle Snake!” “Nooo” è la risposta dei nuovi venuti, “C’è posto per tutti!” controbatto un po’ stizzito e inizio la salita tirando il chiodo sul passo più duro. Poi mi tocca il tiro in fessura: una bella spaccatura continua e perfettamente regolare, forse anche troppo per i miei friend tanto che sono costretto a farmi calare per recuperare un 3. Ma alla fine, con le braccia gonfie e un certo fiatone, sono in cima al tiro senza che si sia verificato ciò che più temevo: la fuoriuscita delle protezioni proprio al momento della massima tirata.
Attendiamo che la cordata che ci presegue abbia completato la lunghezza seguente e poi Fabio riprende a salire. Anche sul tiro successivo, nonostante la sorte avesse dettato chiaramente le sue leggi, è Fabio a condurre: in fondo la terza lunghezza era molto breve e non posso non essere toccato dalla sua supplichevole richiesta. Ci ritroviamo quindi alla base di Rattle Snake con la convinzione che, per oggi, non imbratteremo con la nostra magnesite la sua strapiombante fessura così (ac)cattiva(nte) (anche se sarebbe stato meglio scrivere che, per oggi, non violenteremo la roccia con una trafila di friend!) rivolgendo invece le nostre attenzioni a Tempi Moderni.
Continuiamo quindi a salire su roccia sempre eccellente mentre mi diverto non poco a progredire incastrando le mie protezioni lungo il tiro fino a raggiungere la fine della via e quindi gettare le doppie nel vuoto. Come primo battesimo non c’è male: la linea scelta ha rappresentato quella giusta mescolanza tra estetica e impegno che è alla base di ogni meritevole salita, cancellando così quella sensazione poco piacevole della mattina; insomma un’esperienza meritevole e un posto nuovo che sentirà ancora il mio sbuffare!
Cavallo Goloso
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