racconto della via nuova dimensione al trapezio d'argento, val di mello (sondrio, lombardia)


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NUOVA DIMENSIONE – TRAPEZIO D'ARGENTO

domenica 16 aprile ‘11


Come a volte capita, le migliori salite sono quelle non programmate, non studiate a tavolino e sognate da settimane, ma quelle spontanee, buttate là quando la giornata sembra oramai compromessa. Ho intenzione di andare al Precipizio per una via che già da tempo ritorna nei programmi del week end per poi venire regolarmente accantonata da altri progetti. Ma oggi ho gettato le carte in tavola e intendo perseguire nei miei intenti fino in fondo. Questa volta però è la valle ad opporsi al programma: un tempo uggioso e piuttosto freddo ci accoglie alle porte del nostro paradiso. Forse, nonostante tutto, sono poco motivato e alla fine cedo alla ritrosia di Cece, nonostante Fabio ripeta che, secondo lui, si potrebbe andare... Ci muoviamo verso le pareti senza un vero obiettivo, anche se la proposta di Colo sembra quella che muove i nostri passi e del resto la prospettiva di una salita per una volta plaisir non è poi così da buttare. Ma ci vuole poco a rivoltare per l’ennesima volta le carte in tavola. Basta una parola, anzi due e un sorriso a 32 denti mi si stampa in volto. È Fabio a gettare il sasso nello stagno proponendo a Dello (Ema) la salita di Nuova Dimensione: l’onda ci colpisce immediatamente proiettandoci tra le onde di questo mare granitico a zig-zagare lungo la linea più debole della parete. Non togliamo comunque al propositore le proprie responsabilità: la cordata Fabio-Dello guiderà la carovana, dietro ci saranno Cece, Colo e il sottoscritto. Aver davanti qualcun altro è comunque un sollievo psicologico: se loro sono passati, perchè non dovremmo farcela anche noi? E poi, alla peggio, possono sempre calarci la corda... Certo, se non fosse che la via è perennemente e sostanzialmente in traverso!

In ogni caso a carta-forbice-sasso vince Fabio e così sarà lui a condurre sui tiri dispari, mentre a Dello spetterà la seconda lunghezza. Noi, invece, ci basiamo sulla falsa galanteria di Cece: sarà lui il capocordata sul primo tiro e poi si vedrà. Il traverso sopra il tetto ci butta subito nell’arena: anche se proteggibile, rimane comunque delicato soprattutto perchè dei friend piazzati non tutti paiono affidabili. Supero comunque la lunghezza con un po’ di apprensione per quello che verrà dopo e non tanto per il chilometrico pendolo con annesso schianto sulla placca sottostante che avrei provato se un piede fosse scivolato dalla vena. E poi i conti vanno fatti o, se vogliamo, i nodi devono venire al pettine. Chi prosegue? Lasciamo decidere al pari e dispari, mentre Dello già ci guarda dalla sosta seguente e Fabio è in procinto di raggiungerlo. Perdo la partita e mi va bene perchè salirò ancora da secondo. Se da un lato ho evitato di sporcare col mio sangue la placca del Trapezio, dall’altro mi rassegno al fatto che, oggi, sono stato portato a spasso su una via mitica. Colo parte e in un attimo è al passo chiave. Il chiodo è a pochi centimetri da lui, solo che è dalla parte sbagliata! Appoggia il piede sul punto risolutore ma la scarpa scivola: il nostro capocordata rimane comunque appiccicato alla parete restando sempre in prossimità del chiodo. Un sospiro, un attimo per riprendere e poi prova sulla sinistra. Con un movimento rapido è al chiodo: la prima protezione tra lui e la sosta 7/8m più in basso! Bravo Colo: sembra aver trovato una facile soluzione al passo chiave della salita. Poi è ancora traverso fino alla sosta. Sono anch’io sul passaggio più impegnativo che supero usando quell’appoggio scivoloso comunque rassicurato dalla presenza della corda che sale sulla mia verticale: osservo la soluzione scelta da Colo e non posso che meravigliarmi per quel passaggio così aleatorio! Traverso alla sosta pensando che, dopo un simile allenamento alla scalata orizzontale potremmo salire Polimagò. Ah già, ma l’abbiamo appena fatta!

Nel frattempo Fabio cerca di rincuorarmi il più possibile sulle caratteristiche dell’ultima lunghezza continuando a ripetere “che runout! che runout!”. In realtà il seme del suo amichevole consiglio cade su un terreno completamente sterile: mi aspetto un tiro facile, un contentino giusto per poter dire che anch’io ho fatto una lunghezza. Così parto alla volta dell’ultimo tiro e in un attimo sono alla base del tratto chiave. Riesco a piazzare un C3 che non mi da grossa fiducia e inizio la mia scalata in obliquo (tanto per cambiare) sulla vena bianca. Salgo lentamente mentre con le mani arpiono alcune piccole asperità prima di raggiungere una presa decente. E poi si continua ancora per appigli insignificanti restando ben saldi sulla vena. Sono prossimo a ripetere l’esperienza di Polimagò mentre cerco di evitare che il ritmo ballerino della gamba diventi eccessivamente veloce. Devo solo ribaltarmi sulla placca superiore e il gioco è fatto. Alzo il piede destro, ma il movimento è eccessivamente ampio e non mi permette di uscire dal tratto chiave. D’altro canto, però, posso spostare ancora un po’ il piede sinistro sulla vena per poi ritornarci anche con il destro. A questo punto sono leggermente più alto e il ribaltamento sulla placca soprastante è efficace permettendomi di evitare lo sfracellamento sulla cengia sottostante. E come di prassi, dopo aver superato un passo al limite sul quale ho sudato freddo, mi sento galvanizzato e baldanzosamente esco dalla struttura.

Una giornata grandiosa non può certo chiudersi con soli tre tiri e così eccoci a spulciare sulla guida una qualche via interessante: la scelta cade sullo Spigolo dell’Ocone, segnalato come una salita interessante. Raggiungiamo rapidamente l’attacco del nuovo obiettivo e, altrettanto rapidamente, la sommità. Beh, dopo aver rotto con la tradizione, è necessario ricomporre i legami col passato ed andare a spingere sul muschio e tirare un po’ di sana erba, giusto per rammentarci cosa sia l’alpinismo!


Cavallo Goloso


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